MOBILITÀ

HomeNewsAttualitàMobilità

Il Ponte sullo stretto, utopia o solida realtà: dibattito aperto, i pro e i contro dell'opera

Oltre ai pareri degli esperti e dei politici locali, in questa storia forse dovremmo anche ascoltare la realtà oggettiva di un territorio come quello calabro e siciliano

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 2 dicembre 2023

Come sarà il Ponte sullo Stretto di Messina, frame dal video del progetto

La storia del progetto del ponte sullo Stretto di Messina è lunga e travagliata. Interrotta più volte nel corso degli ultimi 60 anni, ma risalente ad un’idea la cui origine si perde nei meandri della storia, la sua realizzazione è stata infatti bloccata più volte, sia per ragioni economiche (come quelle che spinsero il governo Monti a bocciare il progetto) che per ragioni ingegneristiche e strutturali.

Fino a qualche anno fa infatti gli ingegneri non avevano a loro disposizione gli strumenti e le tecnologie adatte per realizzare questa opera - che ricordiamo deve sostenere un ponte ad unica campata, lungo 3,6 km, largo 60 m e che oltre alle macchine deve sopportare anche il peso di una linea ferroviaria e dei treni – e in questo momento non sono pochi gli esperti che sollevano ancora dubbi sulla sua fattibilità ingegneristica.

In questo articolo però vogliamo andare ad elencare le ragioni che sostengono i movimenti del sì e del no al ponte, chiarendo sin da subito che è davvero molto difficile non esporsi da siciliano e da divulgatore scientifico sulla questione. Entrambi gli schieramenti sembrano infatti disporre di chiare opinioni sull’utilità e l’eseguibilità del progetto, ma oltre ai pareri degli esperti e dei politici locali, per quanto forbiti essi siano, in questa storia forse dovremmo anche ascoltare la realtà oggettiva di un territorio come quello calabro e siciliano, che presenta diverse peculiarità geologiche e strutturali.
Adv
Partendo dai sostenitori, secondo chi sogna di superare lo stretto tramite il ponte, quest’ultimo andrà definitivamente a risolvere il problema del trasporto pubblico e privato per e dalla Sicilia, visto che consentirà di superare l’attuale politica dei trasporti basata sui traghetti, che da secoli ormai assicurano a Messina e a Reggio Calabria i collegamenti con l’altro lato dello stretto.

Dal punto di vista economico inoltre, sempre secondo i sostenitori, il ponte permetterà alla Sicilia di aumentare i numeri e la qualità del proprio turismo, visto che incentiverà gli italiani a raggiungere l’isola via terra, con un conseguente calo dei costi dei biglietti di aerei e treni.

Secondo l’attuale ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, il ponte andrà anche a favorire il turismo stesso delle città di Messina e di Reggio Calabria, visto che non saranno pochi i turisti che si metteranno in viaggio proprio per visitare il ponte in sé, un po’ come succede per il Golden Gate Bridge di San Francisco.

Secondo il ministro inoltre molto più importanti sarebbero gli effetti economici immediati che la Sicilia e la Calabria otterrebbero a livello dell’occupazione, visto che per costruire porterebbe migliaia di giovani siciliani e di calabresi (100 mila, secondo il ministero delle infrastrutture) nel trovare un posto di lavoro nell’aziende edili (del nord!) impegnate nella realizzazione del progetto.

Peccato che come affermano i critici tali aziende avranno bisogno di personale specializzato, che disponga già una grande esperienza relativa a cantieri ad alto tasso d’incidenti e di difficoltà, e che dunque immaginare che la Sicilia possa risolvere i propri problemi di disoccupazione giovanile con il ponte potrebbe rivelarsi un puro miraggio, come credere d’altronde che tutti i lavoratori impegnati nel progetto apparterranno all’isola o al Mezzogiorno.

Gli stessi ingegneri messinesi non confidano che il progetto venga seguito pedissequamente da personale che provenga dalla città e questo è già una mancanza grave, per un ponte che dovrebbe risultare il punto di svolta del settore edile regionale.

Come è possibile poi leggere in una delle tante pagine social dei sostenitori del ponte, particolarmente critiche nei confronti di alcune dichiarazioni di alcuni geologi come Mario Tozzi, i terremoti tanto temuti dai sostenitori del "No ponte" «non sono un problema per i ponti sospesi di grande luce, visto che sono le strutture meno sensibili agli eventi sismici e non a caso ne esistono di obsoleti e di meno performanti in zone molto più pericolose».

Peccato che questa affermazione, diffusasi poi anche tra i banchi del governo, non abbia trovato ancora molti riscontri, visto che non è possibile considerare i terremoti come un evento unico, che si ripete nel tempo.

Il fatto che un ponte abbia resistito ad un terremoto, infatti, non consente di pensare che un ponte diverso, delle medesime dimensioni, possa resistere all’urto di un terremoto molto più grande e prolungato.

