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"Ecco perché il Pd non vince mai": le tre ragioni delle sconfitte secondo Ferrante

L'ex presidente del partito in Sicilia analizza nel suo libro le tappe cruciali e i risultati di tutte le elezioni. Barbagallo, intanto, convoca la nuova segreteria

Luca La Mantia
Giornalista
  • 18 luglio 2025

Antonio Ferrante

Il titolo del libro è "Perché non vinciamo mai". Il soggetto sottinteso è il Pd. Che da anni è la casa di Antonio Ferrante, presidente del partito in Sicilia prima delle sue dimissioni lo scorso settembre.

Dopo il suo addio alla carica è rimasto tesserato, ha fondato un'associazione che fa formazione politica e, per l'appunto, ha scritto un libro (edito da @edizionigfe). Che è già disponibile su tutte le piattaforme on line e nelle librerie e che da settembre sarà presentato dall'autore in un tour in Sicilia e non solo.

L'intenzione di Ferrante non è "rosicare" o cercare responsabili, ma provare a costruire, analizzare gli errori commessi dal partito per non ripeterli. Il suo "mai una gioia" non è una resa, ma un'analisi della sconfitta. Le cause, a suo dire, sono tante. Ma sono tre quelle principali che hanno allontanato il Pd dalla vittoria, sia in Italia che in Sicilia.

«Il libro affronta i punti cruciali che in tutte le elezioni del Pd ne hanno caratterizzato la sconfitta - spiega Ferrante -. Fra i tre più importanti ci sono i congressi che non finiscono mai. Sono come i pranzi di Natale in famiglia: si arriva sorridenti con i regali e si finisce per tirarsi i piatti».

L'incoerenza, secondo Ferrante, è la seconda causa delle sconfitte. «Non siamo coerenti su nessun fronte - commenta -. Non sembriamo avere una linea chiara, forse non l'abbiamo mai avuta».

C'è un altro grande motivo se, secondo l'autore del libro, "il Pd non vince mai". «Non sappiamo comunicare. È un peccato originale, nato a freddo da una fusione di anime antitetiche, dall'unione di padri nobili che volevano restare sulla scena».

La convivenza di esperienze distanti fra loro, del resto, ha sempre caratterizzato il partito sin dalle sue origini. «Ma, se ci pensiamo - aggiunge Ferrante -, ogni stagione del Pd è come un partito diverso, basta guardare le differenze tra Renzi, Zingaretti e Schlein».

E in Sicilia che succede? «Al partito nell'Isola dedico un capitolo a parte. È come un romanzo di Kafka descritto da Camilleri. Ogni stagione vive di realtà locali in conflitto tra loro. Con un segretario eletto all'unanimità, ma davanti al quale il giorno dopo tutti si tirano i piatti».

Eppure il Pd ha anche vinto. «Una volta, con Crocetta. Ma è successo grazie all'accordo con l'Udc e a un centrodestra spaccato con Musumeci e Miccichè entrambi in corsa».

A settembre dello scorso anno Ferrante ha lasciato la presidenza del partito. «È stato un distacco umano per me - spiega -. Un sacrificio. Adesso non mi aspetto polemiche col mio libro, ma spero si capisca il messaggio: bisogna superare le contraddizioni interne, con una linea riconosciuta da tutti. E lavorare sulla comunicazione».

E proprio mentre Ferrante spiega perché il Pd non vince, c'è una nuova segreteria regionale che in Sicilia viene convocata per la prima volta. La prima riunione si terrà venerdi 25 luglio alle 17. Il segretario Anthony Barbagallo ha scelto un luogo simbolico: l’hotel Sigonella Inn, struttura confiscata alla mafia, alle porte della base militare.

Il significato? «Il Pd ribadisce il proprio "no" al coinvolgimento della Sicilia, da sempre terra di mediazione e di scambio fra i popoli, nei conflitti che in questo momento stanno covando nel Mediterraneo e in Medio Oriente in particolare», si legge in una nota.

Ferrante è tutto sommato d'accordo sulla scelta: «Giusto concentrarsi sui grandi temi, ma parallelamente bisogna lavorare anche sul quotidiano. Pensare anche all'operaio di Librino o al fornaio di Palermo. Ma per farlo serve un partito. Se non c'è una linea chiara non si può pensare di rivolgersi ai cittadini».

Proverà a farlo la segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein che sabato, 19 luglio, nel giorno di Borsellino, sarà in via D'Amelio. «Importante esserci, importante commemorare, rivolgendosi soprattutto ai più giovani. Ritengo positivo che i politici partecipino alle commemorazioni, ma conta anche che alle parole poi corrispondano i fatti».
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