In Sicilia vivevano le creature più bizzarre: scoperti nuovi resti di elefante nano
Non è la prima volta che in una provincia siciliana si trovano reperti così preziosi. Un tempo l'Isola era il regno di tartarughe, iene e ghiri giganti e di altri animali esotici

Molari di un esemplare P. Mnaidriensis (foto di Salvo Costanzo)
Come abbiamo già spiegato in alcuni nostri vecchi articoli, in passato la Sicilia era il regno delle creature più bizzarre del pianeta. Durante il Pleistocene, le campagne siciliane erano abitate da piccoli ippopotami, che si facevano il bagno nei nostri piccoli torrenti, e da animali come l’uro e l’asino europeo, animali oggi estinti che rendevano l’aspetto dell’isola più selvaggio.
Tra iene giganti e tartarughe di terra che ricordavano le specie oggi presenti sulle Galapagos, la Sicilia era anche il territorio dei ghiri giganti e di altri animali esotici.
I più particolari fra questi erano ovviamente i leggendari elefanti nani, che hanno contribuito a cambiare l’aspetto del nostro territorio e – in epoche più recenti – a favorire la comparsa di numerosi miti, fra cui quella dei ciclopi. Di recente, un fossile di elefante nano è stato trovato a Fontane Bianche, sulla costa siracusana.
I resti di questo animale hanno tra i 200.000 e i 150.000 anni e sono stati segnalati dal geologo Fabio Branca, docente dell’Università di Catania. Ancora in ottime condizioni, questi resti presentano ancora la mandibola con alcuni denti e verranno presto studiati per stabilire a quale delle numerose specie di elefanti nani siciliani sono appartenuti.
Al momento i paleontologi e gli archeologi intervenuti sul sito per mettere in sicurezza le ossa pensano che appartengano alla specie Palaeoloxodon mnaidriensis, l’elefante siciliano che aveva già cominciato a ridurre le proprie dimensioni per via del fenomeno dell’insularità, che avrebbe poi portato questi animali a raggiungere dimensioni davvero ridotte con P. falconeri, alto quanto un cane di media taglia.
Hanno partecipato alle attività di scavo l’archeologa Gabriella Ancona e il geologo Luigi Agnone, della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali della provincia di Siracusa, oltre che Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche ed ambientali (Dsga) dell’Università di Catania, e Rosanna Sanfilippo, docente di Paleontologia e Paleoecologia nello stesso dipartimento.
«Questo ritrovamento – sottolineano i ricercatori – si inserisce in un contesto unico, caratterizzato da riserve naturali, zone speciali di conservazione e geositi. È un patrimonio che va tutelato e valorizzato, così da consegnarlo integro alle generazioni future, garantendone una fruizione sostenibile».
Non è la prima volta che in provincia di Siracusa si trovano reperti così preziosi appartenuti agli elefanti nani. Vicino a Fontane Bianche, nella Grotta di Spinagallo, erano stati già ritrovati resti di altri elefanti nani, tra cui il P. falconeri oggi esposto al Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.
Un’altra provincia molto importante per lo studio degli elefanti siciliani è quella di Palermo. Molti degli esemplari oggi esposti al Museo paleontologico G.G. Gemmellaro, di proprietà dell’Università degli Studi di Palermo, provengono infatti da questa provincia e dalla stessa città di Palermo. Alcuni elefanti nani vennero infatti rinvenuti durante i lavori di realizzazione dell’attuale via Libertà, una delle principali linee viarie del capoluogo.
Tra iene giganti e tartarughe di terra che ricordavano le specie oggi presenti sulle Galapagos, la Sicilia era anche il territorio dei ghiri giganti e di altri animali esotici.
I più particolari fra questi erano ovviamente i leggendari elefanti nani, che hanno contribuito a cambiare l’aspetto del nostro territorio e – in epoche più recenti – a favorire la comparsa di numerosi miti, fra cui quella dei ciclopi. Di recente, un fossile di elefante nano è stato trovato a Fontane Bianche, sulla costa siracusana.
I resti di questo animale hanno tra i 200.000 e i 150.000 anni e sono stati segnalati dal geologo Fabio Branca, docente dell’Università di Catania. Ancora in ottime condizioni, questi resti presentano ancora la mandibola con alcuni denti e verranno presto studiati per stabilire a quale delle numerose specie di elefanti nani siciliani sono appartenuti.
Al momento i paleontologi e gli archeologi intervenuti sul sito per mettere in sicurezza le ossa pensano che appartengano alla specie Palaeoloxodon mnaidriensis, l’elefante siciliano che aveva già cominciato a ridurre le proprie dimensioni per via del fenomeno dell’insularità, che avrebbe poi portato questi animali a raggiungere dimensioni davvero ridotte con P. falconeri, alto quanto un cane di media taglia.
Hanno partecipato alle attività di scavo l’archeologa Gabriella Ancona e il geologo Luigi Agnone, della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali della provincia di Siracusa, oltre che Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche ed ambientali (Dsga) dell’Università di Catania, e Rosanna Sanfilippo, docente di Paleontologia e Paleoecologia nello stesso dipartimento.
«Questo ritrovamento – sottolineano i ricercatori – si inserisce in un contesto unico, caratterizzato da riserve naturali, zone speciali di conservazione e geositi. È un patrimonio che va tutelato e valorizzato, così da consegnarlo integro alle generazioni future, garantendone una fruizione sostenibile».
Non è la prima volta che in provincia di Siracusa si trovano reperti così preziosi appartenuti agli elefanti nani. Vicino a Fontane Bianche, nella Grotta di Spinagallo, erano stati già ritrovati resti di altri elefanti nani, tra cui il P. falconeri oggi esposto al Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa.
Un’altra provincia molto importante per lo studio degli elefanti siciliani è quella di Palermo. Molti degli esemplari oggi esposti al Museo paleontologico G.G. Gemmellaro, di proprietà dell’Università degli Studi di Palermo, provengono infatti da questa provincia e dalla stessa città di Palermo. Alcuni elefanti nani vennero infatti rinvenuti durante i lavori di realizzazione dell’attuale via Libertà, una delle principali linee viarie del capoluogo.
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