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Il suo nome è di buon auspicio: il (giovane) borgo di Sicilia, casa di nobili e premi Nobel

Fondato da un principe nel 1635, è uno dei comuni più recenti dell'Isola. Qui vissero due cognati illustri, uno scrittore e l'altro Premio Nobel per la Letteratura

Roberto Mistretta
Giornalista e scrittore
  • 27 maggio 2024

Il borgo di Acquaviva Platani

Fervono i preparativi ad Acquaviva Platani per l’ottava edizione della "Breccialfiorata" in onore del Corpus Domini con cui si vivacizza il centro storico con originali e coloratissimi pannelli di arte sacra. Un’iniziativa che impegna quasi tutta la popolazione residente. Non che siano tanti ormai i residenti, ridotti a meno di un migliaio, a fronte, comunque, di diverse migliaia di acquavivesi che vivono e prosperano nelle folte comunità di Forbac, in Francia, e a Wooking, in Inghilterra.

Molti di loro hanno fatto fortuna. Basti citare, solo a titolo di esempio, Joe Ricotta che nel suo rinomato ristorante londinese “Nonna’s kitchen” ha ospitato finanche star hollywoodiane come John Travolta o Sylvester Stallone e le star, satolle di buon cibo della tradizione sicula, si sono poi ben prestate per le foto ricordo.

Benvenuti ad Acquaviva Platani, borgo rurale in provincia di Caltanissetta, ma facilmente raggiungibile dalla SS 189 Palermo-Agrigento, dove, appunto per ricordare il dramma di un popolo che ha dovuto cercare in altri luoghi il proprio futuro, esiste anche da vent’anni un originale, quanto poco conosciuto, museo dell’Emigrazione.
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Il museo è diviso in tre macro aree: "Le cause dell’emigrazione", ovvero la mancanza di lavoro con la chiusura delle miniere di zolfo e la crisi dell’agricoltura; "La partenza", con l’acquisto di biglietti anche delle grandi navi verso il sogno americano a partire dalla fine dell’800; "Il lavoro all’estero", l’ultima area, dove si può visionare la parte più affettiva, come la corrispondenza degli emigrati coi familiari rimasti ad Acquaviva.

Il museo è valorizzato da grandi pannelli a muro che riproducono documenti originali ma anche da tanti cimeli come ad esempio le valigie di cartone legate con lo spago e molto altro ancora.

Dallo scorso anno è stato allestito anche un museo di immagini sacre per ampliare l’offerta turistico-culturale. Tali immagini, raccolte nel corso della sua vita da collezionista dal dottor Mario Siracusa, sono state donate alla comunità. Tra questi anche centinaia di quadri che i nostri nonni e bisnonni genitori custodivano nelle loro case, come capezzale del letto matrimoniale.

Nel museo si possono ammirare anche tantissimi santini facenti parte delle collezioni del dottor Siracusa e che in passato hanno contribuito ad organizzare le mostre “I Santi Patroni di Sicilia” e “I mille volti e nomi di Maria”, un excursus storico lungo duemila anni sulla figura della Madonna per scoprire titoli assolutamente originali quanto veritieri, come la "Madonna dello schiaffo", la "Madonna della confusione", la "Madonna con le corna", la "Madonna del sudore", la "Madonna della pazienza", la "Madonna del solletico" e si potrebbe continuare ancora a lungo.

Circa la Breccialfiorata, anch’essa un’idea innovativa nata nel 2014, si differenzia dalle ben più note infiorate (caratterizzate dall’utilizzo fiori freschi), per l’uso di breccia colorata e artisticamente incollata su pannelli che poi vengono arricchiti da fiori in stoffa e composizioni varie.

Mesi e mesi di lavoro volontario e appassionato per allestire i grandiosi pannelli posizionati in pieno centro abitato, location perfetta stante le strade in pendio di Acquaviva, per offrire un colpo d’occhio da manuale a chi arriva da fuori.

Ma questo piccolo borgo collinare è famoso anche nella letteratura con la L maiuscola. Qui infatti vissero Elio Vittorini e il Premio Nobel per la Letteratura, Salvatore Quasimodo.

