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L'incapacità di essere sinceri: i tradimenti in scena al Biondo

  • 27 marzo 2006

Il racconto del quotidiano può facilmente sconfinare nella banalità, se poi è proprio questa banalità ad essere raccontata, il rischio di falcidiare spettatori per noia, a teatro, diventa un problema reale. Questa eventualità però è del tutto da escludere quando il drammaturgo in questione è Harold Pinter, premio Nobel per la letteratura nel 2005. Dell’autore inglese, il Teatro Biondo Stabile di Palermo (in via Roma, 258), presenta, per la stagione in corso, dal 4 al 9 aprile, “Tradimenti”, nella traduzione di Alessandra Serra, la regia di Cesare Lievi, con Laura Marinoni, Massimo Popolizio e Stefano Santospago (una produzione CTB Teatro Stabile di Brescia – Teatro Eliseo). Il testo (“Betrayal” il titolo originale, scritto nel 1978) tratta di una storia banale di infedeltà, raccontata però a partire dalla fine, un dramma borghese, dove sia il matrimonio che l’adulterio sono avvelenati dalle falsità. Questa la storia: Robert è un editore e Jerry, il suo migliore amico, è un agente letterario, nonché l’amante di sua moglie Emma. Quando, dopo sette anni, la relazione extraconiugale arriva alla fine, anche il matrimonio fra Jerry ed Emma vacilla e fra tradimenti alterni entra fatalmente in crisi. Dialoghi sospesi nel tempo, frutto di un viaggio a ritroso nella memoria dei tre protagonisti, frasi spezzate, apparentemente senza senso ma ricche di humour e poesia, ed ecco che dietro il quotidiano così sviscerato, si racconta in tutta la sua drammaticità l’ennesimo tentativo di ricerca della propria identità. Infatti lo spettacolo, incentrato sul tradimento, sulla falsità e sulle apparenze, va oltre la semplice infedeltà ed è lo stesso termine inglese del titolo, betrayal, a rivelarlo. È un inganno nei confronti di sé stessi, è l’incapacità di dimostrare le proprie debolezze, i propri timori. Sono personaggi impegnati in una continua lotta per nascondersi, per fingere, incapaci di rivelarsi con sincerità.
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E la struttura temporale del dramma di Pinter non è un meccanico scorrere del tempo all’indietro, ma esprime, attraverso uno scandagliare continuo di istanti di vita, il tentativo di raccontare l’esistenza di chi invece non è in grado di raccontarsi. Il lavoro, rappresentato per la prima volta al National Theatre di Londra nel novembre del 1978, diventa un film già cinque anni dopo, diretto da David Jones, con Jeremy Irons, Ben Kingsley e Patricia Hodge, con la sceneggiatura dello stesso Pinter. La trasposizione cinematografica, pur nel completo rispetto del copione teatrale, riesce a rendere pienamente, grazie a una catena di flashback accostati con accorta sensibilità, una tragedia dell’assurdo, senza catarsi alcuna. E lo stesso Beckett, amico dell’autore, a proposito dell’ultima scena di "Tradimenti" scrisse a Pinter: «Quell’ultimo sguardo iniziale in ombra, che precede quelli che verranno dopo in piena luce, fa vibrare il cuore». “Tradimenti” appartiene ai "memory plays", le commedie della memoria, opere che segnano un’evoluzione del teatro di Pinter. Il drammaturgo, nato ad Hackney, un sobborgo di Londra, nel 1930, ha scritto decine di testi per il teatro ma anche sceneggiature cinematografiche, poesie e drammi radiofonici e televisivi. Nel suo teatro, il tema di fondo, la nevrosi dell'uomo contemporaneo e l'inadeguatezza di qualsiasi comunicazione, trova espressione grazie ad un uso del linguaggio carico di ambiguità, pause e silenzi di grande effetto teatrale. Sin dagli anni settanta Pinter ha mostrato impegno sui grandi temi d'attualità, impegno che ha caratterizzato poi una fase più "politica" della sua scrittura e si è estrinsecato nel sostegno di associazioni come Amnesty International e il Gruppo 20 giugno, da lui fondato con altri intellettuali, attivo nel campo dei diritti civili. È del febbraio 2005 il suo annuncio di voler abbandonare la scrittura per dedicarsi completamente alla politica. Tornando allo spettacolo, per informazioni e prenotazioni telefonare al botteghino del teatro allo 091.7434341.

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