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Perché i messinesi sono chiamati mamertini: una storia antica di sangue, soldi e divinità

Questo nome quasi abbraccia le due sponde dello Stretto, collegate da secoli di storia comune. Tutto cominciò nel III secolo a.C., che sembra oggi così lontano

Daniele Ferrara
Esperto di storia antica
  • 22 aprile 2023

Messina

Come mai Messinesi e Peloritani sono chiamati "Mamertini"? Questo nome va quasi a costituire un etnonimo che abbraccia le due sponde dello Stretto, collegate da innumerevoli secoli di storia comune.

Lo si trova in Galati Mamertino e in Oppido Mamertina; lo si trova nel vino Mamertino d’antichissima origine; lo si trova nelle opere propagandistiche messinesi dell’età aurea, e ancor talvolta lo si usa come sinonimo del popolo peloritano. È un’epopea: tutto cominciò nel III secolo a.C., che sembra oggi così lontano.

Gli eserciti sicelioti e in particolare quello siracusano da sempre avevano impiegati mercenarî stranieri, soprattutto osci e in particolare campani, tra i più temuti ed efficienti.

Uno di questi gruppi era venuto direttamente dall’Italia, espulso dalla comunità d’origine per motivi rituali secondo le indicazioni trasmesse dal dio Apollo stesso, al quale era votata, e in Sicilia questi guerrieri avevano offerte le loro braccia a pagamento ad Agatocle, il primo sovrano che la Sicilia unita abbia visto.
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Morto il Re nel 289 a.C., molte compagnie mercenarie si ritrovarono prive d’ingaggio e mal sopportate. Sfiorato un bagno di sangue, i professionisti della guerra furono espulsi da Siracusa con lauto indennizzo e incoraggiati a lasciare la Sicilia, dunque si diressero a Messina, che subiva anch’essa le turbolenze di quel periodo, ove furono accolti benevolmente e forse ingaggiati.

Ciò che accadde da quel momento è incerto: abbiamo una gamma di fonti che va dal dire che i campani fecero strage di uomini prendendo le donne per sé e dunque il governo, al dire che salvarono Messina dalla guerra che incombeva e ricevettero in cambio la cittadinanza.

Credo che si possa considerare una via di mezzo: i militari senza compratori avrebbero appoggiato una fazione cittadina contro un’altra, eliminando fisicamente in una notte i capi nemici e ottenendone i beni e le posizioni politiche. La neonata comunità mista decise di darsi un nuovo nome traendolo da quello d’un nume, ed, essendo stato estratto a sorte Marte (“Mamers”), i cittadini si chiamarono “Μαμερτῖνοι”.

Vista la prevalenza delle fonti avverse, comunque, pensare a un vero golpe è sensato. Messina aveva già goduto d’un’unicità politica, quando nel VI secolo a.C. i suoi potenti sovrani avevano tenuta una strana intelligenza con l’Impero Persiano, ma con la presa del potere dei Mamertini questa differenziazione si acuì drasticamente. La lingua osca ben presto sostituì quella greca nelle iscrizioni e nel conio.

Sebbene si mantenessero e lasciassero agli autoctoni l’agricoltura e le professioni cittadine, il piglio dei nuovi arrivati s’incanalò in una nuova attività economica d’antica memoria: la razzia, la pirateria. I Mamertini costrinsero molte parti della Sicilia a versare tribùti e conquistarono alcune città, tra le quali si possono dedurre: Milazzo, Tripi, Tindari.

Sia la provincia cartaginese che Siracusa – fino ad allora vera capitale della Sicilia – furono messe in difficoltà. Con l’esercito cartaginese alle porte nel 278 a.C., Siracusa chiamò in aiuto il re Pirro dell’Epiro, genero del defunto Agatocle; ma sebbene egli riuscisse a farsi incoronare Re e a guadagnare pressoché tutta l’isola, cacciando i Cartaginesi e confinando i Mamertini a Messina, paradossalmente divenne impopolare e infine fu costretto a tornare in Italia, in guerra contro i Romani.

