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La storia (infinita) di Drasy e Punta bianca: perché la neo riserva è ancora in pericolo

Vi raccontiamo di una vicenda complessa (e irrisolta) che riguarda l'area di Drasy, per 50 anni sede del poligono militare

Livio Cavaleri
Redattore editoriale
  • 5 giugno 2023

Una vista di Punta Bianca - foto di Valerio Li Puma

C’è un luogo a Punta bianca, un luogo chiamato Drasy. Secondo la diceria popolare, il nome deriva da trasi, «entra», perché nella zona transitava il flusso migratorio degli uccelli.

Qui i cacciatori hanno sparato per anni, finché altri tiratori, in possesso di calibri ben più grandi, hanno occupato questo luogo (sparando, pure loro, nel mezzo delle stagioni migratorie). Drasy, da 50 anni almeno, per 8 mesi su 12 , è sede di un poligono militare. Lo è ancora.

Benché non si spari più da marzo 2022, l’ultima ordinanza della Capitaneria di Porto Empedocle è recente, datata fine dicembre dello scorso anno, e ha previsto esercitazioni per l’intero primo semestre dell’anno corrente, fino a pochi giorni fa.

L’ordinanza pone, come premessa, la necessità di «disciplinare il regolare svolgimento dell’attività per la tutela della pubblica incolumità, della sicurezza della navigazione, nonché ai fini della salvaguardia ambientale».
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Al pari delle versioni precedenti, il documento riporta gli strumenti a disposizione delle forze in addestramento: armi da fuoco portatili e di reparto, sistemi di arma c/c, cannoni da 105/51, 105/52 e 25 millimetri, bombe a mano. Attraverso questo arsenale, quindi, la Capitaneria, e l’Esercito soprattutto, hanno disciplinato, fin qui, la «salvaguardia ambientale».

Ma tutto ciò riguarderebbe il passato. Secondo le voci della stampa nazionale delle ultime due settimane, la controversa presenza dell’Esercito a Punta bianca sarebbe giunta al termine.

«Storica vittoria ambientalista», ha scritto qualcuno; «stop alle esercitazioni»; «la riserva è salva». Di fatto, l’Esercito italiano, o più precisamente il Ministero della difesa, ha individuato una nuova area per sparare.

La vicenda, tuttavia, è complessa e, soprattutto, irrisolta. Lo scorso 14 aprile è stato siglato a Sperlinga un «accordo di collaborazione» tra il Ministero della difesa e tre comuni: la stessa Sperlinga, un altro comune ennese, Nicosia, e Gangi (Palermo).

Proprio nell’area compresa tra le città, è scritto nell’accordo quadro, l’Esercito italiano ha manifestato «l’esigenza (sic) di costituire un hub logistico addestrativo […] per lo svolgimento di attività logistiche ed esercitazioni tattiche militari in bianco e a fuoco».

Si legge inoltre: «I rappresentanti dei Comuni […], nella figura dei sindaci, hanno manifestato l’impellente esigenza (sic) di contare sulla costante presenza di truppe in addestramento, al fine di migliorare le condizioni economico-finanziarie dei territori amministrati e garantire, ai fini della sicurezza, una maggiore presenza dello Stato».

«Le parti» ancora «riconoscono il carattere strategico della reciproca collaborazione».

Il sindaco di Gangi, Giuseppe Ferrarello, ha sottoscritto insieme ai suoi colleghi l’accordo. Al telefono, ha dichiarato: «Fino al 1985, i militari erano una presenza costante in quest’area. I bambini ne erano contenti. I militari possono garantire una maggiore salvaguardia del territorio contro il rischio d’incendi e contribuire alla realizzazione di un indotto economico».

Tuttavia Drasy, l’area tuttora concessa all’Esercito (e nella quale si sono esercitati anche Polizia e Carabinieri), racconta una storia differente da quella prospettata dal sindaco Ferrarello, dai suoi colleghi e dal generale Scardino, a capo del comando Sicilia e rappresentante della Difesa nella sottoscrizione dell’accordo.

L’estate scorsa, Mareamico, associazione ambientalista di Agrigento, insieme all’organizzazione gemella Marevivo, spediva una lettera alle autorità locali. Nel documento, i firmatari ricordavano di aver richiesto e ottenuto, in passato, l’intervento della Commissione parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito.

I commissari, all’epoca, avevano escluso la presenza di sostanze radioattive ma raccomandavano la bonifica del mare di Drasy per via delle ogive, le parti anteriori dei proiettili, e di altri tipi di munizioni abbandonati in acqua dai militari.

Da allora, nessun intervento è stato realizzato. Perdipiù, il Nucleo anticrimine natura dei Carabinieri, da mesi, indaga sul possibile inquinamento di suolo. Lo scorso novembre, il colonnello Vincenzo Castronovo, a capo del reparto, dichiarava che le indagini erano a un punto cruciale e per questo coperte dal segreto istruttorio.

Pochi giorni fa, lo stesso ufficio ribadiva: «Non possiamo dare notizie in merito al procedimento in corso».

Antonio Mazzeo, insegnante e saggista, ha ricordato sul suo blog come le misurazioni dell’Arpa a Punta bianca, nel tempo, abbiano riportato una presenza di metalli pesanti talvolta al limite dei livelli consentiti.

