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Le orge sacre e il "Muzzuni": la festa più antica d'Italia è (solo) in un borgo in Sicilia

Un rito arcaico che in Sicilia si è perso negli anni. La Festa entra nel vivo la notte del 24 giugno, a Mezzestate, dopo che il paese è pronto ad accogliere gli altarini

Daniele Ferrara
Esperto di storia antica
  • 24 giugno 2023

Il 24 giugno è il Mezzestate, una delle festività fondamentali della Ruota dell’Anno: il solstizio d’estate (20-21 Giugno), variamente interpretato come appunto il culmine dell’estate oppure quello dell’inizio, e ciò perché sì, il Sole giunse al massimo della sua luminosità, ma gli effetti sul clima e sulla natura si notano più dopo che prima.

La vigilia è la magica Notte di San Giovanni (Battista), in cui si dice che tutto possa accadere, ideale per incantesimi e divinazioni.

Nel cristianesimo si celebra la memoria del profeta predicatore Giovanni Battista, il quale, curiosamente, sarebbe nato proprio di 24 giugno, proprio come Gesù Cristo di 24 dicembre (in concomitanza del solstizio d’inverno), l’opposto; nonostante si festeggi la sua nascita, i rituali religiosi spesso sono collegati piuttosto alla sua morte per decapitazione.

Nella ritualità stagionale, nel momento in cui la luce diurna trova il suo trionfo con il maggior numero d’ore rispetto a tutto l’anno, si festeggia il benefico influsso solare sulla terra e sulla vita.
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San Giovanni altro non è che il dio stagionale, giunto alla sua piena maturità, traboccante di virilità e nella sua fase di vantaggio rispetto al principio femminile che prevale sovrano in inverno.

Il luogo più caratteristico e magico in cui in Sicilia si può celebrare il solstizio d’estate è Alcara li Fusi, entro il territorio della Città Metropolitana di Messina: là, in un’atmosfera che sembra quella di epoche ben lontane, si festeggia 'u Muzzuni!

La festa dû Muzzuni è straordinaria perché è veramente uno degli ultimi riti rimasti attivi di quella Sicilia arcaica (preistorica, a mio giudizio) persa tra le nebbie del mito, uno di quelli che per essere osservato non dev’essere cercato sotto l’ombra della statua d’un santo.

Si tratta d’un misterioso oggetto che potremmo definire proprio un idoletto, al quale dobbiamo anche fare le più onorevoli riverenze, considerato ch’è riuscito a sopravvivere a 1000 anni almeno di ellenizzazione e ad altri 1700 di cristianità senza essere cancellato o trasformato in altro.

Un tempo i muzzuna si preparavano probabilmente in tutta la Sicilia, tant’è vero che Giuseppe Pitrè ne conosceva la presenza a Caccamo, e ci sono testimonianze anche di altre città, ma oggi l’usanza è rimasta soltanto ad Alcara, una città che rimanda le sue origini a Patrone, venuto in Sicilia con Enea dopo la Guerra di Troia.

Dopo la processione diurna di San Giovanni, in cui la devota cristianità la fa apparentemente da padrona, man mano che cala una sera la cui oscurità è molto lenta a venire, cominciano i veri festeggiamenti, quelli che si ripetono chissà da quanti millennî!

La procedura è precisa e complessa ma vale la pena di riassumerne i momenti salienti. Nei luoghi aperti di Alcara, decorati tutti con tappeti di produzione locale, vengono approntati altarini con varii utensili, un còmpito onorevole che spetta esclusivamente alle donne.

U’ Muzzuni, preparato in casa, viene portato fuori da una ragazza in guisa di sacerdotessa e posto sull’altare, dando inizio all’allegrissimo festeggiamento.

Così in ogni quartiere ove ciò si dispone. Un muzzuni si realizza con un’anfora dal collo mozzo, che viene interamente ricoperta con un drappo di colore intenso, aperto in corrispondenza del foro, all’interno del quale s’inseriscono steli di frumento e orzo germogliati al buio ("lavurelli"), di grano maturo, di garofano e di lavanda (fiori dai significati simbolici), ed è ricoperto di molti gioielli in oro raccolti nel quartiere.

In effetti, a guardarlo, potrebbe sembrare un idoletto, di forma vagamente antropomorfa, simbolica, come quelli che si rinvengono nelle culture che hanno conservati intatti i caratteri più arcaici. Il nome "muzzuni" rimanda all’atto del tagliare: si mozza il capo di San Giovanni, si miete il grano maturo, e infatti mozzo è il collo dell’anfora.

Ecco dove si colloca la simbologia della decapitazione del Battista: San Giovanni forse ricorda la vittima che in tempo remotissimo si sacrificava per propiziare il raccolto, identificata con il dio che muore e rinasce e mietuta proprio come le preziose piante.

Attorno ai muzzuna ruota tutta una serie di ritualità che fanno pensare ad antichissime cerimonie orgiastiche poi addolcitesi con il passare del tempo e con il mutamento religioso.

Nella baldoria che si fa attorno all’altarino con ‘u Muzzuni s’innalzano canti polifonici dedicati ai campi e all’amore – anche licenziosi! – che sono i due temi centrali della festa, peraltro strettamente correlati e intrecciati (la fertilità).

Il 24 giugno effettivamente in molti luoghi è una festa dedicata all’amore e soprattutto nel suo aspetto più sensuale e fisico: in un tempo non lontano ‘u Muzzuni si utilizzava come urna per sorteggiare nuove coppie con nomi di ragazze e ragazzi che così formavano un legame ed eventualmente si fidanzavano.

La Festa dû Muzzuni ad Alcara li Fusi è una vera reliquia delle culture della Sicilia. Festività come questa, descritte sono già belle, molto di più se vissute.

‘U Muzzuni è uno dei tesori rituali di questa nostra amata patria, la cui perpetuazione annuale mantiene sempiterna la forza della nostra identità e, in maniera ieratica, celebra la Mezzestate davanti al mondo, come pochi altri luoghi tuttora fanno.
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