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“Woyzeck”, il dramma incompiuto secondo Collovà

  • 29 agosto 2005

Dopo la pausa del mese di agosto, il Teatro Garibaldi di Palermo (in via Castrofilippo alla Kalsa) continua la propria stagione teatrale con una prima nazionale, lo spettacolo in cartellone “Woyzeck” di Georg Büchner, regia di Claudio Collovà (curatore anche della traduzione e dell’adattamento, scene e costumi di Mela Dell’Erba, luci di Andrea Narese, musiche di Giacco Pojero e Nino Vetri, lavoro sul movimento di Alessandra Luberti, con Alessandra Luberti, Giuseppe Massa, Simona Malato, Alessandro Mor, Piera Pavanello, Luigi Di Gangi), una produzione dello stesso Teatro Garibaldi insieme con l’Unione dei Teatri d’Europa, la cooperativa teatrale Dioniso e Kals’Art, in scena dal 30 agosto al 6 settembre alle ore 21,00. Il regista palermitano va ad aumentare la folta schiera di coloro i quali sono stati attratti da questa magica opera incompiuta (fra gli altri Giorgio Barberio Corsetti, Bob Wilson, Giancarlo Cobelli), scritta da un ragazzo, George Büchner, di giorno scienziato e la notte poeta visionario, morto ad appena ventiquattro anni nel 1837. Il tragico frammento si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto: a Lipsia, nel 1821, un barbiere dell’esercito, un certo Johann Christian Woyzeck, uccide l’amante a coltellate sostenendo di aver avuto l’ordine e l’arma da misteriosi demoni. Viene subito condannato e decapitato. Qualche anno dopo, nel 1836, il giovane poeta / scienziato, attingendo agli atti di quel processo, scrive il suo dramma, appunto l’incompiuto “Woyzeck”.
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Si tratta di una ballata tragica in 25 scene che l’autore, a causa della sua morte prematura, non ebbe modo di riguardare. Il testo, pur se frammentario, grazie ad un linguaggio nuovo e ricco di tagliente ironia, riesce ad evidenziare l’ineluttabilità di un destino tragico che vede gli uomini precipitare nell’abiezione del delitto senza riuscire a far nulla per fermarsi. Questo testo, per la sua struttura da stationendrama, in cui la violenza e l'intensità aumentano scena dopo scena, quadro dopo quadro, piacque molto anche a Brecht e agli espressionisti. Nell’opera la vicenda diventa questa: il soldato semplice Woyzeck convive con Maria, che però non lo ama e lo tradisce con tutti, nonostante gli abbia dato un figlio. Il soldato finge di non saperlo, ignorando le allusioni dei suoi commilitoni e del capitano. Ma alla fine esplode, accoltella Maria e morirà anch'egli, annegando in uno stagno mentre cerca di cancellare le macchie di sangue che ha sul braccio, dopo aver lasciato il suo cavallo al figlioletto che gioca ignaro in piazza. Nello spettacolo di Collovà, troviamo ripetute coppie di Maria e Woyzeck, significativamente somiglianti; saranno i soli ad essere identificati con un nome e gli unici a non sopravvivere (lei assassinata, lui impiccato nella pubblica piazza), in una comunità rappresentata come un vortice di figure e forze anonime, che appare e scompare, un luogo di morte in cui tutto è già avvenuto e torna a ripetersi in una visione eternizzante.

La comunità dunque quale “forza massificata” – questa è la definizione data da Collovà – oltre che luogo dell’esistenza dell’individuo, una doppia natura chiaramente espressa dalle parole dello stesso Büchner - “mi sentivo come annientato dall’orribile fatalità della storia. Nella natura umana trovo un’uguaglianza terribile, concessa a tutti e a nessuno. Il singolo è soltanto spuma nell’onda, la grandezza un puro caso… Il deve è una maledizione con cui l’uomo è stato battezzato…Cos’è che in noi mente, uccide, ruba?”), della quale parla ingenuamente anche lo stesso misero protagonista. L’elemento che ha dato origine all’idea della “serialità” riportata sulla scena, è frutto peraltro di uno studio del dramma, da parte del regista, articolato in più luoghi (a Stoccarda, Ancona, Palermo e Milano). Un’ultima nota su questo straordinario autore: il “Woyzeck” ("un dramma senza pari, dove questo uomo bistrattato, nella sua giubba di stalliere, è inserito nell'universo, nel contesto infinito degli astri" - così ne parlava Rainer Maria Rilke, commosso, il 9 luglio 1915), non è la sola opera che questi ci ha lasciato. Infatti continuano a godere di messe in scena nel teatro contemporaneo anche altri due suoi lavori, tutti scritti negli ultimi tre anni di vita: “La morte di Danton” e “Leonce e Lena”. Questo il costo del biglietto: 15 euro l’intero, 10 euro il ridotto. Per informazioni e prenotazioni telefonare al numero 091.6114255 o via e-mail teatrogaribaldi@hotmail.com.

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