I mamertini tornarono alla riscossa: riguadagnarono le posizioni perdute e si attestarono in altre, misero un piede anche nel Bruzio alleandosi con appoggio reciproco della ribelle guarnigione romana (campana) di Reggio, attorno al 270 a.C. presero Caulonia e Crotone, finché furono costretti alla ritirata dai Romani.

Nel 265 a.C. Siracusa, di nuovo senza sovrano, decise ch’era il momento di vendicarsi e mandò, comandata da Ierone dell’illustre dinastia dei Dinomenidi, un’armata in territorio mamertino: dapprima i siracusani subirono una sconfitta di misura a Centuripe, poi guadagnarono le piazzeforti occupate e strinsero i Mamertini da Tindari e da Taormina.

La battaglia tra Ierone e il mamertino Chione si svolse sulle rive del Longano – cioè l’odierno Patrì (nonostante il nome si sia ripreso a Castroreale) – e si concluse con una schiacciante vittoria siracusana.

Tale fu l’entità del trionfo da far incoronare Ierone nuovo Re a Siracusa, secondo del suo nome. E tale fu l’entità della sconfitta al Longano che il governo mamertino vide Messina sul punto d’essere conquistata e pertanto decise di chiedere aiuto ai Cartaginesi, che ne approfittarono e procedettero sostanzialmente a una silente occupazione dell’acropoli (forse il Matagrifone, dov’è ora Cristo Re).

Accortisi d’essere caduti nelle fauci d’un alleato troppo potente, i Mamertini segretamente inviarono messi a Roma, affidandosi completamente a quel popolo.

Superata una prima diffidenza dovuta al disprezzo verso i mercenarî osci e soprattutto al rischio di rottura dell’equilibrio geopolitico, prevalse nei romani l’affezione per il comune sangue italico e il timore del predominio punico e si decise di scendere in guerra.

Frattanto, i soldati occupanti furono gettati fuori da Messina, perciò i comandanti di Cartagine si allearono con Ierone II ed ambedue gli eserciti assediarono Messina, l’uno da nord e l’altro da sud.

Le Guerre Puniche erano iniziate. La storiografia maggioritaria tramanda che furono i romani a liberare la Città dall’assedio dopo una tentata conciliazione, ma la tradizione messinese afferma che i soli Mamertini riuscirono a sbaragliare e fugare l’esercito congiunto prima ancor dell’arrivo del console Appio Claudio, forse ispirandosi alle fonti antiromane (come il coevo Filino) che rilevano come piuttosto la rottura dell’assedio fu causata da una ritirata strategica delle truppe nemiche motivata dall’imprevedibilità dello sbarco d’altri contingenti romani.

Comunque andarono le cose, gli eserciti ostili arretrarono e la storia fece il suo corso. A guerra conclusa, Messina sedette al tavolo dei vincitori e conservò la sua indipendenza, rimanendo alleata di Roma. La tradizione messinese assicura addirittura che alla Città fu lasciato il controllo del territorio tra Patti a ovest e Lentini a sud! Qui si conclude l’epica storia degli antichi mamertini.

Da quell’epoca in poi, i messinesi e per estensione gli abitanti di tutte le altre città sorelle sono chiamati, in maniera colta, mamertini: si può dire che questa parola stessa stia ad indicare non più semplicemente quella compagnia mercenaria e il loro breve dominio, ma la civiltà messinese nel complesso e soprattutto nel suo periodo più florido.

Note: Per semplificare ho dovuto preferire alcune versioni ad altre e fare sintesi di punti controversi. Sull’“onestà” dei Mamertini si veda il raro brano del poeta Alfio (forse egli stesso mamertino) riassunto da Festo nel “De uerborum significatu”. Per tutti gli altri eventi narrati, sono tratti da Diodoro e da Plinio. La tradizione messinese fa riferimento al “Privilegio di Appio Claudio”.
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