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La storia (curiosa) delle sarde "allinguate": una versione low cost di un piatto spagnolo

Un piatto che regna sulle tavole siciliane in estate, una versione low cost di una ricca pietanza che ha origini antiche. Quello che c'è da sapere su questo delizioso secondo

Sara Abello
Giornalista
  • 28 giugno 2022

Le sarde a linguata

Se pensate all’estate e alle “accaldate” tavole siciliane sono tante le cose che vengono in mente. Aloni rossastri di anguria colata, il suono del caffè che viene shackerato per diventare granitina dentro il classico contenitore tupperware, trasparente sotto e colorato sopra, l’odore delle melanzane a cotoletta che sono «megghiu ri na fiedda i cairni» sparso per casa ma anche per tutto il resto del quartiere.

Eppure se penso ad un altro piatto tipico sempre un po’ bistrattato ma che regna sulle nostre tavole, da un punto all’altro dell’isola, mi vengono in mente le sarde a linguata (o allinguate), e a voi?

A Bagheria e nei dintorni, considerata l’ubicazione sulla costa, le frazioni marinare che con la pesca e la lavorazione, l’essiccazione, la salatura e la conservazione del pescato hanno costituito quella che è una componente essenziale della nostra economia, questa è una ricetta più che diffusa.
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Ovviamente le sarde a linguata sono un piatto tipicamente estivo perché è proprio a partire dalla primavera e per tutta l’estate che questi pesciolini si fanno più grassocci e saporiti. Del resto data la fatica della preparazione di questa pietanza ne deve quanto meno valer la pena! Per capire l’origine di questo piatto bisogna andare un bel po’ indietro nel tempo.

Innanzitutto considerate che il pesce azzurro, rispetto ad altre varietà, era più economico, oggi non si può comprare neanche quello... per cui pensando alle famiglie numerose del passato che non avevano grandi possibilità economiche, portare questa versione low cost di un piatto che invece ha tante declinazioni più ricche come le sarde a beccafico o la pasta con sugo, sarde, finocchietto e mollica atturrata, rappresentava una vera e propria salvezza.

Il pesce azzurro ha vita breve, per cui la marinatura con l’aceto di questa preparazione serve ad eliminare il cattivo odore. Del resto i siciliani sono un popolo tendenzialmente capace di “cadere in piedi”.

Siamo la patria della pasta con le sarde a mare (senza sarde) e già questo basterebbe… ma ricordate la scena di “Baaria” in cui mettono sul padellino dei pezzetti di grasso a cuocere per simulare l’odore della carne e far credere ai vicini chissà quale pietanzona fosse in preparazione? Siamo anche bravi a simulare, perché del resto “leccarsi la sarda” è un’arte non da tutti.

Da sempre le furberie in cucina hanno aiutato e l’arte di arrangiarsi ha anche dato vita a ricette inaspettatamente buone come questa. Sull’origine del nome delle sarde "a linguata" ci sono più ipotesi, oltre a quella dovuta alla loro forma che sembra proprio quella di una lingua, c’è poi la “variante spagnola”.

Parrebbe infatti che tutto sia iniziato all’epoca del dominio spagnolo, quando sulle tavole dei ricchi arrivavano le lenguados, le prelibate sogliole per intenderci, mentre sui piatti di tutti gli altri comuni mortali giungeva la loro imitazione, a basso costo.

Effettivamente se pensate alla forma del filetto di sogliola, con la sua codina che sbuca, ricorda molto le sarde a linguata che sono una loro mini rivisitazione. In pratica mangiavano una cosa immaginandone un’altra, alla quale hanno pure dato anche un nome evocativo. Il potere delle illusioni.

Ma in concreto, come si preparano? Ve lo spiego io. Innanzitutto le sarde vanno aperte a libro, diliscate e lavate, per i più finuliddi come me potete farlo fare al vostro pescivendolo di fiducia direttamente, nessuno pretende sappiate o vogliate farlo, anche se ho scoperto l’esistenza di tutorial su tutto, persino la pulizia dei pesci.

Lasciate le sarde a macerare in un contenitore con l’aceto per un’oretta, il liquido dovrebbe coprire le sarde, poi la quantità d’aceto è una di quelle cose che va un po’ a sentimento e a gusto.

A questo punto le sarde vanno asciugate ma c’è chi prima le sciacqua perché non ama quell’effetto troppo pungente dato dall’aceto eccessivo. Ora si infarina con farina di rimacino, se le volete più “croccantose” e si frigge poggiando le sarde su carta assorbente per “assuppare” l’olio in eccesso.

Salatele una volta cotte così da non uccidere la loro croccantezza. La morte loro ovviamente le vorrebbe mangiate calde, ore dopo si gustano lo stesso, per carità, ma l’olio depositato al fondo e assuppato dalle sarde stesse le renderà più mollicce.

Spero che con il racconto di oggi vi siate leccati i baffi e mi raccomando: non inebriatevi troppo con l’odore dell’aceto che evapora e si propaga per la stanza.

Ingredienti:
– 1 kg di sarde
– aceto di vino bianco a sentimento
– farina (mia madre usava quella di rimacino che dà un effetto più “croccantoso” al piatto)
– sale
– olio per friggere
– limone da spremere sopra a gusto personale
– rotoloni di carta da cucina assorbente.
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