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Mimì Aguglia, dalla Sicilia a Hollywood: la storia di una (grande) attrice dimenticata

Tutta nervi e passione, cresciuta nei teatri popolari e poi nei caffè concerto, sfidando razzismo e pregiudizi riuscì ad arrivare al dorato cinema d'oltreoceano

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 21 ottobre 2022

Mimì Aguglia

"La signorina Mimì Aguglia è giovanissima. Non ha che vent'anni. Bruna, pallida, sorridente, con i capelli corti tagliati alla nazzarena e un po' scomposti sulla fronte, con due occhi neri e fiammeggianti, offre tutte le attraenti caratteristiche delle fanciulle siciliane”.

Così la rivista milanese "Varietas" celebrava nel 1905 Mimì Aguglia, una ragazza che sino a pochi mesi prima "era completamente ignota, nel mondo del teatro italiano, o meglio - precisava il giornalista e critico teatrale Stanis Manca - era conosciuta in una breve zona, in una penisola dell'arte scenica, cioè fra i frequentatori dei 'cafès-chantants'".

Le foto giovanili di Mimì ci rivelano un’autentica bellezza mediterranea, con i capelli corvini, gli occhi scuri e profondi, un’intensa mimica facciale e un forte magnetismo fisico. Di gran temperamento, Mimì Aguglia si contese con Marianella Bragaglia il titolo di `Duse siciliana’.
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Si esibì fin da bambina in Sicilia e a Napoli, e “prima di diventare una valentissima attrice di prosa, fu rinomata artista di varietà”: questo spiega forse perché gli storici del teatro italiano non se ne siano interessati. Gerolama Aguglia detta Mimì, figlia di Ignazio - direttore di modeste compagnie di varietà - e di Giuseppina Di Lorenzo ( cugina dell’attrice Tina Di Lorenzo) fece il suo debutto a Palermo il 21 dicembre 1884, quando venne al mondo dietro le quinte del teatro di Santa Cecilia, dove la madre stava interpretando Desdemona in "Otello".

Mimì avrebbe trascorso il resto della sua vita sulla scena. A cinque anni - ricorda Stanis Manca - la piccina esordiva in una vecchia operetta drammatica, La Bastiglia, sostenendo la parte d'una bambina rapita che l'elemosina ai passanti, e già strappava molte lacrime all'ingenuo pubblico dei piccoli teatri siciliani.

A sette anni cantava delle canzonette allegre nell'Arena San Giorgio di Palermo, e un anno appresso destava nuova commozione recitando 'così va il mondo, bimba mia', a Mistretta…i genitori pensarono di allontanarla dal teatro e di farne una maestrina. Infatti la mandarono a studiare nelle scuole, qua e là. Ma la nostalgia del palcoscenico era in Mimì così forte che a dodici anni ritornò giuliva alle farse ed alle canzonette".

Il critico di "Varietas" sottolinea le precoci esperienze amorose dell’attrice: "Mimì Aguglia mi ha confessato di essere stata furiosamente amata a dodici anni e di avere, in quell'età infantile, provocato i primi clamorosi rabbuffi di suo padre". A quattordici anni Mimì recitava nella compagnia di Giovanni Grasso, ma si esibiva anche nel canto, nel varietà che chiudeva all’epoca lo spettacolo di prosa.

A quindici anni entusiasmò il pubblico del teatro Machiavelli di Catania come canzonettista. In seguito fu prima attrice della Compagnia dialettale siciliana Nino Martoglio e interpretò al Teatro Biondo di Palermo Malia, di Luigi Capuana. Fu Santuzza nella Cavalleria Rusticana e Mila nella versione siciliana di La Figlia di Joriu (A’ figghia di Joriu).

A causa delle divergenze con Martoglio fondò con Giovanni Grasso la compagnia Grasso-Aguglia, con cui lavorò in lunghe tourneè all’estero. A Parigi e a Londra, Mimì interpretò La figlia di Iorio persino per la famiglia reale.

I critici inglesi apprezzarono la sua interpretazione realistica di eroine meridionali, non nascondendo però i loro pregiudizi nei confronti di certe donne italiane: "Non risparmia nulla nel ritrarre la passione sessuale" e ancora “Giovanni Grasso, Mimì Aguglia, il Signor Lo Turco, e i loro colleghi in una compagnia famosa per il suo ammirabile ensemble, sono riusciti a offrire un’immagine perfettamente intelligibile delle incontrollate passioni primitive [elementari] dei contadini siciliani".

Mimì Aguglia fuggì con il signor Ferrau, amministratore della compagnia e due giorni dopo, con la fede al dito, tornò sulle scene per recitare, ottenendo il solito grande successo. “Mimì Aguglia è un interessante temperamento d’attrice. È giunta alla notorietà improvvisamente…con l’impeto e la bellezza della sua arte originale e selvaggia. Mimì Aguglia è naturalmente siciliana. Ha un viso pieno di grazia e di vita: è un po' piccola di statura; ma così tutta insieme com’è ha l’aria di un delizioso granello di pepe.

