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La dolcezza di Ifigenia ristabilisce il regno della ragione

Fra il 1779 e il 1786 Goethe scrive la sua Ifigenia, rifacendosi alla trama di Euripide: Artemide ha rapito Ifigenia portandola nella Tauride, sotto il regno di Toante

  • 23 maggio 2004

Uno spettacolo sul mito di Ifigenia è il prossimo appuntamento previsto dal cartellone del teatro Biondo di Palermo (via Roma 258) dal 25 al 30 maggio. “Ifigenia in Tauride” è il titolo dello spettacolo di Johann Wolfgang Goethe diretto da Jacques Vassalle con Gaia Aprea, Daniele Salvo e con la partecipazione di Massimo Venturiello, scene e costumi Antonio Fiorentino, musiche di Paolo Furlani, luci di Emidio Benezzi, e prodotto dal Teatro Stabile del Veneto “Carlo Goldoni” - Teatro Olimpico di Vicenza e del Teatro dei Due Mari per il IV Ciclo di Spettacoli Classici. Fra il 1779 e il 1786 Goethe scrive la sua Ifigenia, rifacendosi alla trama di Euripide: Artemide ha rapito Ifigenia portandola nella Tauride, sotto il regno di Toante, e l'ha eletta sacerdotessa del suo tempio, dove è costretta a presiedere al sacrificio degli stranieri. Un giorno le vengono portati due giovani appena catturati: sono suo fratello Oreste e il fedele amico Pilade, coi quali lei intende tentare la fuga. Benché nella trama Goethe segua abbastanza fedelmente il testo euripideo, egli se ne distacca per il rilievo dato alla serenità e alla bontà di Ifigenia, dotata di straordinario ascendente sul re Toante che la vorrebbe sua sposa.

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Con Goethe, siamo alla fine del sangue versato e della discesa agli inferi dell’uomo davanti all’uomo. La tragedia si allontana. La prima preoccupazione della sacerdotessa Ifigenia è stata di ottenere dal re Toante la soppressione dei sacrifici umani nel tempio di Artemide. E di fronte alla follia di Oreste, ossessionato dalle Erinni dopo il suo matricidio, di fronte alle oscure insidie del vecchio re Toante, lei vuole solo ristabilire il regno della ragione, della padronanza di sé, del rispetto per la vita. Con lei, Goethe, anche se torna a ribadire i rischi di inumanità degli dei e dei re, celebra anche il potere di superarli. Ifigenia afferma con la sua dolcezza, la sua fragilità e l’inflessibile volontà di una novella Antigone, il potere degli uomini di scegliere il loro destino, di conquistare la loro libertà contro le tenebre della passione e il capriccio degli dei. Con questo lavoro il regista si chiede se Goethe possa ancora oggi essere considerato nostro contemporaneo e di fronte all’ottimismo goethiano, all’interno di un umanesimo che è la vittoria, mai definitivamente acquisita, sull’assurdità tragica delle nostre condizioni umane, pone la sua consapevolezza di artista che sa bene come “leggere, mettere in scena, recitare, non è gestire certezze preventivate ma avere fiducia nell’incognita dei nostri futuri incontri e delle nostre future traversate”.

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