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Anche i poveri a volte mangiano carne

A volte capitava anche a noi di mangiare carne. In genere erano le ricorrenze a giustificare una simile spesa: compleanni, cene, feste comandate o semplicemente la domenica. Poca la varietà di carne da scegliere, si utilizzava soprattutto il maiale, il pollo o ‘a addina, quasi mai il vitello, utilizzato come bestia da soma o da monta, tranne qualche eccezione. Un bel piatto strutturato, importante, la cui preparazione richiede una pazienza di Giobbe è il girello di vitello, o lacerto, preparato con le cipolle in tegame. Buonissimo! Sembra fissaria, ma è lungariuso e bisogna stare molto attenti alla cottura, per evitare che la carne si bruci o si asciughi.

Per cucinarlo a regola d’arte occorrono tre ore, durante le quali la brava fimmina di casa, continuerà i lavori domestici, dimostrando la sua capacità di svolgere più attività contemporaneamente, controllerà i bambini che potano il giardino, strappando i germogli dagli alberi, mentre il cane dissotterra le ossa, che aveva seppellito, a insaputa di tutti, sotto le aiole dei gerani neonati. Nel frattempo il marito sarà nel bar del paese a svolgere le sue abituali funzioni di catalizzatore sociale, dopo la lunga settimana di estenuante lavoro. Si intratterrà con gli avventori sorseggiando un bicchiere di vino e giocando a zicchinetta.

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La prima operazione da eseguire è legare il tocco di carne, qualora non fosse nella rete. Poi lo si fa rosolare in un tegame su un bel letto di cipolle con un po’ di olio d’oliva a fuoco lentissimo e con il coperchio. Per adesso è possibile distrarsi, seguire i nutrichi, buttare fuori il cane pestifero. Quando le cipolle saranno morbide e il sughino si sarà asciugato, bisognerà girare e rigirare il tocco, affinché si formi la crosta, ma senza infilzare la carne. Vi consiglio di approfittare di questo momento per legare i bambini all’albero, perché ora comincia la parte camurrusella. Si aggiunge un bellu bicchiere di vino ‘n pietra, o del Marsala, e si alza la fiamma per far evaporare. Occorrerà un’altra mezz’ora. Fatto ciò si passerà a setaccio il sugo e si taglierà la carne a fette non troppo sottili, ma solo quando è fredda. La salsa va presentata a parte, in una salsiera.

Ognuno si servirà, cospargendo le proprie fette con il delizioso intingolo. La morte del lacerto aggrassato è la compagnia di un bel puré di patate. Non è rigorosamente siciliano, ma ci sta troppo bello! A Trapani il lacerto è cotto con le verdure. Il procedimento è il medesimo fino all’evaporazione del vino. Dopo di ciò, si aggiungono due cuppini di brodo, una carota, una costa di sedano, rosmarino e un po’ di polpa di pomodoro. Si lascia cuocere e infine si estrae la carne. Si addensa il sugo, qualora fosse necessario, lo si passa a setaccio e si riscaldano le fette direttamente nel tegame, prima di portarle a tavola.

Questa versione un sapore meno deciso, essendo stemperato dalle verdure, il contorno ideale deve essere leggero, ma dal sapore più forte. Le carote e le patate bollite e saltate saranno perfette. Il primo? Ma è ovvio, è la mitica pasta con la grattina, un bel piatto di maccheroni freschi e rigorosamente non spezzati, con il sugo della carne e una spolverata di caciocavallo grattugiato. Gli affari migliori e le decisioni più difficili si prendono a tavola. E dopo un pranzo del genere altro che ottimi accordi!

L'Abbinamento

La storia del vitello e più in generale della carne bovina ha radici lontane. Nell’antichità i bovini erano considerati animali sacri, non commestibili, anche se sacrificabili ritualmente ed utilizzabili per il lavoro ed il trasporto. In epoca romana e durante tutto il Medioevo si abbattevano soltanto animali vecchi o inidonei al lavoro, dei quali si consumavano le carni più tenere e le interiora. Soltanto a partire dal XV secolo, la cucina di Corte comincia a considerare con sempre maggiore attenzione la carne bovina; ma è nel corso dell’Ottocento, sotto l’influsso della gastronomia franco-tedesca e di abitudini alimentari importate dall’America, che essa assunse un ruolo centrale nell’economia alimentare del mondo industriale.

Certamente, perché venisse cucinato alla nostra maniera si è dovuto attendere qualche anno ancora, e l’evento ha senz’altro sconvolto il palato dei nascenti intenditori. Così è stato perché nonostante l’assoluta semplicità di esecuzione, o forse proprio per la stessa, il nostro piatto colpisce per la struttura e varietà di elementi gustativi: la succulenza e la tendenza dolce del vitello, l’aromaticità della cipolla, e la mordente piacevolezza delle patate. Con queste caratteristiche, un corretto abbinamento sarà facilmente raggiunto con un vino da uve Syrah, vitigno ampiamente diffuso in tutto il territorio regionale.

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