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Christian Rossi, percorsi emotivi di una pittura interiore

  • 5 marzo 2007

La pittura di Christian Rossi (Verona, 1968) rivela una realtà osservata attraverso un vetro appannato, una realtà quotidiana poetica, tenue, dai colori pastello, fatta di emozioni, di orizzonti infiniti, di “Percorsi emotivi” che traspaiono sotto uno strato sottile di materia. La personale di Rossi, curata da Emilia Valenza alla Galleria dell’Arco (visitabile fino al 10 marzo, dal martedì al sabato 14.00/19.00; via Siracusa 9, Palermo), presenta una selezione di opere recenti realizzate tra il 2006 e il 2007 che ci proiettano in un mondo caratterizzato da un orizzonte infinito, senza limiti. L’artista ha scelto la Sicilia come sua terra d’elezione, come luogo ideale per creare e per contemplare la striscia di mare che separa l’isola dall’Africa, dove, afferma egli stesso, “l’occhio scorre sul mare e non rimbalza; è diverso il confine ed è diverso l’approccio che posso avere con me stesso”. A Sampieri lavora a stretto contatto con gli artisti del “Gruppo di Scicli”: Guccione, Colombo, Sarnari. Sono i maestri del pastello, dei colori tenui, della luce e dei paesaggi mediterranei che sanno contemplare il mare e trasformarlo in emozione sia nella pittura che nel disegno. Rossi fa sue le suggestioni scaturite dalla vicinanza con gli artisti di Scicli e le rielabora, le trasforma in una chiave personale, originale e vera, giocando con la materia e con il disegno. Scompone e ricompone, accumula e seleziona accuratamente, in un suo archivio, i ritagli di giornale, i fogli, i disegni di suo figlio e degli amici, ama che il suo studio venga “contaminato” dalla presenza di altri. Vuole che chiunque passi nella sua vita lasci un segno, o un di-segno, che poi riutilizza come materiale fertile, come materia prima del suo fare creativo. Sembra incredibile infatti che le opere di Rossi, a prima vista astratte, si rivelino così affini alla quotidianità, alla vita di tutti i giorni.

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Afferma Emilia Valenza nel testo in catalogo: “Il procedimento operato è quello del “collage” di natura schwittersiana, ossia della raccolta del frammento vissuto e con valore documentario […] con un fare alchemico il collage diventa pittura, strato per strato, di segni e colori, di materie e pigmenti con l’emozione a fare da collante, il più forte e decisivo”. Per dare vita alle sue opere che non possono, inoltre, definirsi semplice pittura, l’artista utilizza un materiale estremamente sensuale al tatto, morbido, liscio, ma al contempo delicato e fragile: la cera. Con una tecnica particolare, Rossi, piega la materia alle sue esigenze creative trasformandola in una sottile lastra quasi trasparente che cela, in parte, i disegni sottostanti, racchiusi come sottovuoto e protetti quali oggetti preziosi. Scrive ancora Valenza: “L’ultimo strato dei quadri è dunque viscoso, malleabile e trasparente, affinché tutto ciò che è stato assiepato dentro si possa sempre scorgere. Il passaggio a cera contiene un aspetto quasi sacrale, nella ritualità preparatoria della materia che servirà a coprire pezzi della nostra vita, un rito che si rinnova ogni volta che il lavoro di accumulo e deposito è compiuto”. La modalità di riutilizzo del materiale di scarto è quindi essenziale nell’opera di Rossi, che rielabora così la poetica del Nouveau Réalisme di Arman, Rotella e Tinguely.

L’artista afferma: “Quando sto per realizzare un mio lavoro trovo ispirazione nei ritagli di giornale, nei disegni, negli appunti sparsi disordinatamente per terra, solo una porzione di quelli diventerà parte del mio lavoro”. La casualità quindi ha una certa influenza sul risultato finale. Anche se il materiale è selezionato precedentemente, l’opera nasce da un accostamento casuale che ci rimanda ad una poetica surrealista, ad una scrittura automatica formata da fogli e disegni, insomma alla tecnica del collage, del papier collè e più propriamente del Merzbau di Schwitters. E’ il sentimento, l’irrazionalità che guida infatti Rossi nel prediligere una foto piuttosto che un’altra, un disegno piuttosto che un appunto veloce o una bolletta del telefono. Il risultato globale è astratto e incredibilmente affine alle opere dell’artista tedesco Paul Klee. In particolare “Percorsi emotivi, 2005 cm 33x54” ci rimanda alle “Ville fiorentine, 1926” di Klee in cui l’artista descriveva, mescolando segno e colore, le ville della città toscana. Rossi invece utilizza il segno, il collage che dà vita ad un percorso segreto, non più quindi un paesaggio urbano, sebbene astratto, ma un labirinto interiore composto da frammenti accostati come in un mosaico. Il mistero di Klee si trasforma così nell’arte di Christian Rossi in realtà quotidiana, svelandoci che, anche in questa, si può nascondere il sogno, l’idea e la fantasia.

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