TEATRO
L'impegno (abusivo) di Massimo Pastore in Sicilia: "Un teatro civile, eredità di Perriera"
L'attore e regista ideatore del "Teatro Abusivo Marsala" si racconta, ispirato dal suo lungo percorso a fianco del maestro che ricorda in modo appassionato
Altrimenti si va sul settore dell’intrattenimento, che può essere di nobilissima fattura, ma che non realizza questa sorta di propensione a ciò che può non realizzarsi ma che vale la pena tentare di realizzare». Lo dice con convinzione, ispirato dal suo lungo percorso a fianco di un Maestro che ricorda in modo appassionato, Massimo Pastore, attore e regista nonché ideatore del TAM, ‘Teatro Abusivo Marsala’.
Insegnante di Storia della musica nel Teatro, è stato coordinatore e assistente di Michele Perriera nella scuola di Teatro del Comune di Marsala che fu attiva dal 1996 fino all’ultimo saggio conclusivo dei suoi allievi nel dicembre del 2005.
Un’avventura culturale lunga nove anni che, secondo Pastore, segnano uno spartiacque e momenti tra i più alti della possibilità di aprire le porte della città di Marsala a un respiro europeo.
E come sempre di questi tempi in programma ci sono gli eventi conclusivi delle attività laboratoriali. «Il saggio del corso di quest’anno, rivolto ai ragazzi dai 14 ai 18 anni, si terrà il 25 e il 26 luglio – dice - con quattordici allievi che metteranno in scena il testo "I Giganti della montagna". Si tratta del laboratorio storico che ogni anno si rinnova con il saggio dei nuovi allievi che hanno già fatto i due anni di "lezioni".
E poi nella città di Paceco, dove abbiamo fatto una bella esperienza grazie alla precedente Amministrazione comunale che ci ha concesso l’utilizzo del Cine Teatro "Mino Blunda", in cui si è svolto il corso per adolescenti con ragazzi dai 14 ai 16 anni, ci sarà un piccolo saggio il 15 luglio con due estratti da ‘La Cantatrice calva’ di Ionesco e ‘Finale di partita’ di Beckett, all’interno dell’Auditorium Regina Pacis, con nove adolescenti del luogo.
A Paceco – continua Massimo Pastore – tra la primavera e l’autunno scorsi abbiamo avuto la bellissima opportunità di aprire anche agli adulti il nostro laboratorio teatrale per un pubblico consapevole, che è stato molto apprezzato, con quattro lezioni rivolte a persone provenienti da ogni parte della provincia.
È stato un tentativo di non rivolgersi sempre e solo a chi vuole fare esperienza di laboratorio teatrale come attore o regista, ma a chi vuole prendere conoscenza degli aspetti stilistici e formali e andare a teatro sapendo che cosa andrà a vedere, a quale corrente appartiene l’autore del testo, o con quale stile recitativo si mette in atto un testo. Abbiamo vissuto un incontro molto bello dedicato al teatro di intrattenimento e teatro d’arte.
Lo avrei voluto fare a Marsala, ma devo ammettere che lì viviamo in una sorta di consapevole e non vittimistico isolamento dal momento che la città dà più attenzione ad altre forme. Il TAM – continua - opera da dodici anni, e non siamo mai stati chiamati né ascoltati».
Il messaggio è chiaro: la ricerca teatrale non è mettere in scena lavori difficili. Quelle furono esagerazioni, provocazioni e forme di ribellione culturale di Carmelo Bene. La ricerca teatrale non ha a che fare con l’astruso o l’incomprensibile. Ricerca è voler individuare la profondità e i significati meno evidenti, e dare la possibilità ai ragazzi di mettersi in contatto con la realtà europea, non municipale.
«Purtroppo – aggiunge Pastore - abbiamo pochi mezzi e non abbiamo mai chiesto contributi né al Comune né alla Regione, per nostra scelta, ma a volte ci chiediamo cosa tutto questo alla fine comporterà. Forse una resa, magari con l’onore delle armi, ma una resa. Purtroppo manca l’attenzione. Diceva Michele Perriera che ‘la cultura non è un servizio che bisogna finanziare con i fondi pubblici. Il teatro è un valore, che dovrebbe essere tenuto sempre ad altissima temperatura, non abbassato in una sorta di bagnomaria insipido’.
Ecco, noi siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto, non ultimo lo spettacolo dal titolo ’Dissipatio’, un laboratorio complesso che aveva una sua visione particolare, non pessimistica; un lavoro sulla speranza, in un tempo in cui questa speranza sembra disperata, e le persone che sono venute a vederlo lo hanno inteso. Si sono commosse e divertite, di fronte ad attori straordinari del mio gruppo storico e anche nuovi, che hanno lavorato senza chiedere un euro a nessuno».
Massimo Pastore tiene a sottolineare che non rinnega nulla di quello che ha fatto, per averlo fatto con l’allegra e la ‘devastante incoscienza’ di chi si è innamorato e appassionato all’idea di un teatro civile, che è un’eredità raccolta assieme a tantissimi altri allievi di Michele Perriera: Claudio Collovà, Gigi Borruso, Enrico Stassi, Giuditta Perriera.
«Tutte persone che con mille difficoltà e tanto coraggio hanno portato avanti questo principio del Teatro, che Michele chiamava delle anime. Un’esperienza delle anime. Io ho cercato di farlo qui a Marsala. Senza troppe illusioni e senza rinnegare nulla.
Di errori ne ho commessi tanti, di valutazione di certo, ma una sola cosa non ho fatto: diventare un opportunista bieco e senza scrupoli».
Un percorso teatrale portato avanti con orgoglio, che tuttavia, trattiene qualche amarezza legata alla mancata valorizzazione da un certo punto in poi di quello che è il Teatro ‘impegnato’. «Non ci ergiamo a faro, a luce divina che illumina il cammino culturale della città – dice Massimo Pastore - siamo una realtà consolidata che ha un suo indirizzo e una sua poetica di intendere il teatro che non è il teatro di intrattenimento, e purtroppo veniamo ignorati.
Mi gratifica molto il fatto che appena usciamo da Marsala riceviamo affetto e apprezzamenti: siamo stati chiamati dall’Ente Luglio Musicale trapanese che ci ha invitati e selezionati e molto probabilmente saremo nella loro stagione autunnale. Ho ottimi contatti con ‘Disiu’, il Festival di Ezio Noto a Caltabellotta e mi fregio dei sentimenti di amicizia e stima molti autori del settore culturale siciliano, tra cui Lorenzo Reina del teatro Andromeda, di Santo Stefano Quisquina.
Noi non facciamo teatro impegnato. Facciamo teatro, punto e basta. Non facciamo intrattenimento. Perché forse non lo sappiamo neanche fare. Siamo identificati con il teatro contemporaneo che fa ricerca e sperimentazione, ma questo non vuol dire che siamo inconsistenti, forse siamo una minoranza, che non significa essere minoritari. Ma la cultura dovrebbe dare la possibilità alle diverse espressioni, anche quelle che non sono nell’alveo della tendenza modaiola televisiva spettacolarizzata».
Uno sfogo, che si conclude con un pensiero definitivo che continuerà a caratterizzare il cammino del TAM in modo indipendente: «Non abbiamo la pretesa di essere seduttivi ma quella di essere non omologabili; e se la cultura non fa questo non ha più senso. Spesso ci arrivano dei ragazzi assetati di conoscenza sulla storia del teatro di cui in questa parte estrema della terra italica non sembra, ahinoi, esserci testimonianza».
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