In "Conversazioni in Sicilia", la sua opera più nota, Vittorini che qui aveva vissuto col padre cantoniere, scrive: «E pensai Acquaviva molto lontano nello spazio, una solitudine in bocca al monte… e mia madre disse che era una terribile estate e che era una terribile estate significava non un’ombra per tutti quei chilometri, le cicale scoppiate al sole, le chiocciole vuotate dal sole, ogni cosa al mondo diventata sole».

Anche suo cognato, Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura nel 1959, da ragazzo visse ad Acquaviva Platani, tra il 1912 e il 1913, nell’edificio della stazioncina ferroviaria a seguito del padre ferroviere. Così Quasimodo immortala Acquaviva nell’olimpo letterario con la lirica "Che vuoi, pastore d'aria?".

«Ed è ancora il richiamo dell'antico corno dei pastori, aspro sui fossati bianchi di scorze di serpenti. Forse dà fiato dai pianori d'Acquaviva, dove il Plàtani rotola conchiglie sotto l'acqua fra i piedi dei fanciulli di pelle uliva».

Al turista insomma che deciderà di trascorrere un fine settimana diverso tuffandosi nella Sicilia agreste, interesserà magari anche sapere che con i suoi quasi 390 anni, Acquaviva è tra i comuni più giovani della Sicilia. Fu fondata nel 1635 da don Francesco Spadafora che ebbe accordata dal viceré Ferdinando Afan de Ribera, duca di Alcalà, la licenza di "habitare" la sua baronia di Caccione e Michinese sita nella Val di Mazara.

Il paese deve il suo nome al duca di Alcalà per la notevole presenza di acque sorgive e la vicinanza del fiume Platani.

Scrive ancora lo storico padre Giannino: «Un giorno il principe a cavallo era in giro per il suo feudo e i dipendenti gli indicavano le sorgenti più vicine, ché egli aveva un certo progetto per la mente. Ora egli poteva sapere quant’acqua ci fosse nello staso che da duecent’anni si trasmetteva nella sua famiglia, perché ovunque si scavasse venivan fuori polle d’acqua limpida e viva.

Quant’acqua! Quant’acqua! disse a sera alla principessa. Chiamiamo Acqua Viva il nostro villaggio. Vi piace questo nome Donna Lucrezia? E la principessa con un sorriso: bello veramente bello questo nome! Chiamiamo Acqua Viva la nuova terra. Sarà un nome per tutti augurale. E così più tardi, il duca di Alcalà fece scrivere nella pergamena: la stessa Terra vogliamo che denominata e chiamata Acqua Viva».

Un nome benaugurale che tra i suoi concittadini vanta anche un eroico carabiniere, Giuseppe Plado Mosca, Medaglia d’oro al valor militare, a cui è stata intitolata la caserma cittadina.

La storia di questo borgo è minuziosamente ricostruita nei libri di padre Alfonso Giannino, autore di testi fondamentali come "Acquaviva Platani nella storia di Sicilia e nella vita nazionale" e "Civiltà acquavivesi-saggi di antropologia culturale", quest’ultimo pubblicato dall’amministrazione comunale in occasione del 350° compleanno della città.

Una storia che si snoda in meno di quattro secoli, insomma, ma il territorio di Acquaviva risulta abitato fin da tempi remoti, come testimoniavano le tombe a rannicchiamento del neolitico di contrada Vignazze andate distrutte nei decenni passati.

Padre Giannino su tali tombe scrive: «Erano intagliate a rettangolo su blocchi di pietra calcarea, per una lunghezza inferiore a quella normale di un uomo. Il rannicchiamento del cadavere ancora caldo evitava un lungo lavoro di scavo nella pietra calcarea, eseguito con pietra più dura, generalmente silicea».

Grotte e grotticelle con l’interno levigato, ulteriore testimonianza di preistoriche tombe, sono ancora reperibili nelle contrade di Acquaviva. In contrada Santa Margherita esiste una tomba a “tholos”, con apertura rettangolare e incasso per incastrarvi la lastra di pietra ribaltabile.

Le grotte a rannicchiamento vengono fatte risalire a circa 1400 anni prima di Cristo, ovvero a 3.400 anni fa. Tracce di successive civiltà (greche, romane, bizantine) testimoniano la presenza anche di tali popoli nel territorio dell’attuale Acquaviva.
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