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Sant'Erasmo non era solo un porticciolo: i binari (scomparsi) della ferrovia di Palermo

Ci sono grandi imprese che hanno scritto la storia di Palermo e che oggi, però, si possono ritrovare solo sui libri. È il caso della ferrovia Palermo-Corleone -San Carlo

Balarm
La redazione
  • 11 febbraio 2021

Il tratto ferroviario di Romagnolo

Ci sono “grandi imprese” che hanno scritto la storia di Palermo e che oggi, però, si possono riscontrare solo sui libri specialistici. Se fossero state protette, in qualche modo, e salvaguardate oggi costituirebbero un grande patrimonio, storico e culturale.

Ma con i "se" e con i "ma" non si va lontano e allora non ci rimane che ripercorrere, con l’aiuto del professore Salvatore Amoroso, ex docente di Teoria e Tecnica della Circolazione alla Facoltà di Ingegneria Civile di Palermo, le tappe di quella che fu la ferrovia a scartamento ridotto Palermo-Corleone - S.Carlo.

Questa è la sua storia.

Dopo i primi passi compiuti nel 1878 presso il Presidente della Provincia di Palermo per la costruzione e l’esercizio per 90 anni di una strada ferrata da Palermo a Corleone, con convenzione del febbraio 1880 venne incaricato l’ingegnere Achille Albanese di effettuare tutti gli studi necessari per la progettazione della linea ferroviaria.
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Dopo l’approvazione del progetto (1883), con decreto reale del 29 agosto 1881 fu costituito il Consorzio per la costruzione della ferrovia Palermo-Corleone.

Ad esso aderirono la Provincia di Palermo e i comuni di Palermo, Corleone, Misilmeri Ogliastro, Marineo, Villafrati, Mezzojuso, Cefalà Diana, Godrano, Baucina e Ciminna, ed ottenne dal Governo la concessione della costruzione e dell’esercizio della strada ferrata progettata.

Con atto del 10 marzo 1883 il Consorzio subconcesse la costruzione e l’esercizio della ferrovia alla società “Narrow Gauge Railway Company of Sicily”, costituita nel 1882 e rappresentata da D. Croll Dalgairns, da Roberto Trewhel-la e diretta da Albanese.

Tale società nasceva come ramo speciale di una società inglese già esistente, la “Imperial Continental Water Corporation”, costituita a Londra nel 1862 e che nel 1881 aveva deliberato di assumere imprese ferroviarie ed altro di natura diversa in Sicilia.

In pratica i rapporti contrattuali con il Consorzio furono giuridicamente intrattenuti dal Trewhella.

La ferrovia Palermo-Corleone era, secondo il progetto approvato, lunga 67 chilometri ma fu costruita per km 66+0,872, perché l’impresa subconcessionaria di Roberto Trewhella cominciò la linea dal km 0,750, cioè dalla sinistra della foce dell’Oreto a S. Erasmo, disattendendo quanto prescritto nel progetto.

Secondo il progetto, infatti, la stazione di Palermo doveva essere collocata al ponte delle Teste, nel fondo dei fratelli Alfano, in corrispondenza dell’incrocio tra Corso dei Mille e via Tiro a Segno.

Si costruì provvisoriamente, con tutti gli impianti necessari, una piccola stazione in contrada S. Erasmo e furono avviate trattative con il Governo per concordare i provvedimenti definitivi in proposito.

L’apertura all’esercizio del tronco Palermo-Villafrati (20 agosto 1886), indusse il Consorzio a sollecitare anche al Ministero la soluzione del problema della stazione del capoluogo palermitano.

Il progetto, corredato del parere favorevole dell’ingegnere Enrico Patti, direttore dell’Ufficio di sorveglianza della linea ferroviaria in costruzione, era stato sottoposto all’esame del Consorzio, che, approvandolo, ormai mostrava di non giudicare più idonea la stazione di S. Erasmo sia perché molto distante dall’abitato sia perché ritenuta non più rispondente alle esigenze ed all’utilità del servizio.

Il Consorzio, addirittura, aveva abbandonato pure l’idea di accettare l’ubicazione prevista nel progetto originario, al Ponte delle Teste.

L’ubicazione vicino alla Stazione centrale della Rete Sicula venne ritenuta la migliore, anche se si riconosceva la necessità di una maggiore spesa, sia per l’allungamento del tracciato e quindi dell’armamento, sia per le conseguenti più costose espropriazioni.

