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Sei a Lucca ma si parla siciliano: in un'unica strada puoi spostarti a piedi tra due Comuni

Ogni "pezzo" di strada dell'entroterra siciliano regala un motivo di discussione tra bellezze paesaggistiche, borghi incantevoli e curiosità che puoi trovare solo qui

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 20 dicembre 2023

Lucca sicula

L'entroterra agrigentino è ricco di sfumature. Ogni “pezzo” di strada regala un motivo di discussione tra bellezze paesaggistiche, borghi incantevoli e curiosità siciliane.

Superate le zone di Sciacca e Ribera - toccato con mano il comune di Calamonaci - il verde intenso degli ambienti sicani “aggredisce” intensamente i territori agrigentini. In lontananza, non molta, due paesini diventano i protagonisti indiscussi di una visita silenziosa: Villafranca Sicula e Lucca Sicula.

Sono 2400 i metri che separano i due comuni e, con spensieratezza (quella che spesso manca), è possibile spostarsi anche a piedi. Entrambi, insieme a Castellana Sicula (comune palermitano), fanno parte del ristretto cerchio di toponimi costituiti dalla parola "Sicula".

Adagiata su una collina con cima posta a 513 m., Lucca Sicula apre gli scenari in prossimità della Valle del Verdura.

L’ingresso nella cittadina profuma di antico nonostante le origini "giovani". Seppur gli storici locali abbiano approfondito e studiato gli insediamenti che risalgono al II sec. a.C. (età del bronzo), quello romano (III E IV sec. a.C) e normanno (risalente al 1100-1200), la storia lucchese ha inizio nel 1609.
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Una donna, tal Francesca Perollo, sposò Francesco Lucchese Palli, principe di Campofranco. Successivamente ottennero il titolo di Marchese di Lucca e la licentia populandi (dopo una lunga vicenda ipotecaria). In assenza di prole ed eredi, una volta morto il marito, la moglie dovette affidare il marchesato.

Si giunse fino al 1863 (dopo l’Unità d’Italia) quando il paese prese il nome attuale. Dai 189 abitanti (nel 1623) suddivisi in 48 famiglie oggi, dopo tantissime vicissitudini, la popolazione è composta da circa 1700 unità.

La conoscenza del luogo è arricchita dall’aspetto sociale. È uno dei componenti fondamentali che si toccano durante le passeggiate tra viuzze, case abbandonate, monumenti d’interesse e la Rocca di Lu Tronu.

Sin da subito si avverte un certo feeling, una sorta di appartenenza territoriale tra gli abitanti e il loro territorio. Una custodia gelosa di cui sono fieri eredi. Tra un passo e l’altro si raggiunge il centro storico seicentesco.

È un impianto urbanistico a scacchiera caratterizzato da assi ortogonali. Si coglie perfettamente la perfezione dell’opera.

Improvvisamente l’attenzione viene spezzata dai bambini che giocano a pallone e dagli anziani che raccontano storie vissute.

L’obiettivo si sposta alla visita della Chiesa Madre. Risalente al XVII secolo - a una navata - ha un altare maggiore in stile neoclassico. Rappresenta il centro religioso dell’intera comunità dove i fedeli, quotidianamente, si riversano in massa.

La passeggiata merita un prezioso contributo proveniente dalle campagne circostanti. L'economia locale si concentra soprattutto sulla produzione di olio senza dimenticare i cereali, il sommacco, le mandorle, le pesche, le pere, le albicocche e l’uva. Il territorio rientra nella zona di produzione dell’Arancia di Ribera D.O.P.

Affrontare la salita naturalistica verso "La Rocca di Lu Tronu" non è affatto semplice però, i volenterosi, possono godere di un ampio panorama verso le alte vette dei Monti Sicani.

Basta uno sguardo rivolto verso il basso per accorgersi della presenza di Villafranca Sicula.

Si scende (dipende i punti di vista) sino ai 380 metri per raggiungere il Colle di San Calogero. Non esiste un vero e proprio antagonismo con Lucca Sicula anzi, vogliono entrambi "farsi" conoscere nei profondi dettagli.

Correva l’anno 1499 quando il principe Antonio Alliata fondò la cittadina grazie alla “licentia populandi” (stesso caso accaduto con la vicina Lucca Sicula). Girano voci contrastanti sul nome assegnato.

Tra verità, fonti, testimonianze e leggende, il borgo ha acquisito gli elementi adatti che rappresentano un itinerario storico invidiabile. La famiglia Alliata ha concesso, operato e donato il proprio amore alla città con ricchezze e investimenti mirati.

Il centro storico presentava, un tempo, un forte nucleo cinquecentesco in seguito arricchito da peculiarità barocche. Anche i resti del castello (distrutto dal terremoto del 1968) poggiano su un passato fiorente e splendido.

La manifestazione storico-architettonica è concentrata su alcune opere di notevole interesse. Le vicissitudini hanno lacerato parte di esse come la Chiesa Madre (anch’essa distrutta nel 1968). Di forma basilicale a tre navate - grazie ad alcuni lavori di ristrutturazione - ha riaperto i battenti nel 2008.

Accanto a quest'ultima nonché al Palazzo dei Principi Alliata si erge la Torre dell’Orologio. Questo è "a pendolo" a tre campane di bronzo coniate dalla celebre fonderia Virgadamo di Burgio. Lo sguardo ammaliato rimane sospeso tra un profumino proveniente dalle abitazioni o rimanere "attaccati" alla ricerca delle prossime attrazioni.

Le chiese di San Giuseppe, San Giovanni e Carmine sono forti testimonianze di una fede mai tramontata.

I visitatori attenti possono imbattersi nella "Casina". Un tempo, quando filantropi e benefattori erano i personaggi famosi dei piccoli centri, il barone Giuseppe Antonio Musso fece costruire una villa in campagna. Successivamente lasciò in eredità a "ben" 128 famiglie le sue terre.

Villafranca Sicula ha provato/prova a raccogliere i frutti di un passato glorioso mescolandolo ai colori contemporanei.

I murales realizzati nel 1991 dal pittore villafranchese Giovanni Smeraldi raffigurano la sintesi di un progetto (ampio) socio-turistico che dia smalto al territorio. La mente è pervasa da pensieri/spunti di riflessione di una "camminata" colma di sorprese. Fino all’ultimo passo non esistono vie di mezzo.

Lucca Sicula e Villafranca Sicula e altri borghi agrigentini offrono ai turisti la spensieratezza di un viaggio "poco" caotico.

Luoghi legati alla ruralità dove le tradizioni non hanno mai abbandonato le comunità.
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