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Ora non la guardi più solo dai finestrini: la Favorita diventa un "quartiere" di Palermo

Per il parco urbano più grande della città, c'è un piano da 10 milioni di euro che prevede il recupero della parte monumentale, gli agrumeti e una nuova mobilità

Claudia Rizzo
Giornalista e TV producer
  • 26 maggio 2025

Uno dei viali del parco della Favorita oggetto del piano di riqualificazione (foto di Chiara Rizzo)

C’è un parco, a Palermo, che tutti conoscono ma in pochi vivono realmente, e che forse è il più grande paradosso urbano del capoluogo. È la Favorita: trecento ettari di storia e natura, incastonati tra la città e il mare, tra Monte Pellegrino e le strade trafficate che la tagliano in due.

La si attraversa in auto, in scooter, al massimo in bici - quasi sempre di fretta - ma fermarsi, passeggiare, assaporarla davvero è raro.

Perché la Favorita si guarda dai finestrini: è un’idea più che un luogo.

Eppure, da sempre, è decisamente molto di più. Un giardino reale, una riserva agricola, un teatro di caccia e passeggiate aristocratiche. Un paesaggio costruito a immagine e somiglianza del potere borbonico ma anche del desiderio, quasi utopico, di conciliare natura, sperimentazione agricola e svago.

È qui che, alla fine del Settecento, Ferdinando di Borbone - fuggito insieme alla moglie dai moti rivoluzionari di Napoli - decide di ricreare le sue tenute campane, trasformando la “conca di squallore” ai piedi di Monte Pellegrino in una riserva reale ispirata ai grandi parchi europei.

Acquista (o riceve) terreni dai nobili palermitani, spiana cave e depressioni, disegna viali, piazza statue classiche, costruisce fontane, boschetti, labirinti. Fa nascere un parco all’italiana, uno alla francese e uno all’inglese. Pianta agrumi, costruisce una cantina e un caseificio, progetta - con l’architetto Marvuglia - un innovativo acquedotto di dodici chilometri per irrigare il tutto.

Il re ama la caccia, la regina Maria Carolina d’Austria i giardini: la Favorita nasce da entrambi e diventa un insieme straordinario tra Schönbrunn e Caserta, ma a Palermo, pensato per divertire e coltivare, per allevare e stupire.

Una visione - quella costruita dal re - che nel corso dei secoli si è sfilacciata. I boschetti sono stati chiusi, le strade si sono trafficate, i cortigiani sono spariti e sono arrivati i pendolari.

La Favorita è rimasta lì, sospesa tra passato e presente, usata più che vissuta: un paesaggio monumentale e agricolo ridotto a scorciatoia urbana, con cancelli chiusi, percorsi spezzati, architetture dimenticate e agrumeti dismessi.

Oggi, però, dopo decenni di abbandono e frammentazione, quel sogno visionario torna a respirare. Un nuovo piano di fattibilità è stato presentato a Villa Niscemi, rappresentando di fatto il primo passo verso la rigenerazione integrata del parco: un lavoro durato un anno, firmato da un pool di esperti e coordinato dall’agronomo e paesaggista Giuseppe Barbera, che ha messo su carta - anche grazie a rilievi con droni - le mille anime del polmone verde di Palermo.

Un progetto concreto, con fondi già trovati e i primi cantieri in partenza: dieci milioni di euro del Piano operativo PN Metro Plus e Città Medie Sud sono già stati stanziati per la cosiddetta “Favorita monumentale”, quella più carica di storia e architetture.

Qui verranno restaurate e riattivate le quattro torri della Via dell’Acqua (la ciminiera, la torre dorica, la stele egizia con abbeveratoio, la fontana dell’Ercole Farnese), saranno recuperati il grande acquedotto borbonico e il serbatoio nascosto vicino all’ulivo secolare.

