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Apatici e privi di gioia per la pandemia: l'emozione del 2021 si chiama "languishing"

Accomuna più o meno tutti e, va precisato, non è la "depressione" in cui purtroppo tante persone (e soprattutto tantissimi giovani) sono sprofondate in questo anno

Balarm
La redazione
  • 27 aprile 2021

Gli effetti di un anno (e passa) di pandemia e dunque di paure, brutte notizie, restrizioni, chiusure, limitazioni, era chiaro che avrebbero avuto delle ripercussioni anche sulla nostra psiche.

Siamo esseri umani. Siamo essere complessi e siamo fragili.

C'è una "emozione", secondo uno studio pubblicato sul New York times, che accomuna e accomunerà più o meno tutti e che, va precisato, non è la "depressione" in cui purtroppo tante persone e soprattutto tantissimi giovani, sono sprofondate in questo anno.

Parliamo di altro per quanto ci si avvicini e lo rimarchiamo perchè va prestata molta attenzione quando si toccano certi argomenti e soprattutto vanno fatto le dovute distinzioni prestando attenzione e cura e rispetto delle singole situazioni e persone.

Fatta questa piccola ma per noi importante premessa, torniamo all'articolo pubblicato sul New York Times da Adam Grant, psicologo alla University of Pennsylvania e autore del libro Think Again: The Power of Knowing What You Don’t Know, che scrive che e a questa condizione o meglio, emozione, cui è stato dato un nome: "languishing".
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In italiano potremmo tradurlo con "languire". È un senso di vuoto, di stagnazione, simile all'apatia che ricordiamo viene dal greco a-pathos, letteralmente "senza passione", dunque senza emozione.

Grant spiega che all'inizio non ha riconosciuto i sintomi comuni a lui e ai suoi amici, colleghi, familiari, legati anche a problemi di concentrazione, "Non era esaurimento - scrive - avevamo ancora energia. Non era depressione, non ci sentivamo senza speranza. Ci sentivamo solo un po' senza gioia e senza meta.

Ti senti confuso tra i giorni, come se guardassi la tua vita da un finestrino appannato - scrive -. Non hai sintomi di disagi psichici, ma non sei neanche il ritratto della salute mentale. Non funzioni al massimo delle tue capacità. È l'assenza di benessere. Il ‘languishing’ spegne la tua motivazione e distrugge la tua capacità di concentrarti".

Si è scoperto che c'è un nome per questo: languore.

Mentre gli scienziati e i medici lavorano per trattare e curare i sintomi fisici del Covid a lungo termine, molte persone stanno lottando con il lungo termine emotivo della pandemia. Nel tentativo di difenderci dal Covid e dalla paura abbiamo probabilmnete sviluppato delle routine che hanno alleviato il tuo senso di paura. Ma la pandemia si è trascinata, e lo stato acuto di angoscia ha lasciato il posto a una condizione cronica di languore.

"Il languore non ti fa funzionare a pieno regime. Smorza la tua motivazione, disturba la tua capacità di concentrazione e triplica le probabilità che tu riduca il lavoro. Sembra essere più comune della depressione maggiore - e in qualche modo può essere un fattore di rischio maggiore per la malattia mentale".

Il termine è stato coniato da un sociologo di nome Corey Keyes, che è stato colpito dal fatto che molte persone che non erano depresse non stavano nemmeno andando avanti, "prosperando".

Secondo la sua ricerca le persone più propense a sperimentare in futuro la depressione e i disturbi d'ansia nel prossimo decennio sono le persone che stanno languendo in questo momento.

E, non è un caso, che non ci si accorga di stare scivolando lentamente nella solitudine; si è indifferenti alla propria indifferenza. "Quando non riesci a vedere la tua sofferenza, non cerchi aiuto e nemmeno fai molto per aiutarti. Anche se non stai languendo, probabilmente conosci persone che lo stanno facendo. Capirlo meglio può aiutarti ad aiutarle".

Grant continua scrivendo che abbiamo ancora molto da imparare su cosa causa il languore e su come curarlo, ma «dargli un nome potrebbe essere un primo passo. Potrebbe aiutarci a snebbiare la nostra visione, dandoci una finestra più chiara su quella che era stata un'esperienza sfocata. Potrebbe ricordarci che non siamo soli: il languore è comune e condiviso.

Quando aggiungi il languore al tuo lessico, inizi a notarlo intorno a te. Si manifesta quando ti senti deluso dalla tua breve passeggiata pomeridiana. È nella voce dei tuoi figli quando chiedi come è andata la scuola online».

Ma cosa possiamo fare per contrastare questa condizione? La risposta sembra banale, eppure è la più ovvia: reagire. E possiamo farlo attraverso quello che è chiamato "flusso", che può essere un antidoto al languore.

«Il flusso - si legge sul NYT - è quello stato inafferrabile di assorbimento in una sfida significativa o in un legame momentaneo, dove il senso del tempo, del luogo e di sé si scioglie. Durante i primi giorni della pandemia, il miglior portatore di benessere non era l'ottimismo o la consapevolezza ma era il flusso. Le persone che si sono immerse nei loro progetti sono riuscite ad evitare il languore e hanno mantenuto la loro felicità prepandemica».

È necessario trovare nuove sfide, esperienze piacevoli anche nel lavoro, uscire dalla routine. Sono tutti possibili rimedi al languore. «È difficile trovare il flusso quando non ci si può concentrare - cpontinua l'articolo -. Questo era un problema già molto prima della pandemia, quando le persone controllavano abitualmente le e-mail 74 volte al giorno e cambiavano attività ogni 10 minuti, non riuscendo a portare a termine quello che stavano facendo ad esempio. Nell'ultimo anno, molti di noi sono stati anche alle prese con interruzioni da parte di bambini in giro per casa, colleghi in giro per il mondo, e capi in giro per il mondo".

L'attenzione frammentata è un nemico dell'impegno e dell'eccellenza. I computer possono essere fatti per l'elaborazione parallela, ma per gli esseri umani è meglio l'elaborazione seriale.

Quel che serve è quindi concentrarsi su un piccolo obiettivo. Si può iniziare da questo. «Uno dei percorsi più chiari verso il flusso è una difficoltà appena gestibile: una sfida che estende le tue abilità e aumenta la tua determinazione. Questo significa ritagliarsi del tempo quotidiano per concentrarsi su una sfida che conta per te - un progetto interessante, un obiettivo degno, una conversazione significativa. A volte è un piccolo passo verso la riscoperta di un po' dell'energia e dell'entusiasmo che ti sono mancati durante tutti questi mesi».

Infine Grant tocca un argomento di cui si parla ancora oggi con estrema difficioltà, «Viviamo ancora in un mondo che normalizza le sfide della salute fisica ma stigmatizza quelle della salute mentale. Come ci dirigiamo in una nuova realtà post-pandemica, è il momento di ripensare la nostra comprensione della salute mentale e benessere. "Non depresso" non significa che non stai lottando. "Non esauriti" non significa che si è entusiasti. Riconoscendo che così tanti di noi stanno languendo, possiamo iniziare a dare voce alla disperazione tranquilla e illuminare un percorso fuori dal vuoto».
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