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Io, palermitana a Londra: le luci della città iniziano a spegnersi e cresce la paura

Le cose non sono come sembrano da lontano: le voci di un gruppo di ragazzi italiani che lavorano in una pizzeria del quartiere in cui vivo lo fanno capire molto bene

  • 19 marzo 2020

Un inizio di settimana nel segno della più totale normalità. La stazione della metropolitana di Arsenal, quartiere a Nord di Londra, accoglieva regolarmente i suoi quotidiani, e non pochi commuters (i cosiddetti pendolari ndr), il bus trasportava normalmente passeggeri verso Blackfriars, nel cuore della City, e anche il parco di Highbury Fields raccontava scene di normale quotidianità: c’era chi correva, chi giocava a tennis, chi passeggiava con i figli e chi, invece, sorseggiava il suo caffè seduto su una panchina raggiunto da qualche timido raggio di sole.

Verrebbe da pensare “Tutto normale”. E in effetti così pare.

Il popolo britannico si sforza di mantenere intatta la sua routine e fa quasi paura il modo in cui tutto sembra scorrere abitualmente tra un sorso di birra e due chiacchiere al pub di quartiere.

Sembra che nessuno accetti quello che stia succedendo al mondo, o peggio, sembra che a loro, tutto questo, non possa accadere.
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Ma quanto è spesso questo velo di normalità? La risposta è sottile. Sottilissimo. Basta, infatti, raggiungere i vicini supermercati per rendersene conto. Gli scaffali sono pressoché vuoti, la coda alle case lunghissima i carrelli strapieni. Gli inglesi, figli di un superficialismo e di un senso di irresponsabilità, finalmente lo hanno capito.

Hanno compreso che anche loro dovranno fronteggiare quell’ospite inquietante che, nel frattempo, si sta facendo strada indisturbato. Che anche loro sono al centro del mirino.

La scelta operata del governo britannico, tuttavia, è quella del “Keep calm and carry on” . Quella scritta che ben conosciamo e che gran parte di noi possiede stampata lì, su delle tazze da tè, souvenir di un soggiorno a Londra. Il primo ministro Boris Johnson, ha deciso che questa era la strada da intraprendere.

La strada giusta. Lasciare che il 60% della popolazione si ammalasse e che creasse da sola l‘immunità al virus, invece che seguire l’esempio che la Cina, l’Italia e a ruota Spagna e Francia stavano dando. Il rischio è quello non solo di apparire superbi e incoscienti agli occhi dell’opinione pubblica ma, soprattutto, di mettere concretamente a rischio la vita di tante persone con condizioni di salute già precarie.

Le sconvolgenti dichiarazioni provocano non poche reazioni. Se ne rendono conto di nuovo e provano a correre ai ripari attuando un nuovo protocollo. Divieti di assembramenti, lavoro in smartworking laddove possibile e auto isolamento per over 70, ma negozi, ristoranti e bar ancora aperti.

Personalmente, a quel punto, ho pensato che tutto ciò stava rasentando il ridicolo. L’Inghilterra dopo la Brexit era in piena, ed acuta, fase Brainxit. Eppure appena 24 ore dopo, ho visto quanto stava cambiando lo scenario intorno a me. In un solo giorno, tutto appariva diverso.

La stazione della metropolitana contava qualche ingresso, sugli autobus pochi passeggeri tutti piuttosto distanti gli uni dagli altri. Poca gente anche per strada che, contrariamente ai giorni precedenti, indossava guanti e mascherine. I bar semivuoti, gli autisti dei taxi indossavano mascherine e chi doveva aprire la porta, per esempio, si aiutava con il gomito.

Le farmacie espongono cartelli in cui si avvisa la clientela che mascherine e gel antibatterici sono esauriti. Le parole “Out of stock” riecheggiano lungo tutta la via. I supermercati chiedono di prendere un massimo di due articoli alla volta per permettere a tutti di poter acquistare i prodotti di cui si necessita. Una Londra, questa, che non avevo ancora conosciuto e che mai avrei pensato di fare.

C'è ancora molto rammarico per le scelte intraprese dal governo al momento, specie per chi lavora nel settore dell’hospitality, coloro ovvero, al contatto costante con il pubblico: Hotels e ristoranti in primis. Categoria sicuramente più esposta di tante altre.

Le voci di un gruppo di ragazzi italiani che lavorano in una pizzeria del quartiere in cui vivo e lavoro si uniscono e fanno da eco: «Lavorare a stretto contatto con il pubblico ogni giorno ci mette ansia. Sapere che il governo non sta facendo nulla di concreto ancora di più. Se sono asintomatico? Se prendo il virus? Che faccio? Preferirei essere a casa».

Queste, le preoccupazioni più grandi che affliggono chi è lontano da casa, e che in quarantena ci starebbe senza fare troppi problemi.
Nell’attesa di nuovi sviluppi e direttive, che arriveranno quotidianamente nel pomeriggio, intanto, Londra cala il sipario sui suoi teatri, chiude i primi centri ricreativi e spegne i riflettori su eventi e concerti programmati. Il tanto conclamato “business as usual” lascia spazio a emails in cui si informa della chiusura di musei e grandi centri commerciali come lo storico Selfridges.

La scelta e quella di rimanere chiusi fino a nuovo ordine. Le luci, su una città che difficilmente dorme, cominciano a spegnersi.
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