E non a caso i geologi sanno che ogni terremoto è un evento geologico dotato di caratteristiche uniche e imprevedibili e che nessun ponte sospeso delle dimensioni di quello che verrà costruito a Messina è stato mai costruito, in un’area tra l’altro altamente sismica, che si pone a breve distanza da ben 3 vulcani attivi.

Spesso, quando si parla di terremoti, i sostenitori del ponte sullo stretto prendono come esempio il ponte giapponese Akashi-Kaikyo - attualmente il più lungo del mondo, lungo 3.911 metri – per sostenere come sia possibile costruire un ponte in un luogo sismico. Esso è infatti in grado di resistere a terremoti di intensità 6,8 della scala Richter e per i sostenitori del progetto è l’esempio perfetto di come sarà una volta completato il ponte di Messina.

Tuttavia i sostenitori si dimenticano sempre di chiarire che questo ponte non è a campata unica, come quello che dovrebbe collegare la Sicilia alla Calabria, e che presenta inoltre ben due piloni di sostegno in mezzo ad un mare basso, profondo 80 metri (quando il mare del nostro stretto invece è profondo anche oltre 250 m).

Data l'enorme dimensione del ponte, risulta anche che l'80% della capacità portante del ponte Akashi-Kaikyo è impegnata a reggere il proprio peso e solo il restante 20% è destinato a sostenere il traffico stradale. Per questa ragione i progettisti soppressero la realizzazione della rete ferroviaria, troppo pesante per un gigante alla fine abbastanza fragile. Il ponte di Messina, invece, dovrebbe avere fra le tante cose anche de binari, a cui bisogna aggiungere il peso dei convogli e di tutte le vetture.

Una sollecitazione troppo eccesiva, per una struttura che per quanto possa essere all’avanguardia deve anche supportare la forza del vento, senza un supporto stabile in mezzo al mare.

Andando ad elencare i vari fattori che rendono secondo molti ambientalisti e ingegneri la realizzazione del ponte solo un grande spreco di soldi e di energie, Legambiente qualche mese fa ha redatto un elenco di obiezioni che spiegano perché quest’opera sembra essere destinata al fallimento o a essere utilizzata solo per spendere dei fondi, che sarebbero necessari altrove. Innanzitutto, sembra che il ponte non serva ai cittadini di Messina o di Reggio Calabria.

La principale ragione infatti per cui si vuole finanziare l’opera è quella di consentire ai cittadini di queste due città di raggiungere l’altro lato dello stretto in macchina, abbandonando i traghetti e usando la “comodità” del ponte. Peccato che solo il 23,8% dei passeggeri utilizzi attualmente il trasporto navale con auto al seguito.

E a gran parte di essi converrà sempre prendere il traghetto, una volta realizzata l’opera (se verrà realizzata), visto che il pedaggio per attraversare il ponte sarà sempre maggiore rispetto all’abbonamento per attraversare lo stretto via mare. Per il Wwf ed altre associazioni ambientaliste invece il ponte è un'opera fallimentare che oltre a portare «elevatissimi e insostenibili costi ambientali, sociali ed economico-finanziari», andrà anche a creare dell’enorme traffico presso la città di Messina durante la realizzazione dei lavori e una paradossale situazione una volta completata l’opera.

Ai messinesi infatti dal punto di vista del tempo converrà sempre di più usare i traghetti, visto che a secondo del traffico per uscire dalla città e per raggiungere l’imbocco autostradale, che consentirà di raggiungere il ponte, sarà necessario spendere più di un’ora e dieci minuti di strada, mentre la durata del viaggio su traghetto è di circa 20 minuti sulla rotta Rada San Francesco - Villa San Giovanni e 45 minuti per e dal porto di Tremestieri.

Per quanto riguarda invece la rete ferroviaria, gli esperti in campo di trasporti hanno da sempre suggerito di acquistare invece traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) lunghi 200 metri, come quelli presenti sul Mar Baltico, in grado di ospitare fino a sette carrozze intere senza la necessità di smontarle, invece di spendere miliardi di euro per costruire dei binari su un ponte di cui ancora non si ha la certezza che possa reggere al proprio stesso peso.

Gli ambientalisti inoltre ricordano come il sistema ferroviario regionale siciliano e calabrese non sono ancora adeguati agli attuali standard nazionali ed europei presenti nel resto delle regioni d’Italia e d’Europa. Come infatti è ben risaputo dalla maggioranza dei siciliani, gran parte della linea ferroviaria regionale non dispone ancora del doppio binario, presenta diversi punti in cui i treni debbono rallentare, per non rischiare di deragliare e mostra diversi collegamenti che hanno bisogno di un urgente restauro. Secondo inoltre Giuseppe Inturri, docente al dipartimento di Ingegneria dell’Università di Catania, la realizzazione del ponte andrà a causare diversi effetti negativi sul sistema dei trasporti e del turismo siciliano.