Quella posizione avrebbe consentito una maggiore comodità per i viaggiatori (possibili e comode coincidenze con i treni della rete ordinaria) e una maggiore convenienza per il trasporto delle merci, anche dal punto di vista dell’integrazione col trasporto marittimo, potendo tali merci essere trasbordate sui convogli che raggiungevano il porto attraverso la già esistente ferrovia di circonvallazione.

A quest’ultimo proposito si ventilò pure l’introduzione della terza rotaia per fare giungere al porto i treni a scartamento ridotto ed evitare così il citato trasbordo.

Anche in considerazione del fatto che il previsto prolungamento della linea sino a Sciacca, accogliendo così le pressanti richieste del Comuni interessati, avrebbe fatto crescere la sua importanza economica, l’Impresa e il Consorzio speravano che il maggiore onere derivante dallo spostamento della Stazione potesse essere preso in carico dal governo.

Il Regio Ispettorato Generale delle Strade Ferrate (8 ottobre 1886), organo tecnico del Ministero dei Lavori Pubblici, spense subito tali speranze, non ritenendo possibile assecondare la richiesta del Consorzio.

Per il resto, la costruzione della linea procedeva ed il 20 dicembre 1886 si inaugurò l’intera linea da Palermo a Corleone. Difetti costruttivi ed i conseguenti problemi di esercizio e di sicurezza portarono ben presto alla sospensione del servizio (18 febbraio 1887): erano passati meno di due mesi dall’apertura della linea e solo dopo quasi un anno si rese possibile la ripresa del servizio.

Nonostante i risultati non entusiasmanti, nel 1903 la linea fu prolungata fino a S. Carlo (dove in seguito giun­se un'altra linea proveniente da Castelvetrano), borgata del comune di Contessa Entellina al limite del territorio provinciale di Palermo, in modo da servire le importanti località di Bisacquino, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina.

Le caratteristiche plano-altimetriche delle due sezioni erano simili, ma ben diverse si rivela­rono fin dall'inizio le quantità di traffico: così, mentre sulla Palermo-Corleone si effettuavano quattro coppie di treni misti giornalieri, sulla Corleone-S. Carlo il loro numero scendeva a due.

Le difficoltà finanziarie determinate dal crollo del traffico durante il primo conflitto mondiale richiesero un crescente intervento dello Stato, che, tra il 1918 e il 1922, riscattò la ferrovia e la affidò in gestione alle FS. Sotto la nuova Amministrazione, nel 1931 la linea fu ulteriormente prolungata fino a Burgio, raggiungendo una lunghezza di 113,60 km.

Da qui, la ferrovia avrebbe dovuto discendere nella valle del fiume Verdura per congiun­gersi alla linea litoranea Castelvetrano-Agrigento in corrispondenza del bivio Sciacca. Tuttavia, a causa della mancanza di finanziamenti, i lavori non furono mai avviati.

Dopo i primi tentativi, le iniziative di ammodernamento della ferrovia con l'introduzione negli anni '50 delle automotrici diesel in sostituzione della trazione a vapore, che permisero di ridurre i tempi di percorrenza, furono abbandonate.

Il calo dei traffi­ci portò dapprima (1954) alla chiusura del tratto di penetrazione urbana tra Acqua dei Corsari e Palermo Sant'Erasmo e, il 1° febbraio 1959, all'abbandono dell'intera linea fino a Burgio.

La ferrovia Corleone-San Carlo aggiunse alle 17 esistenti nella Palermo-Corleone, altre 6 tra stazioni e fermate (Censiti (f), Ridocco (f), Campofiorito, Tarucco(f), Contessa Entellina, Bisacquino, Chiusa Sclafani, S. Carlo).

Venne esercitata, normal­mente, con due coppie di treni misti con un tempo di percorrenza di ben 2 ore e una velocità commerciale di circa 19 km/h. Da allora, l’esercizio venne tenuto da un Commissario del Governo.

La Società Siciliana però continuò ad esercitare il breve tratto da Corleone a S. Carlo, oggetto di altra concessione, al fine evidente di ostacolare qualsiasi soluzione all’intricata vicenda.

Per una decina di anni, sebbene materialmente la linea da Palermo a S. Carlo fosse un tutt'uno, regnò questo doppio regime di gestione e paradossalmente sarà la rete minore a gestire i 39 km della Corleone-San Carlo e ad assorbire la rete maggiore che amministrava i 68 km della Palermo-Corleone.

