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Vi presento Maya, è davvero la fine del mondo

Io nella fine del mondo non ci credo, è da ignoranti. Ma ho deciso di costruire una stanzetta trenta metri sotto il giardino di casa dei miei.

  • 20 dicembre 2012

Io nella fine del mondo non ci credo, è da ignoranti. Ma poi sta cosa dei Maya, senza neanche uno zombie a sgranocchiarmi la pelle liscissima che da anni idrato per l’occasione, proprio non ha senso. Se deve finire, deve finire come dico io. Ci ho pensato spesso. Già me la vedo: mazza da baseball, sangue che schizza, crani che scoppiano sotto i miei fendenti, supermercati saccheggiati, morti viventi da tutte le parti.

Fino al momento in cui, con la popolazione mondiale ridotta a pochi valorosi elementi, tra i quali io, non sacrifico la vita per salvare la mia amata incinta, che ricostruirà una nuova stirpe di uomini, buoni belli e valorosi, usando il mio prezioso seme. Perché a me tutta sta storia dei Maya proprio non mi convince. Non che io sia un esperto, ma cosa dovrebbe succedere esattamente? La fantascienza di genere, quella che siamo abituati a vedere al cinema, almeno ci prova a inventarsi qualcosa di pseudoscientifico per intrattenere gli spettatori. Ma questi Maya? Che gusto ci trovano; senza esplosioni, virus o movimenti intestinali apocalittici? Io di Maya conosco solo la mia attrice preferita, Maya Gold, che in alcune cose anche lei è un po’ uno zombie. Ma questa è un’altra storia e magari vi giro un link a fine chiacchierata.

Da che mondo è mondo, si è sempre parlato della Fine. E adesso il 21 dicembre è vicino. È da poco nelle librerie il libro di Foessel “Apres la fin du monde. Critique de la raison apocalypticque”. Tralasciando l’antipatico francese, lingua capace di comunicare spocchia anche in poche battute - altra storia sono invece le francesi che si sforzano di parlare in italiano, ma non è questa la sede per discutere delle mie fantasie sessuali - l’opera di Foessel fornisce una chiave di lettura interessante del fenomeno apocalisse in chiave sociologico filosofica.

Da una rapida analisi ne apprendiamo che: il concetto di fine del mondo è prettamente occidentale, l’apocalisse è una sorta di democrazia della morte, ha origine nella paura della fine del nostro mondo (l’Occidente). Secondo Foessel la globalizzazione avrebbe tolto al mondo occidentale la sua posizione dominante ed è questa sensazione di fine del “nostro mondo” che andrebbe messa in relazione con le credenze apocalittiche. Quanto al concetto di morte democratica, l’apocalisse che non risparmi nessuno, essa potrebbe essere una sorta di esorcizzazione delle paure dei singoli, sempre più confinati in posizioni individualistiche e passive sul destino di se stessi e del pianeta; un tentativo ingenuo di creare una condivisione, in comunità, dei propri destini.

Destini che, sommersi da una tecnologia cavalcante che percepiscono come avulsa da se stessi, hanno la sensazione di non riuscire a controllare, incapaci persino di immaginarne un futuro. Nella solitudine dell’aridità relazionale odierna, trasformiamo quindi la morte in un motivo di aggregazione che è speranza e paura insieme, speranza di condivisione e terrore di passare da isolati in mezzo a molti a soli per sempre, infelici e spaesati, in mezzo al nulla di un ipotetico inverno nucleare o di una pioggia di asteoridi.

Tornando a me quindi, io alla profezia che ci vorrebbe tutti stecchiti tra qualche giorno, come potete vedere non ci penso proprio. Anche perché, anche volendo, proprio non avrei il tempo per pensare a queste stupidaggini. Sono uno pieno di idee, io. Tra stalking di CV alle aziende, social network e soffitti da fissare, mi resta pochissimo tempo. E non contento, ho pure deciso di costruire una stanzetta trenta metri sotto il giardino di casa dei miei. Un’ottima soluzione per ricavare spazio, altro che soppalchi Ikea. Mia madre dice che sembra un bunker anti atomico, ma io opterei per un termine più preciso, “dispensa”.

Tant’è che vi sono finite dentro tremiladuecentocinquantasei scatolette di fagioli e i centocinquantasei mila chili di cibo che ho convinto mia madre a cucinare e inscatolare per me nell’ultimo anno. Praticamente è stato un affare, ho speso pochissimo. Un container lo trovate di seconda mano sui 5.000, noleggiate una di quelle macchine per scavare, fate una bella fossa rettangolare nel vostro giardino e con 18.000 euro avrete la vostra stanzetta/dispensa sottoterra che potrete addobbare come volete o, se preferite, riempire di cibo o armi o giornaletti porno, a seconda di quali siano i vostri hobby.

Fatevi fare un buon prezzo su una maschera anti gas che, oggi domani un concorso, può sempre servire. Fa un po’ di freddo, ma i cinque maialini dall’intestino esuberante che ho comprato ne fanno abbastanza per ricavare un bel po’ di metano. Non si può mai sapere, bisogna saper fare da soli. Facciamo così. Per ora no che c’è freddo, ma fra un paio di settimane, appena la situazione migliora, esco da qui sotto, vengo a prendervi e vi porto a cena nella mia stanzetta sottoterra; se tutto va bene avrò un bel po’ di avanzi. Ci sarà anche il mio computer, così magari vi presento Maya, la mia ragazza. Lei sì che è la fine del mondo.

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