A Case Rocca nascerà un punto di accoglienza, mentre i magazzini borbonici - dove un tempo si trovava la cantina reale - diventeranno un hub con coworking, caffetteria, bike sharing e spazi per leggere, riposare, sostare. Tutto alimentato da un sistema energetico autonomo, sostenibile e carbon free.

Torneranno in vita anche gli antichi agrumeti, le saje, le gebbie, il “firriato” che circondava la tenuta.

Le ex scuderie reali, oggi Casa Natura, continueranno ad accogliere uffici e il museo della tradizione contadina, e col tempo ospiteranno anche strutture sportive e didattiche.

«La Favorita è un complesso mosaico paesaggistico di trecento ettari - spiega Giuseppe Barbera - un unicum dal fascino assoluto che può diventare uno dei parchi più belli d’Europa. È anche un’opportunità turistica straordinaria, che i privati dovranno saper cogliere. Penso alla gestione degli agrumeti e dei frutteti urbani, ma anche a investimenti per la promozione. Per farlo, però, sarà necessario costruire un organismo di gestione pubblico-privato, capace di coinvolgere le università, le associazioni, gli enti del terzo settore».

Poi si ferma, sorride appena e conclude con un’affermazione che suona come un impegno: «Questa volta non molliamo. Abbiamo fatto un passo importante: questo sogno non deve finire nel cassetto, esaurendosi con i dieci milioni. Finalmente abbiamo un’idea concreta di ciò che potrà diventare la Favorita. Uno spazio davvero favorito, e questo è fondamentale per il futuro».

A ribadire la portata urbana e sociale del progetto è anche l’assessore alla Rigenerazione Maurizio Carta, che parla della Favorita come del “ventiseiesimo quartiere di Palermo”: «Sarà un quartiere vegetale a tutti gli effetti - racconta - un luogo dove poter passare le giornate, contemplare la natura, fare sport, lavorare, rilassarsi. Il piano che presentiamo oggi è un prototipo, serve a dimostrare che la Favorita può essere vissuta in modo diverso, aperto, condiviso».

Ma per trasformarla davvero in uno spazio vivo, spiega Carta, serve prima di tutto garantire sicurezza e accessibilità: «La Favorita è vissuta, ma in modo implicito, spesso senza il coraggio di utilizzarla davvero - aggiunge - Mancano sicurezza e infrastrutture, per questo stiamo lavorando a mettere in sicurezza i sentieri, attrezzare percorsi per il trekking e la corsa, completare la pista ciclabile. Vogliamo moltiplicare le persone che la abitano, ogni giorno».

Altro obiettivo: ricucire ciò che oggi è spezzato. «Fanno parte del parco la Palazzina Cinese, la Città dei Ragazzi, Villa Niscemi - sottolinea - Oggi sono isole, domani saranno connesse in un unico sistema coerente. La mobilità verrà rivista, e il traffico regolato: da subito limiti di velocità a 30 km/h e in futuro attraversamenti a chiamata e sovrappassi pedonali».

A chiudere il quadro è la voce del sindaco Roberto Lagalla, che sottolinea la svolta concreta impressa dal piano: «Il dato importante - dice - è che abbiamo finalmente un progetto per la riqualificazione della Favorita, che non può più restare un semplice viale di attraversamento tra la città e il suo mare».

Adesso il disegno sembra tracciato. Sta a Palermo decidere se vorrà smettere di attraversarla e iniziare finalmente ad abitarla. Perché la Favorita non è soltanto un parco: è un pezzo di storia sospeso, un atlante vivente della città che avrebbe potuto essere e non è mai stata. È una promessa incompiuta, che oggi sembra avere dei contorni, una direzione, un inizio.

Ma ogni piano ha bisogno di cura, ogni progetto di tempo, ogni sogno di una comunità disposta a crederci. Se è vero che tutto è scritto nero su bianco, nulla è ancora reale: tocca a chi amministra e vive Palermo scegliere se farne un luogo di vita o lasciarlo, ancora una volta, scorrere fuori dal finestrino.
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