ITINERARI E LUOGHI
Non sei in un paradiso esotico ma in Sicilia: la piscina naturale alla cava di Carosello
Una fantastica escursione fra straordinari reperti storici ed una vegetazione sub-tropicale tale da fare immaginare di trovarsi, col caldo intenso, in un luogo lontano

La Cava di Carosello a Noto
In questi giorni di calura con la guida Anja sono giunto al parco del monte Alveria dove ci accolgono le possenti mura cinquecentesche di Noto antica (capo valle della dominazione araba e fregiata del titolo di civitas ingegnosa sotto i romani) che sorge su uno sperone di roccia circondato da tutti i lati da cave (canyion) dalle pareti molto ripide e che fu abbandonata dopo il devastante terremoto del 1693.
Attraverso un sentiero in terra battuta siamo arrivati al castello reale con la sua bianca facciata costituita da blocchi di pietra calcarea risplendente sotto i raggi solari.
Fu edificato dal normanno Giordano figlio di Ruggero d’Altavilla, venne rimaneggiato nel corso dei secoli specialmente in epoca aragonese ed utilizzato come carcere.
Le mura della fortezza sono letteralmente ricoperte di graffiti e scritte fantasiose lasciate dai detenuti. Molti di questi massi giacciono per terra ed è un peccato che vengano abbandonati senza alcuna protezione alla mercé di chiunque.
Dopo la visita la castello abbiamo imboccato un sentiero rupestre in discesa sul lato opposto rispetto alla strada da dove eravamo arrivati, vale a dire ci siamo spostati sul fianco di un canyon o cava.
Tutto il percorso non è mancato di suscitare in noi sorpresa e meraviglia per i tanti reperti storici incontrati: larghi grottoni dalle pareti lisce e rettangolari identificabili come “heroa” cioè luoghi dedicati al culto degli antichi defunti come era in uso in epoca ellenistica.
Vi erano pure decine di nicchie rettangolari in cui venivano inseriti dei quadretti votivi in terracotta. Scendendo ancora si vedono numerosi ruderi ben conservati di concerie per la concia delle pelli scavate nella roccia a somiglianza di quelle che si trovano a Fez in Marocco e che sono state edificate in epoca araba.
L’ho percorso con una strana sensazione nella testa come se potessi ancora incontrare frotte di uomini indaffarati vestiti con i costumi dell’epoca.
Via via camminando abbiamo visto sempre scavate nella roccia piccole grotticelle di una necropoli preistorica della tarda età del bronzo.
C’erano pure i ruderi di alcuni mulini rupestri ad acqua con le rotonde macine in pietra in bella vista e con l’ingrottamento sottostante da cui una volta sgorgava l’acqua che le metteva in funzione.
Questi luoghi adesso abbandonati e visitati da sparuti gruppi di escursionisti, sono stati nel corso dei secoli della loro storia plurimillenaria pulsanti di vita e brulicanti di lavoratori indaffarati che verosimilmente abitavano nella città più in alto, ma ci sono anche dei rifugi rupestri in loco con tanto di gocciolatoi per convogliare l’acqua piovana all’esterno.
Questa zona stupefacente ed affascinante per i tanti reperti storici risalenti a civiltà diverse comprendenti tutte le dominazioni dell’isola, lo è altrettanto dal punto di vista naturalistico per la sua straordinaria bio-diversità.
Ci si imbatte in corsi d’acqua che scorrono in solchi scavati nella roccia e che impediscono alla stessa di perdersi per infiltrazione e si ammira una vegetazione lussureggiante di tipo sub-tropicale.
C’è un groviglio, un fitto addensamento di piante, alcune comuni a tutta l’isola come i lecci , gli olivastri e le palme nane. Altre come le ononis somiglianti alle ginestre, peculiari del posto.
Queste in siciliano vengono chiamate "mpececullare" ed hanno una resina talmente appiccicosa che i contadini vi strofinavano le scarpe per impermeabilizzarle.
Abbiamo trovato anche della ruta con le sue scarne ed innumerevoli foglioline attaccate ai rametti e col suo odore pungente e penetrante. C’era un addensamento di teneri cardi il cui gambo è commestibile e più dolce di quello dei carciofi.
Lungo le rive dei ruscelletti crescevano le equisete o code di cavallo col loro verde smagliante e più vicine ai fossi le delicate foglioline di capelvenere.
C’erano anche degli alberi da frutto: i fichi ancora acerbi ed invece le nespole in piena fruttificazione ma cresciuti troppo in altezza per essere raggiungibili.
Il percorso che abbiamo compiuto su sentieri scavati nella roccia, è stato in generale agevole tranne in alcuni tratti costituiti da brevi pendii scivolosi in cui bisogna impiegare la tecnica degli escursionisti esperti capaci di camminare con i piedi messi a traverso, oppure puntellarsi con dei bastoncini o farsi sorreggere da qualcuno del gruppo.
Comunque tutti i disagi vengono ampiamente ripagati dalla spettacolare vista che si presenta ai nostri occhi. Perché giunti alla cava di Carosello, un laghetto, una sorta di piscina naturale scavata nella roccia da un salto del torrente Asinara.
Ampia, profonda e perfettamente circolare: piatta e libera sul davanti ma con ai suoi lati delle candide pareti rocciose disposte ad anfiteatro. Il più lussuoso degli alberghi stellati non riesce ad immaginarsi niente di tutto questo.
Le acque verdi, trasparenti, popolate anche da numerosi piccoli granchi che si potevano prendere e farli accomodare sul palmo della mano, le rive di bianca e levigata roccia calcarea.
Affacciandosi con la necessaria prudenza si vede uno strapiombo di una quarantina di metri e ancora più giù delle cascatelle ed altri laghetti. Sembra di essere in un paradiso esotico, magari in Indonesia e non ci vuole molto ad immaginare una foresta di mangrovie. I canneti palustri sono in qualche modo somiglianti.
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