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Se vai a Messina per il Ferragosto lo vedi: chi è "Beato", il Cammellaccio che va a zig zag

L’apparizione e l’attività del Cammellaccio sono molto cambiate nel corso dei secoli, ma esso calca ancora le strade di Messina e ritorna anche dopo lunghi silenzi

Daniele Ferrara
Esperto di storia antica
  • 11 agosto 2023

Il cammellaccio del Ferragosto messinese

Il Ferragosto messinese, una delle feste più sontuose e antiche in Sicilia, oltre al lato solenne e maestoso ne mostra un altro, irriverente e burlesco.

In gran parte, questo è incarnato dal Cammellaccio.

Non sappiamo quanto tempo fa sia comparso per la prima volta questo animale: come se una creatura soprannaturale proveniente direttamente dal regno delle fate, ce lo siamo ritrovato nelle nostre tradizioni e non sappiamo nemmeno quale significato abbia.

Il Cammellaccio è invero un finto cammello, una delle tante "macchine" festive che popolano l’estate messinese, costruito sopra un’intelaiatura e mosso da due robusti portatori all’interno che ne simulano le zampe, realistico nella forma e nel colore, arricchito da colorata gualdrappa.

Originariamente era una vera pelle di cammello conservata mummificata da tempo immemore e poi andata perduta, dacché si ricorse a ricostruzioni artificiali.

Si è sempre detto che questa figura rappresenta il cammello del granconte Ruggero d’Altavilla, del quale si conservava appunto la pelle all’uso egizio in chiese oggi scomparse, o che servisse a sfottere i decaduti riscossori delle tasse dell’Emirato di Sicilia, ma la verità è, che la verità, non è nota.
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L’apparizione e l’attività del Cammellaccio sono molto cambiate nel corso dei secoli, ma esso calca ancόra le strade di Messina: ritorna sempre, anche dopo lunghi silenzî.

Un tempo erano i facchini del Porto a inscenare la "scena abissina" (come la chiama Giuseppe Pitrè), la categoria che più si prestava alle mascherate cittadine di tutto l’anno, come la Tubbajana messinese a Carnevale.

Nell’aria festante del Ferragosto, nell’antica tradizione sguinzagliato giorno 12 che coincideva con l’inizio della festa vera e propria, questo gran cammello fa irruzione selvaggia nelle strade della Nobilissima Città con un’andatura incerta.

Non tira dritto, procede verso un lato e poi verso l’altro, andando quasi a sbattere o a travolgere la folla per poi fermarsi all’ultimo momento, perché è completamente ubriaco ed euforico.

Originariamente il collo del finto animale era cavo e si muoveva e la bocca si poteva aprire e chiudere: in questo modo, facendo irruzione nelle vie della Nobilissima Città, nelle ore diurne, derubava le botteghe delle loro cibarie esposte, ingurgitandole per davvero, e finivano in uno stomaco che altro non era che un sacco che i facchini si spartivano.

Non in maniera casuale si muove il Cammellaccio, ma a ritmo di musica, una melodia vivace e incalzante, giacché è accompagnato da un folto gruppo di gente che gli fa da orchestra e coro.

Questa machina aveva un corteo tutto suo, costituito da “Saraceni”, ovvero personaggi in abiti arabeschi o moreschi che lo accompagnavano, suonando flauti e tamburi e una zampogna, e una misteriosa figura barbuta dall’aspetto di satiro che faceva la questua fustigando gli avari con vesciche di maiale.

C’è sempre stata una particolare aura attorno a questa maschera animale, tanto che gli veniva rivolto l’epiteto di "Beato", che si diceva fosse anche il suo nome.

Cosa si nascondeva dietro questa pantomima?

Oggi il Cammellaccio costituisce un’appendice, o meglio un’avanscoperta, della Passeggiata dei Giganti, procedendo innanzi all’enorme simulacro equestre della dea madre Rea e uscendo soltanto assieme a loro, guidato e accompagnato da gruppi di musica e danza folklorica, ma un ventennio fa era ancόra portato e manovrato dagli stessi ch’erano i portatori dei giganti, in indumenti bianchi con cinture e copricapi rossi.

Ci sono testimonianze sul fatto che il Cammellaccio s’aggirasse attorno alla Vara, forse in Piazza Duomo. Alcune considerazioni personali sul significato di questa mascherata ritengo opportuno farle.

C’è del bacchico: ubriaco, il cammello pare posseduto dall’estasi dionisiaca, forse in qualche modo esso stesso rappresenta il dio Bacco che, per coincidenza, nella forma del suo equivalente arabo Arsu, a Palmira aveva come simbolo il cammello.

C’è anche del patriottico nel Cammellaccio, sul cui dorso entrò in trionfo Ruggero d’Altavilla: esso rappresenta forse Messina, senza la quale, secondo la tradizione, il Granconte non sarebbe mai potuto sbarcare in Sicilia, dunque simboleggerebbe il tacito patto tra la Monarchia e la Città, che legalmente avrebbe potuto spadroneggiare sull’isola come storicamente fece per secoli.

Nonostante tutti i cambiamenti nel suo percorso e nella sua funzione, il ritmato passo a zig zag della nostra machina misteriosa rimane il medesimo e continua ad affascinare generazione dopo generazione.

Ma siamo nel tempo dei recuperi di tradizione e chissà, il corteo dei Saraceni potrebbe presto tornare, insieme ad altre usanze, e il tutto riprendere nuova vitalità.
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