ITINERARI E LUOGHI
In Sicilia (al fresco) sul ponte maestoso: qui vedi il campanile a strapiombo sul dirupo
Imponente e grandioso, saldamente ancorato a due contrafforti montuosi, raggiunge un’altezza di ventuno metri e lo si vede biancheggiare nell’ombrosa valle

Una camminata in un luogo sorprendentemente fresco e ammirando un ponte grandioso ed un campanile a strapiombo su un dirupo. Sabato 12 luglio col gruppo escursionistico Valli Basiliane siamo giunti al villaggio collinare di Pezzolo sul lato ionico a 24 chilometri da Messina centro.
Parcheggiate le automobili abbiamo proseguito a piedi su una strada asfaltata che si diramava da quella principale e che ci avrebbe portato nella vallata del torrente Briga più in basso rispetto al paese.
Pur camminando su strada asfaltata il paesaggio circostante era costituito da piante spontanee come l’iperico noto per le sue proprietà medicinali in campo neurologico. Invece fra gli alberi abbiamo visto qui più che altrove molti bagolari spaccasassi famosi per la tenacia delle loro radici.
Dopo qualche chilometro siamo giunti sull’alveo di roccia verde levigata del torrente che si può attraversare facilmente perché l’acqua in questo periodo scorre lenta e con una portata modesta e dei ragazzi volenterosi vi hanno sistemato vecchi pancali a mo’ di passerelle.
Ci siamo inoltrati fra i massi levigati in mezzo alla tenera vegetazione palustre dai colori lucidi e delicati come le piantine di capelvenere e all’ombra dei salici piangenti con le loro foglioline a cascata.
Da subito appena arrivati sul greto del torrente abbiamo avvertito una piacevole frescura, anzi dopo avere percorso un chilometro circa , siamo giunti in un’ansa delimitata da grandi massi inverditi e con un laghetto punteggiato di girini sul davanti, in cui c’era un’arietta fresca veramente sorprendente considerando che ci trovavamo solo a 300 metri s.m., il paese più in alto è a 365.
Dal basso scorgevamo il suo campanile ergersi a strapiombo su un precipizio da un bastione roccioso e veramente sembrava che in caso di crollo ce lo saremmo ritrovati sulle nostre teste.
A tal proposito la nostra sapiente guida Giovanni Lombardo ci ha fatto conoscere una filastrocca dei tempi andati che così recita : «Pezzolo fabbricato sopra na rocca/bunnanzia di acqua assai e pani picca, / Cu nun avi assai avi picca, / E tuttii hannu li mani a croccu».
Proseguendo abbiamo visto sulla nostra sinistra un costone di nuda pietra per via delle frane, da cui tuttavia si ergevano dei bagolari spaccasassi che grazie alle loro prodigiose radici grosse più dei rami ed altrettanto ramificate sono riusciti a tenerlo in verticale.
Dopo siamo giunti alle spalle del ponte Bettaci a due campate costruito a inizio novecento, opera straordinaria già per una città, sorprendente che sia stata realizzata in ambiente rurale e che serviva a rifornire di acqua l’omonima contrada.
Questo ponte imponente e grandioso, saldamente ancorato a due contrafforti montuosi, raggiunge un’altezza di ventuno metri e lo si vede biancheggiare nell’ombrosa valle.
Dovendo completare il nostro percorso ad anello portandoci più avanti abbiamo dovuto scavalcare una serie di rasole, ovvero delle esigue strisce di terra fra muri a secco (le almagie).
Abbiamo iniziato dalla pedagna (la più in basso) per giungere col fiato corto dopo averne superato una ventina, alla testera (l’ultima, quella di testa).
Un tempo fino agli anni 50-60 queste venivano coltivate a limoni di cui allora il prezzo era remunerativo e venivano esportati all’estero (Germania in primis) Pertanto la dura fatica della coltivazione in pendio e del portarsi le cassette a spalla era in qualche modo remunerata.
Dopo c’è stato il crollo dei prezzi ed è cessata la convenienza economica a sobbarcarsi questo duro lavoro.
