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Storie di nascite (assurde) in Sicilia: una madre di 73 figli, bimbi barbuti o a tre teste

Racconti curiosi di nascite "memorabili" e parti misteriosi, tra storia e leggenda, in una Sicilia che si affidava a mammane, fasi lunari e antiche dicerie tramandate

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 3 gennaio 2024

Ritratto di Antonietta Gonzales

La nascita di un bambino o di una bambina è oggi, nella maggioranza dei casi, un evento sicuro: si svolge in ospedale o in clinica. Gli esami che la madre effettua durante la gravidanza consentono di accorgersi di malformazioni, di malattie genetiche o semplicemente della presenza di due o più gemelli nel ventre materno mentre in passato ci si affidava all’esperienza delle mammane, alle fasi lunari e alla buona sorte.

Alcune interessanti curiosità, in merito a nascite mirabili, vengono riportate dal canonico Antonino Mongitore, nel volume "Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili" (1743).

Scriveva il Mongitore che "ammirabile" è sempre stata la fecondità delle donne siciliane: egli riportava ad esempio la notizia dello storico Tommaso Fazello, secondo cui Giovanna Pantica di Girgenti (Agrigento) aveva avuto 30 parti, dando alla luce 73 figli; e quella che a Messina una donna di 24 anni, nel 1430, si era sgravata, mettendo al mondo contemporaneamente ben 9 figli, tutti maschi!
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Diffusa era poi la credenza (ma non ha ovviamente nessun fondamento scientifico) che la sola vista di animali o di oggetti particolari, potesse influire negativamente sull’aspetto del neonato: nel 1607, nella terra di Piana de’ Greci (Piana degli Albanesi), una donna di nome Pietra aveva partorito due pesci della grandezza di una noce; ad Aci, Venera Greco, moglie di un pescatore, dopo aver osservato con interesse un grosso polpo, ne aveva partorito uno.

Il Mongitore aveva visto con i suoi occhi una giovinetta di 16 anni che aveva il volto livido, la bocca perennemente atteggiata a una smorfia di dolore e il collo storto: la madre aveva avuto la curiosità di vedere impiccare un malfattore e la bambina le era nata col volto deformato.

Un’altra ragazza di 8 anni, che il canonico aveva conosciuto, aveva una corporatura robusta, braccia e gambe possenti e membra distorte dal momento che la mamma, mentre la teneva in grembo, si era frequentemente soffermata ad ammirare i grandi angeli di stucco che decoravano la chiesa.

A Catania, una ragazza aveva “degli anelli di carne” sulle dita delle mani perchè la madre, entrando nel Duomo, era rimasta meravigliata delle mani della statua di S. Agata, ornate con tanti gioielli.

A Palermo il 25 Dicembre del 1655, una donna che abitava nei pressi del monastero delle Stimmate, aveva dato alla luce tre gemelli, somiglianti ai Re Magi, uno con l’aspetto di vecchio e i capelli bianchi, uno con volto di giovane, il terzo di colore nero. Erano stati battezzati nella chiesa di Santa Croce coi nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.

Il Vicerè, incuriosito, aveva voluto vederli e aveva regalato al padre 20 scudi, ma nel giro di sei giorni uno dopo l’altro i bambini erano morti.

Bisognava dire – precisava il Mongitore - che la madre era devota dei re Magi e li pregava spesso, e dunque egli riteneva che l’immaginazione della madre, influenzata dalla devozione, avesse impresso nei bimbi quell’aspetto.

Un’altra diceria, diffusa fin quasi ai nostri giorni, affermava che «cosa frequentissima è quella che accade alle donne gravide che bramano un frutto o qualcosa da mangiare: se toccano una parte del corpo il nascituro avrà strane macchie, chiamate desii o voglie».

Il Mongitore elencava alcuni casi di sua conoscenza (una donna con una oliva di carne sotto il ginocchio, un’altra con una sorba cresciuta su un’anca, un’altra con una fetta di uovo di tonno salata nella guancia e un’altra ancora con una fetta di fegato fritto su una spalla) e poi concludeva: «Ma di queste voglie ve ne sono e si osservano dappertutto».

Quanto durava una gravidanza? Ovviamente 9 mesi, ma… il filosofo Nicolò Serpetro affermava che un suo parente era stato nel ventre della madre per ben ventidue mesi e che poi, una volta venuto alla luce, era cresciuto forte e robusto; e una gravidanza di 22 mesi era attestata anche in Puglia, a Molfetta, dal sig. Costantino Gatta.

In Sicilia, il vecchio sacerdote Don Pietro Romeo di Acireale scriveva che Don Alfio, suo fratello, dopo esser stato nel grembo materno per ben 15 mesi era nato, sorprendendo tutti, con i denti.

