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Il martirio di Febronia fu tra i più crudeli della storia: la patrona di Palagonia e il suo eremo

L’isolamento di questo luogo, la profondità del silenzio, ispirarono fin dall’antichità monaci oblati a sceglierlo quale luogo del proprio eremitaggio

  • 30 dicembre 2021

A Palagonia, terra conosciuta per la produzione di arance, si trovano le Coste di Santa Febronia. Si tratta di una montagna che domina la piana di Catania, zona che anticamente ha ospitato i Siculi, una popolazione pre-greca. In questa altura
hanno vissuto molte popolazioni, come i preistorici siciliani, i greci e i bizantini.

Questo costone è paesaggisticamente molto suggestivo e, oltre a racchiudere i fossili di conchiglie che risalgono a 5 milioni di anni fa, poiché quelle zone erano in precedenza ricoperte dal mare, conserva anche una testimonianza storica e
artistica molto interessante: l’eremo di Santa Febronia. L’isolamento del luogo, la profondità del silenzio, ispirarono fin dall’antichità monaci oblati a sceglierlo quale luogo del proprio eremitaggio.

Si giunge all’eremo che risale al VII secolo a. C., passeggiando lungo un sentiero che costeggia la montagna, caratterizzato da grotte e nicchie scavate fra le rocce. Questo è un luogo di mistero e di grande fascino, ricco di segni e testimonianze materiali di una popolazione che difendeva il proprio diritto alla vita arroccandosi in luoghi inaccessibili, aspri, ma suggestivi, dove la natura della piana era generosa e si potevano mettere a coltura luoghi disboscati, nelle prossimità di corsi d’acqua.
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L’eremo è dedicato a Santa Febronia, patrona di Palagonia, che subì uno dei più crudeli martiri che si ricordino, nella storia dei santi, sotto Diocleziano. Infatti, le furono cavati gli occhi, i denti strappati, fu squarciata sotto una ruota munita di lame taglienti, le furono tagliate le mammelle, lapidata, poi messa sulla graticola ardente e infine fu bruciata.

Le sue reliquie furono portate in più luoghi, dove ancora oggi se ne celebra la memoria e, fra questi, le Coste presso Palagonia.

La contrada Coste fa parte di quelle propaggini collinari che compongono il gruppo degli Erei. L’area sommitale reca ancora i segni di antiche gestioni del luogo. Una volta varcata l’area del villaggio preistorico, il suolo si ricopre di antichi frammenti di ceramica che conservano ancora i loro decori e colori, e che attestano l’appartenenza di quegli utensili ai Siculi. Ci sono anche i segni delle capanne che ospitavano famiglie di pastori.

Al centro del villaggio i segni di un’abitazione più ampia, a forma rettangolare. Lungo il fianco dell’altura ci sono delle aperture e delle escavazioni tombali. Sulle pareti rocciose, si aprono sepolcri monumentali di grande suggestione, con camera sepolcrale. A causa di antichi movimenti tellurici alcuni sepolcri sono crollati, però questi crolli hanno permesso di scoprire le fattezze nascoste delle tombe, le loro geometrie e addirittura, nelle pareti, dei segni di non facile interpretazione.

In alcune escavazioni ci sono anche simboli e iscrizioni del periodo siceliota, alcune riferite alla vita e non solo alla morte, come quella in cui si legge che “Ninfodoro, commerciante di pesce salato, ha amoreggiato in questo luogo con Damylys, la quale ne è rimasta molto soddisfatta”. Nel corso degli ultimi decenni le Coste hanno dato molto al lavoro degli archeologi, i ritrovamenti sono stati molteplici e anche straordinari, dagli oggetti in selce per la lavorazione artigianale o macellazione, agli strumenti per la tessitura o per la preparazione del cibo, ma anche delle matrici per la fusione dei metalli, come il rame arsenicale e il bronzo.

Le Coste accolgono anche i segni della spiritualità e dei luoghi di culto, come l’eremo di Santa Febronia. Si tratta di un particolare santuario cristiano scavato nella roccia con al suo interno affreschi ancora visibili che rappresentano i tormenti dei santi martoriati. Doveva trattarsi di una basilica rupestre occultata, con un ingresso invisibile. Oggi, l’accesso avviene attraverso un piccolo portale ad arco, scavato nella roccia. La basilica rupestre è costituita da un ambiente ricavato, molto probabilmente, da una preesistente tomba preistorica e che, dopo varie trasformazioni, fu adibito a luogo di culto.

L’oratorio, pur essendo un antico sito rupestre, possiede un ricco repertorio iconografico, infatti, ci sono dieci raffigurazioni, di cui solo una risulta frammentata. L’affresco più importante è quello che si trova nella zona dell’abside e che raffigura il Cristo Pantocratore, contornato da una Annunciazione e da altre quattro figure. Ai lati dell’abside, sono raffigurati il martirio di santa Febronia e quello di San Bartolomeo.

Nella parete di fronte, ci sono gli affreschi con Santa Lucia, Sant’Agata e Santa Anastasia. Al centro del piano di calpestio si apre un’escavazione, in origine coperta ed accessibile per mezzo di una botola. Dentro questa cripta, si trovano numerose nicchie a parete, con funzione di colatoio, destinate alla collocazione dei cadaveri dei monaci per il loro disseccamento e mummificazione parziale. Ciò dimostra che, per un arco di tempo abbastanza lungo, vi è stata la presenza di un eremo e che le escavazioni sono i ricoveri dei monaci che qui vivevano in eremitaggio.

Nella parete di fronte all’ingresso si apre un passaggio che conduce ad escavazioni laterali, in cui si nota la presenza di ambienti con grandi volte a tholos, copertura che ricollega la cultura degli abitanti delle Coste a quelli dell’Oriente miceneo. Nelle vicinanze dell’eremo ci sono due sorgenti, una più ampia e l’altra più piccola, inglobate in un’escavazione eseguita appositamente per catturare l’acqua che affiora dalle pareti rocciose.

La tradizione vuole che l’acqua di entrambe le fonti sia potabile, ma una ha sapore amaro e l’altra ha un vago sentore di latte. Attualmente, è garantito l’accesso solo alla chiesta rupestre, attraverso una visita concordata.
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