Valicate le rasole abbiamo rintracciato il torrente più a nord che scorreva placido questa volta su un alveo terroso il cui corso era ingentilito da oleandri fioriti di varie tonalità: rosa, rosse, rosate che conferivano un tocco di colore alla vallata.
Parcheggiate le automobili abbiamo proseguito a piedi su una strada asfaltata che si diramava da quella principale e che ci avrebbe portato nella vallata del torrente Briga più in basso rispetto al paese.
Pur camminando su strada asfaltata il paesaggio circostante era costituito da piante spontanee come l’iperico noto per le sue proprietà medicinali in campo neurologico. Invece fra gli alberi abbiamo visto qui più che altrove molti bagolari spaccasassi famosi per la tenacia delle loro radici.
Dopo qualche chilometro siamo giunti sull’alveo di roccia verde levigata del torrente che si può attraversare facilmente perché l’acqua in questo periodo scorre lenta e con una portata modesta e dei ragazzi volenterosi vi hanno sistemato vecchi pancali a mo’ di passerelle.
Ci siamo inoltrati fra i massi levigati in mezzo alla tenera vegetazione palustre dai colori lucidi e delicati come le piantine di capelvenere e all’ombra dei salici piangenti con le loro foglioline a cascata.
Da subito appena arrivati sul greto del torrente abbiamo avvertito una piacevole frescura, anzi dopo avere percorso un chilometro circa , siamo giunti in un’ansa delimitata da grandi massi inverditi e con un laghetto punteggiato di girini sul davanti, in cui c’era un’arietta fresca veramente sorprendente considerando che ci trovavamo solo a 300 metri s.m., il paese più in alto è a 365.
Dal basso scorgevamo il suo campanile ergersi a strapiombo su un precipizio da un bastione roccioso e veramente sembrava che in caso di crollo ce lo saremmo ritrovati sulle nostre teste.
A tal proposito la nostra sapiente guida Giovanni Lombardo ci ha fatto conoscere una filastrocca dei tempi andati che così recita : «Pezzolo fabbricato sopra na rocca/bunnanzia di acqua assai e pani picca, / Cu nun avi assai avi picca, / E tuttii hannu li mani a croccu».
Proseguendo abbiamo visto sulla nostra sinistra un costone di nuda pietra per via delle frane, da cui tuttavia si ergevano dei bagolari spaccasassi che grazie alle loro prodigiose radici grosse più dei rami ed altrettanto ramificate sono riusciti a tenerlo in verticale.
Dopo siamo giunti alle spalle del ponte Bettaci a due campate costruito a inizio novecento, opera straordinaria già per una città, sorprendente che sia stata realizzata in ambiente rurale e che serviva a rifornire di acqua l’omonima contrada.
Questo ponte imponente e grandioso, saldamente ancorato a due contrafforti montuosi, raggiunge un’altezza di ventuno metri e lo si vede biancheggiare nell’ombrosa valle.
Dovendo completare il nostro percorso ad anello portandoci più avanti abbiamo dovuto scavalcare una serie di rasole, ovvero delle esigue strisce di terra fra muri a secco (le almagie).
Abbiamo iniziato dalla pedagna (la più in basso) per giungere col fiato corto dopo averne superato una ventina, alla testera (l’ultima, quella di testa).
Un tempo fino agli anni 50-60 queste venivano coltivate a limoni di cui allora il prezzo era remunerativo e venivano esportati all’estero (Germania in primis) Pertanto la dura fatica della coltivazione in pendio e del portarsi le cassette a spalla era in qualche modo remunerata.
Dopo c’è stato il crollo dei prezzi ed è cessata la convenienza economica a sobbarcarsi questo duro lavoro.
Valicate le rasole abbiamo rintracciato il torrente più a nord che scorreva placido questa volta su un alveo terroso il cui corso era ingentilito da oleandri fioriti di varie tonalità: rosa, rosse, rosate che conferivano un tocco di colore alla vallata.
Ti è piaciuto questo articolo?
Seguici anche sui social
Iscriviti alla newsletter
|