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Mare, sole e passeggiate (a Palermo): la città come terapia per gli aristocratici europei

Fino ad un secolo fa vi era una terapia basata su fattori legati al clima di un particolare luogo: una di quelle città era proprio Palermo. Ecco le storie di chi è venuto a curarsi

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 15 dicembre 2020

Le Mura delle Cattive a Palermo

Parlare di una città come luogo di cura in tempo di Covid può sembrare assurdo, eppure fino ad un secolo fa vi era una terapia basata su alcuni fattori legati al clima di un particolare luogo: una di quelle città era Palermo.

Il capoluogo, inserito nel Grand Tour, fu anche dal 700 al 900 un centro terapico per intellettuali ed aristocratici europei. Si visitavano le bellezze della città e si curavano malattie polmonari, cardiache, turbe depressive o malattie della pelle.

Il viaggio così da tour di pochi giorni poteva durare anche diversi mesi.

La climatoterapia (dal greco. κλίμα "clima" e ϑεραπεία "cura") era un complesso di azioni terapeutiche basate su tre fattori: clima, mare e raggi solari. A questi ultimi si aggiungeva poi il riposo, il buon cibo ed il risanamento dello spirito attraverso la scoperta dei tesori artistici e storici.

Ippocrate di Kos fu il padre della bioclimatologia medica, aveva studiato gli effetti di questi tre elementi sull’organismo malato o debilitato, intuendo un approccio integrato tra corpo-ambiente/malattia-ambiente.
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Per descrivere in cosa consistevano questi benefici ho chiesto aiuto alla dottoressa Michela Izzo, Biotecnologa: «Analizziamo i tre elementi, che troviamo ben armonizzati a Palermo».

Il primo fattore, mi spiega, è il clima che - non subendo brusche oscillazioni - non provocava uno sforzo per adeguare la temperatura corporea, riducendo così fenomeni di dilatazione e costrizione dei vasi sanguigni, che influenzando la pressione in soggetti deboli, debilitati e malati poteva portare a crisi respiratorie e pericolosi affaticamenti, specie in presenza di basse temperature.

Il sole, inoltre, con i suoi raggi infrarossi ed ultravioletti oltre a favorire il calore corporeo ed il metabolismo cellulare, permetteva la dilatazione dei vasi capillari e l’incremento della preziosa Vitamina D3.

Questa vitamina del sole, aggiunge, è cruciale per la mobilizzazione e deposizione del calcio nelle ossa, il riassorbimento intestinale e la modulazione del sistema immunitario (non è un caso che l’esposizione al sole era uno dei trattamenti alla TBC) migliorando inoltre la funzionalità dell’insulina importante per i diabetici.

La sua azione agiva anche sugli stati depressivi, stimolando endorfine (serotonina e dopamina) e favorendo la produzione di leptina (che attenua lo stimolo della fame) .

«Parlando del mare - aggiunge la dottoressa -, con l’azione del vento e delle onde, si aveva un effetto di aerosolnaturale di sali minerali e ioni evaporati dalle acque, benefico per le vie aree specie se compromesse, la pressione atmosferica marina infine, favoriva una respirazione lenta e profonda, un aumento dell’ossigenazione sanguigna e la diminuzione della frequenza cardiaca, quindi un abbassamento della pressione arteriosa».

Ed è per questi motivi che lo Zar Nicola I nell’ottobre del 1845, a bordo del piroscafo Kamčatka, condusse la Zarina Aleksandra a Palermo insieme alla corte imperiale. Lo Zar rimase per quaranta giorni, la Zarina con la figlia Olga diversi mesi, ospite della principessa Shahoskoy nella villa dell’Olivuzza (non ancora dei Florio).

La Zarina soffriva di "mancanza di respiro", asma, tutti sintomi riconducibili alla TBC, ed era cardiopatica. La scelta del luogo fu presa da due illustri medici della corte, Markous e Mandt, che accompagnarono l’imperatrice nel viaggio; all’arrivo, dopo un consulto, stabilirono che nessuna medicina doveva essere somministrata all’Imperatrice, prescrivendo passeggiate, relax, buon cibo e latte d’asina.

L’Imperatrice beneficiò di questo “trattamento palermitano” riprendendo forze e vigore, mostrando attraverso i suoi sorrisi una ritrovata serenità. Curioso fu l’arrivo a Palermo anche dell’amante dello Zar, Barbara Nelidova, scelta "necessaria" da parte del sovrano, dopo che i medici di San Pietroburgo avevano proibito rapporti sessuali alla Zarina a seguito delle condizioni precarie del cuore.

L’imperatrice con la figlia lascerà Palermo il 16 marzo 1846.

Se questo è uno degli esempi più famosi dell’applicazione della climatoterapia palermitana, dobbiamo ricordare anche la permanenza di Richard Wagner, che proprio nella città terminò la partitura del Parsifal nel 1882. Anche il grande compositore beneficiò della permanenza in città attenuando le crisi di insonnia, la “malinconia notturna” nonché l’erisipela facciale.

Tutti questi benefici, conclude la dottoressa Izzo, «si trovavano nella Palermo fra 700 e 900, la cui conformazione territoriale favoriva un microclima unico, serrato in un vortice di venti che fluivano dal mare ai monti calcarei e viceversa, creando una barriera che difendeva la purezza dell’aria e manteneva un clima temperato costante».

Sicuramente l’amenità e le condizioni sono cambiate nel corso del tempo, si sono modificati i luoghi, l’urbanizzazione selvaggia ha stravolto il territorio favorendo l’ingresso di inquinanti ed allergeni.

Eppure Palermo e la Sicilia continuano ad essere, non solo uno dei posti più ambiti per le vacanze, ma in un certo modo anche un luogo di terapia; lo testimonia Mick Jagger (frontman dei Rolling Stones) che ha scelto come vacanza Marzamemi e che, con i suoi oltre 70 anni ed una pregressa patologia cardiaca, si è andato a riposare nello splendido borgo marinaro.

Una foto lo ritrae vicino al mare con la famiglia in una “seduta climatoterapica” di salute ed estrema bellezza.
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