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L’italian-jazz di Arigliano diverte il pubblico del Brass

  • 6 luglio 2004

Se la musica è intrattenimento allora attenzione merita il concerto che Nicola Arigliano ha tenuto lo scorso martedì 29 giugno per la rassegna estiva del Brass Group di Palermo, "Musiche del nostro tempo". Partendo da "On the sunny side of the street" il crooner di Squinzano, con quel suo tipico italian-swing ha passato in rassegna pietre miliari della musica italiana, dagli anni ’20 agli anni ’60. Segue "Marilù" e l’arzillo ultra-ottantenne incita i suoi all’improvvisazione con il suo grido di battaglia, “Go Men!”, con quella voce particolare e confidenziale, la faccia caratteristica, la battuta sempre pronta: “Salutam’a soreta!”, da spontaneo intrattenitore, portando spontaneamente il pubblico ad accompagnarlo a suon di battimano. Il "Pinguino innamorato", deliziosa e fresca nonostante la sua età, “Voi non c’eravate mica, vostro nonno e vostra nonna si sono incontrati per ballare questa canzone…”. "Buonasera Signorina", di cui dimentica le parole – e non sarà l’unica volta – , "Black Coffee", blues che sul pregevole tocco di Vannucchi accende il ritmo del pubblico.

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E infatti, costituita da un trio di preziosi musicisti, la band lo coccola, pronta a proteggerlo e sorreggerlo nelle sue eventuali defaillance, dovute – si badi bene – non tanto all’età quanto a qualche bicchiere di vino pre-concertistico che lo inebria, e comunque non certo alla sua musicalità, che è e resta quella del ragazzino che si aggirava per Milano con una cesta a custodia di sax e batteria e tanta, tantissima voglia di comunicare attraverso la musica. “Ha improvvisato per noi Antonello Vannucchi al piano, Elio Tatti con l’archetto… Hai dimenticato l’archetto? Le bacchette di Giampaolo Ascolese” è il tormentone con il quale conclude quasi ogni brano della serata, una sorta di esilarante refrain.

Arcangelo Bottiglia, anche qui la divertente ed ironica piéce musicale viene interrotta da una momentanea amnesia, la quale comunque non intacca minimamente la performance con il pubblico che scoppia in un fragoroso applauso. Brevissima "Venti chilometri al giorno", poi "Ogni volta", ironica con quel malizioso ed innocente doppio senso d’altri tempi che lascia in bocca un sapore piccante e nostalgico insieme. Quindi "Avanti Biagio", con il nostro che fa la macchietta e pur dimenticando ancora le parole, non vuol saperne di leggere, nonostante Ascolese gli procuri i testi, e lui: “Ma ti piacciono queste?” chiede, “Ah, si ricorda di suo nonno che gliele cantava!”. Poi "Bombolo", "Ziki paki ziki pu", "Ludovico", (questa la cantavano nel ’20, io non ero nato); brusio in platea, e lui aggiunge: “sono del ’23, 6 dicembre del 1923!”, poi "Baby kiss me", cui segue "But not for me" di Gershwin, prima della quale invita qualche coppia a ballare sulla pedana “Vieni con la tua fidanzata… E pigliatene una!”. E finalmente a raccogliere l’invito del cantante la coppia Manuela e Michele che si produce in un pertinente scambio di passi sulle note gershwiniane.

Quindi altri suoi cavalli di battaglia, "Sixteen tons", l’intramontabile "Maramao", "Amorevole", delicatissima con un filo di voce, la pulsante "The Lady is a Tramp", pungente il solo di Tatti al contrabbasso, repentini gli interventi di Vannucchi, brillanti quelli di Ascolese: compagni pronti e disposti a seguire, assecondare, coprire le sue stravaganze, i primi a divertirsi delle strambe situazioni che vengono via via verificandosi sul palco. Fuori programma il piano solo di Vannucchi, ma il concerto effettivamente termina a ritmo di rumba con "I sing ammore", quindi per il bis "Arrivederci", giusto per salutare un così caloroso pubblico, che però non vuol saperne di lasciare il proprio beniamino e così seguono ancora "My wonderful bambina" e "Questione di tempo", swingato da vero crooner ed improvvisato su richiesta del pubblico e sull’attacco del piano. Tutto basato sul cuore, la simpatia e soprattutto la voglia di cantare e suonare, cantare per il semplice piacere e gusto di farlo: ne discende una vitalità da fare invidia a molti giovincelli che si sentono ormai affermati.

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