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Gli affreschi "salvati" del castello di Risalaimi: la Sicilia al tempo dei cavalieri Teutonici

La storia di una delle massime espressioni artistiche del Quattrocento siciliano e dell'Ordine dei Teutonici che possedeva una delle più importanti province

Marco Giammona
Docente, ricercatore e saggista
  • 28 agosto 2022

L'affresco con le Sante Anastasia, Agata, Lucia e Apollonia (Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis)

Le tracce lasciate dalle numerose frequentazioni dei Cavalieri dell’Ordine di Santa Maria di Gerusalemme dei Teutonici in terra di Sicilia sono ancora visibili, indicando percorsi di religiosità, di storia difensiva e beni artistici che rappresentano segni silenziosi di un passato ancora non del tutto scoperto.

Sentinelle storiche lungo le più antiche vie di comunicazione, raccontano incontri con pellegrini provenienti da più parti dell’Europa, in cammino verso Gerusalemme e di ritorno dalla Terra Santa, ma anche di scontri con gli infedeli per la difesa non solo dei possedimenti donati dagli imperatori, ma anche dei villani e di tutti coloro che transitarono nei beni teutonici.

L'Ordine ebbe, fra il XIII e il XV secolo, un notevole radicamento nell’Isola dove possedeva una delle sue più importanti province, dotata di un patrimonio composto da decine di possedimenti che non si limitò ai soli grandi centri urbani come Palermo, Messina e Agrigento ma avviò un consistente programma di radicamento nel tessuto economico locale limitrofo, mediante anche la gestione di numerose strutture agricole.
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I Teutonici possedevano inoltre chiese e cappelle rurali in quasi tutti i loro feudi siciliani, fra questi, un esempio significativo è rappresentato dalla cappella ubicata nell’antico casale di Risalaimi, che si trova vicino al fiume Eleuterio nella campagna palermitana, odierno comune di Misilmeri.

L’antico insediamento rurale, che già nel XI secolo presidiava le omonime sorgenti con i cistercensi, venne ricostruito e ampliato successivamente dall’Ordine Teutonico, grazie alla concessione avuta dal nuovo imperatore Enrico VI nel 1197, potendo così sfruttare a pieno un feudo dove erano coltivati agrumi, ortaggi, canna da zucchero, alberi di olivi, gelsi e tutte quelle piantagioni che il clima mite della zona consentiva.

Fu certamente nel periodo aureo dell’Ordine Teutonico che il casale di Risalaimi ebbe maggior prestigio, divenendo un vero e proprio "castello" attrezzato con annesso ospedale, grazie anche alla presenza tra il 1475 e il 1490 del commendatore tedesco Heinrich Hoemeister, uomo di grande autorità oltre che eccellente diplomatico, che fece del casale la sua residenza privilegiata.

Le vicende personali, economiche e politiche dell’ultimo commendatore teutonico, saranno indissolubilmente legate alla fase storica e artistica più importante di Risalaimi.

A costui viene, infatti, attribuita tra il 1486 ed il 1488 la committenza del ciclo di affreschi per la cappella del casale, al celebre pittore palermitano Tommaso de Vigilia, figura di spicco della cultura figurativa del secondo Quattrocento siciliano.

Della chiesetta e del suo prezioso contenuto ne siamo a conoscenza grazie alla descrizione di Padre Calderone, che trovandosi a celebrare messa nel 1841 ne ricorderà la sua straordinaria bellezza: nel piccolo vano absidato di forma quadrangolare, il ciclo decorativo si estendeva in due ordini, ciascuno suddiviso a sua volta in tre parti.

Nella fascia superiore della parete d’ingresso della cappella si trovava l’episodio di Abramo alla mensa dei tre angeli e ai lati le scene di San Giorgio e la Principessa e quella della Vergine col Bambino tra le Sante Barbara e Caterina.

Nella parete di fronte erano raffigurati immagini di santi: al centro dell’ordine superiore, le figure di Anastasia, Agata, Lucia e Apollonia, a destra Agnese e Cecilia e a sinistra Cristina e Oliva. Sotto queste si trovavano le figure dei Santi Antonio e Sebastiano, Sant’Erasmo e San Basilio e quelle di Vito, Leonardo ed altri santi.

Nella parete di fronte all’altare erano rappresentate le figure di San Paolo, Pietro e Agostino e, nell’ordine inferiore, la figura della Vergine con la clava fra le sante Orsola ed Elisabetta di Ungheria, che insieme alla Maddalena e San Giovanni Evangelista erano parte della scena della Crocifissione.

L’abside della cappella era stata affrescata con la figura dell’Eterno, mentre ai lati si trovavano le figure della Vergine e San Girolamo, oltre all’Annunciazione della Vergine posizionata sopra l’arco absidale.

In seguito all’abbandono del casale da parte dei Teutonici nel 1495 e i continui cambiamenti di gestione del casale, la cappella e i relativi affreschi furono lasciati alla totale incuria, provocando nel tempo irrimediabili danni.

Solo grazie all’intervento della Commissione di Antichità e Belle Arti, che eseguì i primi sopralluoghi nella località nel 1857, e la benevolenza del professore Giuseppe Inzenga, proprietario del casale, si decise di trasferire le pitture (ancora in parte leggibili) al museo Nazionale di Palermo.

Le vicende conservative degli affreschi non si conclusero, però, con l'intervento di stacco del 1881, infatti, arrivati al Museo Nazionale, i dipinti furono sottoposti ad operazioni di pulitura e di ritocco per poi essere esposti nel corridoio di “Tramontana”.

Dal 1954 con l’inaugurazione della nuova Galleria Regionale di Sicilia di Palazzo Abatellis gli affreschi furono traferiti presso la nobile sala delle “Croci”, a rappresentare a pieno titolo una delle massime espressioni artistiche del Quattrocento siciliano, mentre la cappella, dopo l’intervento di stacco delle opere, ormai ridotta a poco più di semplice rudere, fu completamente distrutta e a oggi non rimane più nessuna traccia.
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