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Quello che c'era doveva bastare: in Sicilia il primo bagnetto si faceva "n'ta pila i zinco"

È la vita negli anni Quaranta in Sicilia. Sono gli anni di bombardamenti e povertà. I bambini nascevano in casa, c'era la levatrice che sapeva tutto di neonati

Valentina Frinchi
Freelance in comunicazione e spettacolo
  • 12 agosto 2023

È la vita negli anni '40 in Sicilia. Anni di bombardamenti e povertà. I bambini nascevano in casa. Le famiglie era unite e «patriarcali».

Nelle case c'era la mamma, la nonna, la bisnonna e a volte anche la trisavola. C'era l'ostretrica del paese che sapeva tutto, di neonati lei se ne intendeva davvero, veniva definita infatti la «levatrice».

Il primo bagnetto veniva fatto «'nta bagnera» per dirla alla marsalese come apostrofa Francesca La Grutta che di Marsala conosce ogni storia. Il neonato, al mattino, veniva immerso in un tinozzo che a volte poteva essere di legno, altre volte di zinco.

D'inverno, la «bagnina» veniva sistemata nella stanza più calda, quella dove c'era sempre qualcosa che bolliva, la cucina.

Avrete sicuramente sentito dire da qualche anziano parente «io sono nato n'ta pila i zinco». Proprio perchè quello era il primo posto dove veniva trasferito il nascituro appena avrebbe aperto gli occhi alla vita.
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Il sapone era fatto in casa con la «soda caustica», un minerale della famiglia dello «zolfo» detergente. Dei tinozzi di un tempo se ne trovano ancora oggi in qualche casa «vintage» pieni di terra e con qualche fiore dentro per adornare le piante in un terrazzo.

Ma tornando al neonato di 80 anni fa, veniva poi asciugato con un asciugamano di lino bianco, rigorosamente ricamato a "cinquecento" che stava conservato in un baule, la «cascia» in siciliano, dove dentro ci stava tutto il "corredo" sapientemente realizzato dalle donne di casa.

La pelle del bambino era così delicata che il neonato veniva «'ncipriato» in tutto il corpicino da una spolverata di borotalco con un apposito «piumino» che stava ben conservato in una scatola di latta verde scuro.

Era l'ora quindi della «veste». Sia che fosse maschio, sia che fosse femmina, la veste non era altro che un grembiulino dritto senza maniche che copriva fino al pannolino in cotone e che nelle usanze siciliane veniva chiamato «u tunicchio».

Concludeva il rito del «bagnetto del neonato» qualche goccia di «Zagara Zuma», una novità nata a Palermo proprio nel '43.

Di bambini ne nascevano tanti, ma è pur vero che molto spesso i bambini nascevano privi di vita. Allora succedeva che dalle campagne arrivavano nelle famiglie abbienti le «balie», ovvero donne con il latte nel proprio seno in aiuto (dietro compenso) ad altre donne della città che invece latte non ne avevano.

E così tra la «balia» e il «bambino» nasceva un rapporto d'affetto che sarebbe durato fino a grande. Quello che d'importante c'è da ricordare è la «serenità» e il «silenzio» che regnavano nelle case dove era appena nato un bambino.

E dire, che a quei tempi, i bambini erano numerosi.

Lo «scricchiolìo» di una culla o una lenta passeggiata con la carrozzina a ruote giganti determinavano sane radici della crescita di un individuo soprattutto quando quello che c'era, doveva bastare.
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