Di conseguenza, l’Agenzia per la protezione ambientale aveva sconsigliato di sottoporre il terreno a ulteriori rischi. Eppure, nell’ultimo Annuario dei dati ambientali di Arpa Sicilia, edizione 2022, non c’è alcun riferimento a Punta bianca né a Drasy. In ogni caso, l’Esercito e gli altri reparti hanno continuato a sparare, fino a marzo 2022.

Tornando a oggi, nel nuovo accordo tra il Ministero e i tre comuni, l’Esercito «s’impegna al rispetto della normativa ambientale e di sicurezza vigente».

Vuol dire che i fatti denunciati a Drasy non si ripeteranno nell’area di Sperlinga-Nicosia-Gangi? E cosa dire del Sito d’interesse comunitario a ridosso del quale sorgerebbe il nuovo poligono, a quali rischi sarà sottoposto?

È ancora il sindaco Ferrarello a commentare: «Sono un uomo dello Stato e devo credere al Ministero». «Non posso credere» continua «a ciò che un comandante avrebbe fatto in un’altra zona in un altro momento, né posso credere a Google. Non posso avere preconcetti né dubbi su Carabinieri e Polizia. Se non mi fido dello Stato, siamo a mare; non posso parlare con i sé e con i forse».

E conclude: «Sarò lì a controllare. Se si verificheranno fatti come quelli denunciati da Mareamico, sarò il primo a intervenire e a bloccare tutto».

Quale che sia la sorte della nuova area, Punta bianca è davvero fuori pericolo? (E se pure lo fosse, si tratta di vittoria ambientalista quando il pericolo si sposta dal proprio cortile a quello di qualcun altro?).

Alcuni elementi suggeriscono che la vicenda non è affatto risolta. A giugno dello scorso anno, la Regione Sicilia emanava il decreto istitutivo della «Riserva naturale orientata di Punta bianca, Monte Grande e Scoglio Patella».

Tuttavia Drasy, che appartiene a Punta bianca, non fa parte dell’area protetta: l’istituzione della riserva non contempla l’area del poligono.

Secondo Claudio Lombardo, presidente di Mareamico, escludere Drasy dal perimetro di Punta bianca era l’unico modo per realizzare la riserva, benché questo non impedirà, in futuro, di presentare una richiesta di riperimetrazione, affinché anche l’area del poligono rientri nella zona naturalistica.

Anche Antonio Mazzeo, qualche mese fa, aveva commentato la perimetrazione della riserva: «Rispetto al disegno iniziale, il suo perimetro è stato ridotto di almeno due terzi. Lasciando fuori Drasy, la Regione ha di fatto legittimato la presenza del poligono. È molto grave».

Inoltre Punta bianca non è riserva a tutti gli effetti, non ancora. Dopo il decreto istitutivo, la Regione avrebbe dovuto assegnare la gestione dell’area a un ente e realizzare un piano di utilizzo. Con le dimissioni della presidenza e il cambio di amministrazione, invece, Punta bianca è rimasta riserva solo sulla carta.

«Manca il decreto di affidamento e il regolamento delle attività, le norme di attuazione, cosa si può fare e cosa no» spiega Claudio Lombardo.

«È un fatto burocratico, ma non è possibile fare una previsione dei tempi necessari». Un secondo argomento avvalora la possibilità che l’Esercito torni a sparare a Drasy. È Mazzeo a osservare: «Non è scritto da nessuna parte che il poligono di Sperlinga-Nicosia-Gangi sia alternativo a Punta bianca. L’Esercito gioca al lascia o raddoppia».

Mazzeo spiega che l’autorizzazione dei poligoni militari, in Sicilia come nel resto d’Italia, spetta, ogni cinque anni, al comitato misto paritetico, composto da esponenti delle forze armate e membri dell’Assemblea e della Giunta regionale. A luglio di questo anno scadrà la concessione di Drasy.

«Spero di sbagliarmi» continua «ma sono convinto che il comitato rinnoverà le autorizzazioni. La Sicilia non ha mai negato un progetto militare nell’isola». E riguardo alla nuova area: «È stata fatta una valutazione dell’impatto ambientale? Cosa pensano i cittadini, è stato aperto un dialogo con loro? E le associazioni ambientaliste? Non esiste in Italia un solo poligono di tiro che non abbia conseguenze ambientali disastrose; lo dice la relazione della Corte dei conti dello scorso anno».

Il sindaco Ferrarello, d’altro canto, ha sottolineato che quanto sottoscritto è un accordo di collaborazione, mentre le dovute autorizzazioni, non ancora richieste, spetteranno agli enti preposti. Nondimeno la posizione di Mazzeo è chiara: «È dagli anni ottanta che l’Esercito progetta un poligono a un passo dal Parco dei Nebrodi. Allora il piano venne bocciato dalle amministrazioni locali e da una grande mobilitazione popolare. Oggi, dopo quarant’anni, quel progetto ritorna. Un ulteriore processo di militarizzazione dell’isola».

Un ultimo elemento dimostrerebbe che la nuova area non sia affatto alternativa a Drasy: secondo le informazioni in possesso di Lombardo, l’Esercito, in aggiunta all’accordo stipulato con i tre comuni, avrebbe chiesto una proroga sulla concessione del poligono.

«Il rischio è molto basso» sostiene il presidente di Mareamico «ma se dovessero tornare, organizzeremo nuovi sit-in. Il comitato di accoglienza è pronto».
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