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Non sei in Spagna ma in Sicilia: nella Città Giardino, tra fiori e gradini colorati

Paesaggi mozzafiato, boschi scoloriti e monti scaleni fanno da contorno durante il tragitto. Nella penisola Iberica c'è un comune omonimo ma non lasciatevi ingannare

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 8 dicembre 2025

Il borgo di Alia

"E quindi uscimmo a riveder i fiori. Di Alia, della sua bellezza, incoscienti di entrare dritti nel Paradiso Terrestre”. Colti dalle parole del divin Dante Alighieri (con tanto di storpiatura), la visita odierna ci porta in quel di Alia. Percorsa parte della Palermo-Agrigento, borghi e piccoli comuni sono compagni di viaggio non indifferenti.

Paesaggi mozzafiato, boschi scoloriti e monti scaleni fanno da contorno durante il tragitto. L’ultimo tratto costeggia le colture vivaci e profumate. Sensazioni provate diremmo, e invece scrutiamo qualcosa che alla lunga, potrebbe riservarci piacevoli sorprese. E non lasciamoci ingannare. Da cosa? A partire dal nome. Dall’omonimo comune spagnolo (nella comunità autonoma dell’Estremadura) o nella versione mitologica, il richiamo di Alia, figlia di Ponto e di Talassa e madre di Rodo.

Gli "echi di antichità classica" vengono momentaneamente accantonati, è tempo di visita. Lo spirito d’osservazione, sì, lo stesso che non abbandona le nostre scorribande siciliane, chiede consenso per invadere anima e corpo. I 730 metri di altezza incidono e di parecchio. Il clima cambia vertiginosamente e questo, nell’immaginario collettivo (e personale), porta a vivere ipotetiche “jurnati” invernali (natalizie) “chini” di neve. I rumori dei passi scandiscono un suono “quasi assordante”. Nel mezzo del silenzio evadono, forti della nostra presenza. Cortili e vicoli ci spingono a un’ispezione di verifica.

Raccontano storie "maledettamente" interessanti. Dopo una leggerissima salita, il centro storico non dista così lontano. La Chiesa di San Giuseppe è il primo squillo di una serie di architetture da non perdere. In stile barocco, la statua del santo fu realizzata nel XIX sec. da Rosario Bagnasco. Dietro ai ricchi ornamenti (lo stellario e il rosario) si cela l’amore viscerale dei fedeli. Proseguendo per le vie del centro, la Chiesa di Sant’Anna è motivo "spirituale" e "architettonico" da non perdere (insieme agli archi costruiti di notte dalla famiglia Guccione).

A croce latina, sorge vicina a un capitello votivo. Completata nel 1762 e più volte modificata, ai primi dell’Ottocento fu effettuato un intervento sulla facciata e sul campanile arabo-ispanico. Oggi, oltre al monumento funebre di Benedetto Guccione, si trovano delle opere di straordinaria importanza come l’Immacolata Concezione e Addolorata. Si entra decisi nell’impianto storico. La famiglia Guccione ha rappresentato e rappresenta il fulcro socio-storico del piccolo borgo.

Andiamo per gradi! Magari dopo un primo (forse anche secondo e terzo - segreti culinari) assaggino. Irrompe la scena, con assoluto gradimento, il Bar Perrone. Il più economico d’Italia! Tra dolcetti e… prelibatezze prende corpo la storia di Alia. In epoca islamica, nel feudo di Lalia, nacquero i casali di Yhale, Ottumarrano, Gurfa e Kharse. Nel 1296 inizia "ufficialmente" la vita del piccolo borgo. Tra periodi buoni e meno fiorenti, si passa al 1537 quando, dopo l’acquisizione del feudo da parte di Vincenzo Imbarbara, iniziano gli investimenti nel/sul territorio.

Successivamente, a farlo sono marchesi e baroni, fin quando - nel 1617 (o 1615 secondo alcuni storici) - Donna Francesca Cifuentes (vedova dei Celestri) ottiene da re Filippo III la concessione per colonizzare il feudo. Le insurrezioni del 1820 e 1848 sono ferite aperte che entrano di diritto nella storia siciliana. Nel 1862 Giuseppe Garibaldi pernottò ad Alia.

Invece, fatto tristissimo da cui lo stesso Camilleri trasse il romanzo “La setta degli angeli”, quando l’avvocato Matteo Teresi denunciò i fattacci accaduti tra alcuni preti e donne aliesi. Come la tragedia del ‘46, quando a perdere la vita furono due contadini (Girolamo Scaccia e Giovanni Castiglione) durante una riunione alla Camera del Lavoro. Da Sant’Anna (parte bassa) volgiamo lo sguardo verso l’alto, precisamente a Rabatello. L’antico quartiere nasconde segreti architettonici di notevole importanza.

La passeggiata si divide tra “gradini colorati” e “splendidi ciuriddi”. La zona vecchia di Alia è un tocco di “antica eleganza”. Il quartiere gioca bene le sue carte con il Palazzo Guccione, la Chiesa Madre o Santuario di Santa Maria delle Grazie e il Museo Etno-Antropologico. I primi due edifici racchiudono stili che regalano tocchi di classe. Il Palazzo Guccione risalta l'eclettismo di Ernesto Basile. Lo stile Liberty affiora nei suoi motivi primordiali. Le balconate dei due ordini superiori presentano inferriate in ferro fuso a motivi fitomorfi. L’ingresso trionfa con un portale a coronamento in ferro battuto e due capitelli in stile corinzio.

La qualità esagerata delle pareti e dei pavimenti manifesta una gradita nobiltà. I vetri sono policromi e decorati, dove lo stemma della famiglia si rende protagonista indiscusso. A poche decine di metri, nella sua essenza religiosa, spicca uno degli edifici più importanti di Alia: “lu Santuario di li Razie”. Costruito per volontà di Francesca Cifuentes e del figlio Giovan Battista Celestri (1630- 1637), è caratterizzato dalla presenza dei blocchi di roccia arenaria. Nei progetti originari l’edificio doveva sorgere su tre navate. Per mancanza di fondi e l’impossibilità a proseguire i lavori, furono costruiti solo il campanile di sinistra e l’aula di destra.

Solo nel XX secolo (1900 e 1957) la struttura venne ampliata. Caratteristiche che vanno attenzionate e osservate nei minimi dettagli. All’interno sono custodite le opere di Gianbecchina, Totò Bonanno, Genovese e Filippo Quattrocchi. Invece il museo sorge nella Casa Pittà. Rivivere il passato è un passaggio che ci porta a comprendere meglio il cambiamento che l’umanità ha subito nel corso dei secoli. Usciti indenni da cotanta bellezza, chi meglio di noi curiosi non prova a scardinare le ardue difese dell’incantevole Alia con… un assaggino delle “scattate?”. Il languorino nuoce gravemente i nostri pensieri. Questi dolcetti alla mandorla sono buoni. E “quannu l’impastu scatta, sunnu probblemi”. Nell’infinita fragranza dolciaria ci lasciamo andare alla ricerca di nuovi “stimoli architettonici”. Santa Rosalia e li brivaturi vanno accarezzati durante la visita. E non parliamo dei siti archeologici di Cozzo Barbara, Cozzo Solfara e della Gurfa. Di quest’ultima, per non lasciarci coinvolgere totalmente, decidiamo di dedicare un capitolo a parte. Ci concediamo un ultimo spunto di riflessione.

Alia è il borgo della felicità. Di piccoli affetti che ti fanno tornare indietro nel tempo e nella spensieratezza.
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