Odiati perché rubano il lavoro, sporchi e incivili: i migranti della prima ora, cioè noi
Trova le differenze: pochi minuti di racconto vedono l'Italia che discrimina separando l'essere umano in due categorie, "l'uomo civile" e "il barbaro" che parla un'altra lingua
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Lino Del Fra ha vinto il Leone di San Marco alla Mostra internazionale del documentario di Venezia per "Fata Morgana": il documentario del 1962 tratta degli migranti meridionali verso il nord Italia.
Fata Morgana è un treno, il treno degli emigranti che dalle regioni del sud dell'Italia emigrano al nord per cercare una vita migliore e un lavoro. Ma la vita di un emigrante è difficile e l'integrazione è una finta integrazione. La città "dell'uomo civile", respinge l'emigrante oltre le periferie industriali negli slum per terroni, che a Milano chiamano coree.
"Le coree non sono Milano, ma certo sono Italia, non miracolata. Ai margini della città di vetro e cemento, gli emigranti di ieri diventano i coreani di oggi, simili ai profughi che hanno perso una guerra, dicono al centro degli affari".
È interessante l'insistenza sulla contrapposizione tra l'uomo civile e il "terrone", l'incivile, il barbaro che rarefà questa sua condizione solo quando "usa i guanti di gomma per lavare" e si avvia verso quella che viene considerata integrazione attraverso la rinuncia del dialetto, smettendo di gridare e gesticolare, di costruire le case "addosso alle proprie famiglie, ai panni stesi, ai bambini".
La metafora del collirio migliore usato dall'uomo civile per pulire la retina, è una sollecitazione a considerare lo sguardo non solo come funzione fisiologica, meccanica, ma come attività politica che si fa visione di una realtà complessa e stratificata, dalla quale gli occhi non possono essere distolti
Lino, all'anagrafe Pasqualino, Del Fra (1927 - 1997) è stato un regista e sceneggiatore italiano.
Fata Morgana è un treno, il treno degli emigranti che dalle regioni del sud dell'Italia emigrano al nord per cercare una vita migliore e un lavoro. Ma la vita di un emigrante è difficile e l'integrazione è una finta integrazione. La città "dell'uomo civile", respinge l'emigrante oltre le periferie industriali negli slum per terroni, che a Milano chiamano coree.
"Le coree non sono Milano, ma certo sono Italia, non miracolata. Ai margini della città di vetro e cemento, gli emigranti di ieri diventano i coreani di oggi, simili ai profughi che hanno perso una guerra, dicono al centro degli affari".
È interessante l'insistenza sulla contrapposizione tra l'uomo civile e il "terrone", l'incivile, il barbaro che rarefà questa sua condizione solo quando "usa i guanti di gomma per lavare" e si avvia verso quella che viene considerata integrazione attraverso la rinuncia del dialetto, smettendo di gridare e gesticolare, di costruire le case "addosso alle proprie famiglie, ai panni stesi, ai bambini".
La metafora del collirio migliore usato dall'uomo civile per pulire la retina, è una sollecitazione a considerare lo sguardo non solo come funzione fisiologica, meccanica, ma come attività politica che si fa visione di una realtà complessa e stratificata, dalla quale gli occhi non possono essere distolti
Lino, all'anagrafe Pasqualino, Del Fra (1927 - 1997) è stato un regista e sceneggiatore italiano.
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