Ha fatto le prime armi nei caffè concerto e vi ha guadagnato una diffusa riputazione. Grasso si è ricordato della giovinetta, ebbe fede in lei e andò a prendersela tra le quinte del caffè concerto. Mimì Aguglia tornò al teatro di prosa con una sicurezza e una disinvoltura che le attrici acquistano solo dopo lunghi tirocini…Facilità e sicurezza d’espressione, calore comunicativo, forza e sobrietà...” (Ars et labor, rivista illustrata, 1907).

Nel 1908 Mimì si trasferì con la sua famiglia negli Stati Uniti, dove debuttò l’anno successivo, incarnando tutti gli stereotipi delle donne italiane negli Usa: una passionalità, una sensualità e una fisicità eccessive; una gelosia patologica e una religiosità esasperata.

Nel 1914 recitò a San Francisco, dove il teatro degli immigrati italiani era ancora amatoriale rispetto a quello di New York. Le sue interpretazioni in America furono memorabili e il pubblico accorreva numeroso in teatro: c’era anche gente che non capiva l’italiano ma il fascino di Mimì, i suoi gesti, le espressioni facciali e le eloquenti intonazioni non avevano bisogno di traduzione.

In seguito l’attrice si esibì in tourneè in America Latina e anche lì ebbe grande successo e popolarità, recitando sia in italiano che in spagnolo. Per gli artisti all’epoca il viaggio oltreoceano includeva tutto il continente americano e in particolare le città dove vi erano numerosi immigrati italiani, desiderosi di sentir cantare e parlare nella loro lingua.

La figlia di Mimì, l’attrice Argentina Brunetti, nacque proprio in Argentina. Negli anni Venti, dopo una severa chiusura all’emigrazione di massa, che impedì il ricambio generazionale del pubblico, il teatro degli immigrati conobbe un lungo periodo di crisi e allora Mimì Aguglia fu costretta ad accettare una scrittura cinematografica.

Interpretò una particina in The Last Man on Earth (1924), ma l’esperienza non la convinse. Per un breve periodo tentò di intraprendere la carriera di cantante lirica, aveva una bella voce e sapeva cantare, ma la sua passione autentica era il teatro!

Nel 1932 Mimì allora era di nuovo ad Hollywood, dove recitò nelle versioni spagnole di film americani, ma appena ne ebbe l’occasione tornò in teatro a San Francisco. Nella stagione 1934-35 l’arrivo in teatro di una fascia alta di emigrati italiani, spinse l’attrice ad abbandonare il dialetto a favore dell’italiano e a modificare il suo repertorio.

Nacque così un teatro italiano a San Francisco: contrariamente al teatro di New York, che rimaneva italoamericano e popolare, quello californiano con le scelte di Mimì Aguglia, si configurava come un teatro “italiano all’estero” e non un teatro degli emigrati. Negli anni Quaranta, con la guerra, la grande stagione del teatro italiano s’interruppe. L’attrice decise allora di tornare al cinema, questa volta in pellicole americane di buon livello come The Outlaw (Il mio corpo ti scalderà, 1943), dove interpretò con perfetto accento ispanico e una parrucca di trecce nerissime il ruolo di Guadalupe, una messicana. Nel 1945 Mimì otteneva la cittadinanza americana.

Nel dopoguerra, la parte finale della carriera cinematografica dell’attrice si svolse in un clima diverso, grazie al prestigio conquistato dal cinema italiano e dal neorealismo. Interpretò il personaggio dell’anziana signora italiana Mama Roma, la madre del gangster Roma, braccato dall’implacabile poliziotto Candella (l’italoamericano Victor Mature), in Cry of the City (L’urlo della città, 1948). Mimì apparve inoltre in The Black Hand (letteralmente La mano nera, ma tradotta come La legge del silenzio, 1950) dedicato al noto poliziotto antimafia Joe Petrosino e in alcuni film americani girati in Italia come Deported (Il deportato, 1950) e When in Rome (1952).

Comparve anche nel cast di The Rose Tattoo (La rosa tatuata, 1955), film che Tennessee Williams scrisse per Anna Magnani e che fece vincere all’attrice neorealista l’Oscar: le cose stavano davvero cambiando per gli italiani. Purtroppo però il cinema si offrì a Mimì quando era ormai troppo vecchia per ruoli romantici da diva, tuttavia ella resta la sola attrice teatrale italiana di spicco ad arrivare al cinema hollywoodiano fin dai primi anni Trenta.

La sua bellezza e il suo fascino avrebbero potuto fare di lei una vera star, ma l’America razzista dei primi del Novecento non era ancora pronta a offrire ruoli di rilievo a un’attrice del teatro degli immigrati italiani, con una fisicità sensuale e del tutto mediterranea associata all’idea della maliarda, della “vamp” e non della donna bionda, eterna adolescente, diafana e angelicata che tanto andava di moda e piaceva ai WASP (White Anglo saxon protestant, elitè di bianchi di origine anglossassone e di religione e cultura protestante).

Mimì Aguglia recitò fino ad oltre ottant’anni e si spense negli Stati Uniti per un infarto, dopo una vita lunga e intensa: era il 31 Luglio del 1970.
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