Nel 1891 l’ingegnere Enrico Patti ricevette l’incarico, da parte del Presidente dell’assemblea del Consorzio per la ferrovia Palermo-Corleone, Antonino Di Pisa, di studiare attentamente un progetto circa il sito della stazione definitiva del capoluogo, che si avvicinasse per quanto possibile alla città.

Patti dovette verificare che la nuova stazione e il relativo binario non andassero ad occupare terreni già destinati alla costruzione di un nuovo rione di ampliamento di Palermo, secondo un piano di ingrandimenti già approvato. Tale rione era compreso fra la Via Lincoln, il fiume Oreto, il Corso dei Mille e l’Orto Botanico.

D’altro canto, l’Ufficio Tecnico del Comune si oppose allo spostamento del tracciato della ferrovia e alla conseguente ubicazione della stazione della Palermo-Corleone, per la quale, invece, continuava a sostenere la primitiva previsione tra il fiume Oreto e la via Tiro a Segno con il prospetto su Corso dei Mille.

Il binario, allontanandosi in curva da quello previsto nel primo progetto della ferrovia, avrebbe continuato, secondo una direzione parallela al Corso dei Mille, attraversato a raso, dietro la nuova cortina di case in parte già iniziate, che avrebbero costituito il fronte del Corso.

Muovendosi sul terrapieno della Stazione Centrale della Rete Sicula, sarebbe arrivato alla nuova stazione, situata tra le due nuove strade di Piano regolatore, Rocco Pirri, sulla quale sarebbe stato il prospetto principale, e Rosario Gregorio.

Dei suoi studi e delle conclusioni cui pervenne Patti riferì nella seduta dell’Assemblea del Consorzio dell’11 luglio 1893.

Tutto il percorso da S. Erasmo al nuovo terminale sarebbe stato di km 1,414 di cui 700 metri rientranti nei limiti dell’antico progetto (tra S. Erasmo e il terreno Alfano), e 714 metri fino alla nuova stazione definitiva.

Nel 1905 dal Consorzio venne richiesta all’ingegnere Pernice, addetto alla vigilanza tecnica, una relazione sullo stato del materiale fisso e mobile e sullo andamento dei servizi della Ferrovia Palermo-Corleone.

Fu ovvio che Pernice, che percorse a piedi tutta la linea per verificarne le condizioni, si soffermasse sui problemi del terminale palermitano e rilevasse come la stazione di S. Erasmo «fosse stata costruita in sede provvisoria e in località inadatta planimetricamente ed altimetricamente, sia per la disposizione del piazzale di transito e di deposito, tra il mare ed una via esterna delle più polverose, che lo limita in tutta la sua lunghezza, che per la disposizione ed ampiezza dei fabbricati (….)».

Sarebbero rimasti nell’area di S. Erasmo la rimessa delle locomotive, l’officina meccanica, un magazzino per le merci, il piano caricatore, il rifornitore d’acqua, il recinto per la provvista del carbone e il piccolo fabbricato viaggiatori, nel caso si fosse voluto mantenere S. Erasmo come fermata della linea.

A conforto della relazione Pernice, fu redatta nel 1908 un’altra relazione dall’ingegnere Antonino Nicchi, capo dell’Ufficio tecnico provinciale.

Ancora nel gennaio del 1909 la situazione della stazione di S. Erasmo era ad un livello di degrado tale da richiamare l’attenzione dell’Amministrazione comunale di Palermo, retta in quel periodo dal regio Commissario, Commendatore Gennaro Bladier.

Con una nota del 20 gennaio 1909 questi evidenziava al Presidente del Consorzio per la ferrovia Palermo-Corleone, “lo stato deplorevole in cui versa per la parte edilizia di cotesto Ufficio ferroviario (…)”.

La risposta della Società Anonima per le Ferrovie Siciliane era, secondo lo spirito solito, quello della massima disponibilità e della adesione più totale alla richiesta.

Nonostante la lunga diatriba tra Impresa e Consorzio, la linea Palermo-Corleone continuò ad esercitarsi, anche quando passò sotto la gestione delle Ferrovie dello Stato, senza che nessuna modifica subisse il suo terminale palermitano.

E ciò fino al 1° luglio 1954, data della sua definitiva chiusura all’esercizio.
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