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Chiudono due teatri privati: la polemica di Assoteatri

  • 5 agosto 2004

I teatri privati palermitani sono in crisi. L’Agricantus è stata la sede scelta dal presidente di Assoteatri (associazione che abbraccia sette teatri privati: Crystal, Orione, Zappalà, Metropolitan, Al Convento, Agricantus e Lelio) Gianni Nanfa e le rappresentanze dei sindacati per discutere su  “La crisi della cultura cittadina e il ruolo dei teatri privati”. A cadere per primi saranno il Crystal e l’Orione, perché già in autunno non riapriranno i battenti per mancanza di fondi. Hanno già perso il lavoro diciotto impiegati e se la situazione di crisi non sarà risolta, altri dodici saranno licenziati entro novembre. «Speriamo che le nostre richieste non restino inascoltate anche stavolta – denuncia Gianni Nanfa, presidente di Assoteatri – sono, infatti, almeno tre anni che chiediamo, ma non otteniamo che silenzio e promesse che, puntualmente, non vengono mantenute. Non c’è una programmazione che comprenda gli artisti siciliani, ma è in continuo aumento la richiesta di compagnie straniere che vengono ad esibirsi qui a Palermo».

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Alla voce di Nanfa, si aggiunge quella di Mario Pupella, del teatro Crystal, che non si vuole dare per vinto e dice che continuerà a lottare anche con i denti, per cercare di non chiudere quest’anno.
A sostenere le richieste di Assoteatri, si sono schierate compatte le rappresentanze dei sindacati e parlano di sprechi nei finanziamenti e di una miope distribuzione dei fondi. Giuseppe Lupo, segretario generale della Cisl, lamenta come per il festino siano state investite “ingenti somme di denaro, a discapito delle realtà locali che restano sempre all’asciutto”. È d’accordo anche Pino Franchina della Uil provinciale che dichiara, senza mezzi termini che: «Il settore della cultura è stato svuotato e riversato nella rubrica grandi eventi. Una città come Palermo che vuole affacciarsi sul Mediterraneo e aprirsi un vaco anche in Europa, deve necessariamente dare più spazio alle nuove leve».

«Ci manca, soprattutto, un interlocutore a cui fare riferimento – continua Gianni Nanfa – Dopo i diversi tentativi andati a vuoto con l’assessore alla Cultura, Puglisi, abbiamo rinunciato e adesso riponiamo le nostre speranze nel sindaco. Quello che ci preme è la realizzazione di una tavola rotonda a cui prendere parte tutti insieme, per discutere le nostre ragioni. Anni fa, eravamo inseriti in bilancio e vorremmo nuovamente ritornarci. Del resto, non siamo alla ricerca di facile assistenzialismo, ma di un contributo per continuare a lavorare e non essere costretti a chiudere uno alla volta». In tutta risposta, l’assessore alla Cultura, Gianni Puglisi afferma che da quando è diventato assessore, spesso viene «scambiato per lo sportello di un bancomat. Conosco i problemi di Assoteatri – continua Gianni Puglisi – ma non c’è ancora un welfare della cultura. Comunque, in autunno sarà pronto un albo speciale delle associazioni, differenziato per categorie, dove potranno iscriversi anche i teatri privati e la distribuzione dei finanziamenti diventerà più ordinata».

Il commissario regionale dell’Agci Sicilia, Rosario Altieri racconta di aver scritto e inviato, il 5 luglio di quest’anno, una lettera al sindaco Diego Cammarata ed all’assessore Gianni Puglisi, in cui dava i dati della situazione di crisi in cui si trovano i teatri privati, ma ha aspettato invano una risposta. A sottolineare ancora l’importanza dei teatri privati è Vito Meccio, dell’Agricantus, che ricorda come diversi nomi di attori e cabarettisti che sono riusciti a farsi conoscere anche a livello nazionale (vedi Ficarra e Picone), siano partiti da qui. «Se cominciano a chiudere i teatri – dice con amarezza – dove andranno ad esibirsi le piccole compagnie o i nuovi talenti? Di certo, non al teatro Massimo o al Biondo. Sarà la fine anche del vivaio di nuove leve». Non ha peli sulla lingua, anche Francesco Cantafia, segretario della Cgil: «Il problema è che sono troppo pochi quelli che hanno la possibilità di gestire la cultura in città. Sono un paio di dignitari che optano sempre per chi arriva da fuori, senza dare spazio alle realtà locali».

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