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Le Università siciliane in fondo alla classifica

Nessuna grande novità rispetto alla classifica precedente: troppi abbandoni, neo-laureati che non trovano lavoro e pochi soldi destinati alla ricerca

  • 20 luglio 2011

Un numero troppo alto di matricole che abbandonano gli studi dopo il primo anno, studenti in ritardo con gli esami e laureati fuoricorso, pochi fondi per la ricerca e troppi neolaureati a spasso o in cerca di occupazione. Questi i dati emersi dalla classifica nazionale degli atenei stilata da "Il Sole 24 Ore". Su un totale di 58 università statali, Palermo occupa la 55° posizione, Messina la 49° e Catania la 31°. La Kore di Enna, fra quelle non statali, risulta penultima in classifica.

Nessuna grande novità rispetto alla classifica precedente, del 2009, se non fosse per l'ateneo etneo che sale dal fondo a metà della classifica. Gli stessi criteri utilizzati da "Il Sole 24 Ore" sono quelli del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, con i quali vengono assegnate le quote premiali dei finanziamenti.

Gli studenti che non hanno sostenuto esami nel corso dell'anno accademico 2010/11 sono il 32,1% a Messina, il 27,3% a Palermo, il 20,1% a Catania e il 21,4% ad Enna. Percentuali sconfortanti anche quelle relative alla dispersione, riferendoci in questo modo agli studenti del primo anno che decidono di non proseguire gli studi: a Palermo parliamo di 3 matricole su 10. Pochi i laureati che conseguono il titolo di studio entro il tempo previsto: 5,9% a Palermo, il 6,5% a Catania e il 15,3% a Messina. Dati che confermano che l'università, molto spesso, viene spesso utilizzata come ripiego per sopperire alla mancanza di un impiego. Ma chi prende la laurea, trova poi lavoro? A tre anni dal conseguimento del titolo, a Messina ci riesce solo il 49,6%, a Palermo il 66,9% e a Catania il 74,3%. Altro primato negativo per l'UniPa quello che si riferisce alla spesa in ricerca e alla capacità di attrarre finanziamenti esterni, sia provenienti da enti pubblici sia da privati.

Il rettore dell'Università degli studi di Palermo, Roberto Lagalla, che con il suo piano di rientro ha quasi tappato la falla da 50 milioni di euro, si nasconde dietro il dito: «Non possiamo dire che questa classifica ci conforta, ma vedere un'università come Roma Tre dietro Palermo mi fa pensare sulla capacità di alcuni parametri di misurare realmente la qualità degli atenei. Sono le stesse perplessità che abbiamo portato all'attenzione del Ministero, perché è chiaro che i nostri problemi sono collegati a quelli del territorio. Questo va tenuto in considerazione».

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