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Jamiroquai, il ritorno dello "Space Cowboy"

  • 24 giugno 2006

L’ultima volta che i Jamiroquai vennero a Palermo fu per il famoso tour estivo sponsorizzato da un gestore di telefonia, in un concerto ad ingresso libero al Foro Italico che fece registrare il pienone, con gente che ballava e zompava in spiaggia alla bisonte-maniera, dalla battigia fin quasi sulla strada; senza contare chi, senza far parte della tribù, seguiva a distanza. Adesso, "Dynamite tour", lo spettacolo che prende il nome dall'ultimo disco, in programma domenica 2 luglio, al velodromo "Paolo Borsellino" di Palermo, promette di fare il bis (biglietti 39,10 euro per la tribuna numerata; 29,90 euro per il posto non numerato, inclusi diritti di prevendita; informazioni ai numeri telefonici 899600097 e 89216120).

Già, perché la miscela è semplice ma esplosiva, una musica divertente, acid jazz riveduto e corretto, per ballare, cantare, scatenarsi, ma senza contenuti particolarmente "estremi", se non la filosofia a cui il frontman, Jason "Jay" Kay, dice di ispirarsi, ossia la mescolanza ("jam") con certa spiritualità degli indiani d’America Irochi, da cui il nome Jam-Iroquai. E del resto oltre al grande ritmo trascinante, possiamo anche azzardare l’ipotesi che il "cornuto ragazzotto" – il cantante si presenta con un copricapo da bisonte dalle lunghe corna – non abbia mai avuto velleità di tipo "culturale".
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Almeno in senso stretto, perché d’altra parte è pur vero che Jay Kay & Co. sono in grado di coinvolgere folle colorate, di nome e di fatto. E sono trascorsi quattordici anni da quando Kay ha inciso il primo single "When you gonna learn?" il cui buon risultato lo ha portato a firmare un contratto con la Sony-BMG per un milione di sterline: chissà cosa avranno pensato a questa notizia i Brand New Heavies, band alle cui audizioni il nostro era stato scartato?

Da quel singolo in poi i successi si inseguono, da "Emergy on Planet Earth" all’album "The Return of the Space Cowboy" (1994), certificazione della forte impronta funk-psychedelic del gruppo, fino a "Travelling without moving" (1996) da cui sortiscono due ballatissime hits, "Cosmic Girl" e "Virtual Insanity": il videoclip di quest’ultima vince l’MTV Video Music Award (come miglior video, migliori effetti speciali, migliore cinematografia e video innovativo). Tuttavia il sapore acid-jazz dei primi tre lavori discografici appare molto meno evidente in "Synkronized" del 1999, ed anche nei successivi emerge una spiccata "squilibratura" verso la musica disco – "A Funk Odyssey" (2001) – e quindi il genere più commerciale: ma è anche vero che proprio il primo singolo tratto da quest’ultimo, "Little L", forse proprio perché in grado di abbracciare una fetta più ampia di pubblico, conquista il primo posto nelle charts dei quattro angoli del globo.

Dopo la parentesi del DJ mix album del 2003 registrato per Azuli Records con selezioni da miti del genere funk, soul e black – "The Pointer Sisters", "The Commodores", Johnny Hammond e Marvin Gaye – l’ultima fatica discografica della band inglese è "Dynamite" (2005) che ha raggiunto il terzo posto nelle classifiche della madrepatria, sospinta sull’onda dalla scia filiale dei singles "Feels Just Like It Should", "Seven Days In Sunny June" e "(Don’t) Give Hate A Chance". Ma dopo le dichiarazioni intemperanti avverso la Sony, Jay Kay ha annunciato che il nuovo disco uscirà con la Columbia Records. Nell’attesa, prosegue il "Dynamite tour" che sta portando in tutto il mondo la sua carica di energia vitale ed i suoi balli "elastici". Del resto la musica è cultura in quanto tale, specie se esprime il sentire di una parte rappresentativa della popolazione: e a giudicare dal seguito che riscontrano i concerti di Jamiroquai, c’è da scommettere che almeno la cultura del sano divertimento sia ben rappresentata da questa band: non a caso, dopo il concerto, gli organizzatori promettono di lasciare libero spazio alle danze degli instancabili!

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