Visto infatti che il progetto (risalente in verità al 2001) prevede un’altezza massima di 65 m dell’impalcato del ponte, ciò andrebbe a costituire un problema per la stessa navigazione navale delle porte container e delle navi da crociera che attraversano lo Stretto, che in media hanno corrispettivamente un’altezza di 65-68 m e di 75 m.

Andare quindi ad immaginare che una nave di grandi dimensioni possa passare sotto al ponte di Messina è pura utopia, soprattutto considerando che le navi del futuro saranno ancora più mastodontiche e potranno superare secondo alcune stime gli 82 m.

Qualora il ponte dovesse essere quindi realizzato, meno prodotti e meno turisti potrebbero attraversare il Mediterraneo all’altezza di Messina, venendo costrette a circumnavigare la Sicilia o a depositare i propri beni nei porti presenti nella costa, come Catania o Porto Empedocle, con un conseguente aumento dell’inquinamento autostradale, dovuto dal trasporto su gomma delle persone e delle merci. Una bomba ecologica mascherata per efficienza.

Secondo sempre inoltre gli esperti, «l’assenza di un collegamento stabile con la Calabria non può costituire in nessun modo un alibi per la mancata realizzazione delle infrastrutture di trasporto essenziali per la mobilità esterni al ponte o per l’assenza di finanziamenti addizionali con il PNNR», mentre la costruzione del ponte rischia di precludere la realizzazione (per decenni) di tutte quelle opere necessarie realmente alla Sicilia.

A questo punto bisogna poi parlare dei danni ambientali procurati dall’inizio eventuale dei lavori per la realizzazione del ponte. Il mare dello Stretto oggi è considerato già fra i più inquinati del Mediterraneo e i lavori porterebbero ad un peggioramento della situazione.

Anche a livello faunistico, non sono chiari quali saranno le conseguenze, con una prevedibile moria di pesci e diversi problemi per gli uccelli migratori.

Questi infatti si ritroverebbero dopo centinaia di chilometri di viaggio un ostacolo difficilmente aggirabile sul proprio cammino. In media infatti, secondo i dati forniti dall’associazione ambientale Ornis Italica, sarebbero oltre 115.000 gli uccelli migratori che verrebbero bloccati dal ponte in mare aperto, per non considerare poi tutti gli altri individui che attualmente non è possibile intercettare e che sarebbero costretti a tagliare dalla terra ferma in direzione delle Eolie.

Una deviazione abbastanza costosa dal punto di vista energetico, visto che si sta parlando di diversi chilometri di viaggio in più per quella che è una delle vie principali delle migrazioni che connettono l’Africa all’Europa.

Andando poi ad effettuare dei lavori di scavo sui due versanti dello stretto, per la costruzione dei piloni che dovrebbero in teoria supportare l’opera, le aziende aggiudicatrici dell’appalto andranno anche a disboscare e ad antropizzare due dei luoghi naturalisticamente più importanti dello Stretto, in cui finora era possibile effettuare diversi avvistamenti dell’avifauna.

I piloni siciliani saranno costruiti vicino al villaggio di Ganziri e vicino al villaggio di Falcata, mentre i piloni calabresi saranno situati nei pressi Punta Pezzo.

Qui bisogna tuttavia ricordare che il progetto è un ponte strallato, sostenuto da cavi d'acciaio anziché da piloni di cemento armato, proprio per subire meno danni possibili dai terremoti e per creare meno disturbo agli uccelli. Quando però si altera complessivamente la struttura di un territorio e si costruiscono dei piloni di oltre 400 m non è fattibile pensare che la natura non ne risenta.

Basta infatti considerare gli effetti negativi che si genererebbero sulle due Zone di Protezione Speciale presenti ai lati dello stretto - la ZPS della Costa Viola e la ZPS dei Monti Peloritani, della Dorsale Curcuraci, dell’Antenna a Mare e dell’area marina – e sulle ben 11 Zone Speciali di Conservazione poste in vicinanza ai piloni del ponte. 

Non è d’altronde la prima volta che gli ambientalisti segnalano l’irrealizzabilità del progetto per via delle limitazioni in campo faunistico e ambientale. Nel 2005 infatti la Commissione Europea era pronta ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per violazione della Direttiva Comunitaria Uccelli proprio in relazione alla partenza dei lavori del progetto del Ponte ad unica campata.

Secondo infine il report «Il grande bluff. La verità sul ponte dello Stretto» redatto da molti ingegneri e biologi, «di estrema rilevanza sarebbero anche gli impatti sull’ecosistema marino, dove sono presenti flussi migratori e passaggi di cetacei, del tonno rosso, del pesce spada, oltre che specie abissali e praterie di Posidonia oceanica».

Gli effetti del ponte quindi ridurrebbero il quantitativo di pescato nello Ionio e nel Tirreno, creerebbero difficoltà ad alcune delle specie più protette del mare e provocherebbero ingenti danni non solo alla natura, ma anche ad alcune aziende collegate al benessere del mare.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.
...e condividi questo articolo sui tuoi social:

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI