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Il Pd senza pace in Sicilia, Rubino all'attacco: "Chi sono i veri responsabili delle divisioni"

Non si sana la frattura. Il componente della direzione nazionale risponde all'appello all'unità lanciato su Balarm da Cleo Li Calzi. "Anthony Barbagallo si faccia da parte"

Luca La Mantia
Giornalista
  • 31 luglio 2025

Antonio Rubino con Matteo Orfini

La tregua di mezza estate non c'è. La frattura nel Pd siciliano non si sana, nemmeno dopo l'appello all'unità lanciato su Balarm dalla presidente dell'assemblea regionale Cleo Li Calzi (qui l'articolo).

Il suo invito rivolto ai "dissidenti" a sedersi attorno a un tavolo per provare a superare le divisioni interne viene rispedito al mittente da Antonio Rubino, componente della direzione nazionale del Pd, tra i più ostili all'attuale segreteria regionale.

«Cleo Li Calzi è una persona che stimo ma è una delle principali artefici delle divisioni - commenta Rubino a Balarm - . Il suo appello all’unità sembra più una presa in giro che una reale volontà perché non si possono avallare forzature politiche e regolamentari gravissime e fare finta che la colpa è degli altri».

Il malcontento sulla gestione del partito nell’Isola ha prodotto un ricorso, sostenuto tra gli altri da 8 deputati regionali su 11, con cui si chiede l'annullamento dell'iter congressuale che ha portato alla rielezione di Anthony Barbagallo al vertice del Pd siciliano.

Una protesta formale che ha raggiunto il suo culmine con la manifestazione del 21 luglio a Catania, evento a cui hanno preso parte circa 700 persone oltre al presidente nazionale del Pd Stefano Bonaccini, e ai dirigenti Matteo Orfini e Alessandro Alfieri.

«Da Catania è arrivato un segnale dirompente - aggiunge Rubino - perché ha visto una partecipazione senza precedenti con un messaggio chiaro: superiamo questa situazione. E si può superare solo se il segretario Antony Barbagallo, che ha imposto la sua riconferma per tutelare se stesso e non la collettività democratica, si faccia da parte per favorire un percorso di unità e rilancio dell’azione politica».

Secondo Rubino andrebbe azzerato tutto per ricominciare. «Ci sono territori che stanno esplodendo, da Siracusa a Messina passando per Trapani con le recenti dichiarazioni del sindaco: è follia, Barbagallo si fermi. Qualsiasi forma di confronto andava cercata prima del congresso. È come dare uno schiaffo a qualcino e poi invitarlo al dialogo».

A Catania lo stesso Bonaccini ha chiesto un intervento da Roma. «Spero che la segretaria nazionale, che sostengo con convinzione, intervenga e restituisca il primato alla politica e non agli organismi di garanzia. Se il Pd va male in Sicilia danneggia il Pd nazionale come in occasione delle Europee», continua Rubino.

E aggiunge: «Noi in ogni caso attenderemo con serenità il responso della commissione, che entro un paio di mesi al massimo dovrà esprimersi, perché siamo convinti della fondatezza di quanto sostenuto. Se il ricorso verrà respinto valuteremo come agire, ma non ci fermeremo».

Tuttavia, la scissione non è un'eventualità. «Siamo orgogliosamente militanti - dice ancora - non facciamo un ragionamento guerrafondaio, ma invitiamo al buon senso. Il tema è politico e va oltre i ricorsi. Abbiamo a cuore le sorti del Pd che è la nostra casa».

Senza un partito coeso, del resto, non c'è una vera opposizione come dice lo stesso Rubino. «Stiamo entrando nel vivo del percorso che ci accompagnerà alle prossime scadenze elettorali da Palermo, alle regionali, alle politiche. Il Pd dovrebbe essere il perno centrale dell’alternativa a queste destre che giorno dopo giorno ed in ogni ambito mostrano il loro lato peggiore».

Come contrastare il centrodestra dopo aver ritrovato l'unità? «Dobbiamo tracciare la stessa strada che Elly Schlein sta tracciando nelle altre regioni ovvero il campo largo. Ma per riuscirci serve un Pd autorevole e credibile che elimini ogni preoccupazione circa la propria affidabilità ai nostri alleati».

Sulla scelta del prossimo candidato alla presidenza della Regione Rubino non ha dubbi: «Primarie senza se e senza ma». E non solo per la corsa a Palazzo d'Orleans, come tiene a precisare.

«In Sicilia, a Palermo e Catania e per la composizione delle liste al parlamento nazionale la parola va restituita ai nostri elettori per evitare che, come successo in occasione del congresso regionale, meno della metà dell’esigua platea di iscritti decida per il destino dell’intera collettività che è migliore di tutti noi».
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