Il parto era un evento naturale; ma a volte, a causa di complicazioni, erano in pericolo di vita sia la madre, che il nascituro. La signora Donna Tommasina Schittini, palermitana, ad esempio, il 10 settembre 1689, avendo le doglie del parto, ma non riuscendo a sgravarsi, rischiava di morire. Il medico le aveva prescritto un rimedio che si era poi rivelato inefficace: fegato di gallina sciolto nel vino. I parenti le avevano invece consigliato di recitare il rosario e di pigliar per bocca cinque foglie di rose benedette: quando finalmente era nata la figlioletta, la mammana le aveva trovato in bocca una di quelle foglie di rose poco prima inghiottite dalla madre.

In merito a nascite particolari l’autore affermava che nella città di Erice era nato un fanciullo con i capelli bianchi e quando era diventato adolescente gli era spuntata la barba bianca, come un vecchio (probabilmente si trattava di un albino).

Il Mongitore riferiva sia la notizia di Pietro Ranzano, secondo la quale nel 1444 era nato un fanciullo con la barba e capelli lunghi, ed era vissuto cinque giorni; che il caso della biografia "Vita di Suor Maria Crocefissa della Concezione, benedettina del monastero di Palma": al momento della nascita la venerabile, antenata del principe Giuseppe Tomasi di Lampedusa, era venuta alla luce ricoperta d’un velo poichè era un segno del destino che dovesse farsi religiosa!

Elencava poi il canonico i casi di alcuni "mostri": per nome di mostri intendeva uomini o animali nati «fuor l’ordinaria regola della natura, deformati, mancanti di membra o con più del consueto, o con membri non propri».

Ad Erice nel 1720 era nata una bambina con un solo braccio, nel 1728 un’altra senza la mano sinistra e nel 1730 una neonata con un braccio raccolto a spirale, come il guscio di una lumaca.

Numerosi erano stati in Sicilia i casi di gemelli siamesi che erano morti alla nascita o solo poche ore dopo, non prima comunque di esser stati battezzati. A Sciacca nel 1536 era riferito il caso di un bambino con tre teste, quattro braccia e quattro gambe.

Nel Luglio 1553 era nato, in Palermo un fanciullo di sette mesi, con due capi congiunti, quattro braccia, quattro gambe.

Il 6 febbraio del 1560 ad una povera donna, che abitava in una casa contigua al monastero della Badia Nuova di Palermo, erano nati due gemelli, uniti nel petto e nel ventre, fino all’ombelico. Avevano la pelle alquanto dura e uno di essi aveva “il labro superiore tagliato per lo mezzo” (labbro leporino): ed essendo uscito prima quel che aveva il labbro sano, era stato battezzato subito dalla levatrice; poi facendo forza la detta levatrice nel cercare d’estrarre il secondo gemello interamente fuori, gli aveva staccato il collo e il neonato era morto, causando anche la morte del primo gemello.

Sempre a Palermo nel 1604, era nato un fanciullo senza braccia, senza gambe e senza cosce, con ombelico e membro genitale; era vissuto molti mesi. Da Don Luigi Riggio Principe di Campofiorito e della Catena e Marchese del filosofo Nicolò Serpetrola Ginestra, e da Donna Francesca Saladino Baronessa di Regaleali e Valguarnera era nato il 25 gennaio 1660 Don Paolo Riggio, con sei dita in ognuna delle mani. Nel 1695 una donna a Palermo aveva partorito due bambini congiunti nelle teste. Uno era morto subito, l’altro era vissuto fino alla sera, poi era spirato.

A Erice la moglie di un fabbro nel 1675 aveva partorito un bambino con l’occhio sinistro chiuso, le braccia che terminavano nel gomito, dove spuntavano due sole dita che sembravano due corna. La pelle del ventre era così sottile che si vedevano le interiora. Era stato battezzato ma era vissuto poche ore.

Nel 1701 nella contrada del Carmine, la moglie di un mulattiere, aveva partorito un mostro morto, con quattro piedi e la testa di cavallo. Si chiese alla donna se fosse a conoscenza di qualche evento che avesse potuto causare tale parto; ella rispose, che forse la causa era stata lo spavento che aveva provato alla vista di un cavallo imbizzarrito.

Nel 1705 in Catania una gentildonna aveva dato alla luce un mostro con a forma di gatto - ma con mani umane - che era morto poche ore dopo la nascita e che di nascosto era stato seppellito. Vito D’Amico, priore cassinese di Monreale, tramandò questa notizia, ma tacque il nome della donna, per riservatezza.

A Mascalucia (CT) viveva una donna nata senza braccia, che si serviva dei piedi per pettinarsi, tagliare e cucire, filare, ricamare e fare tutti i lavori donneschi.

In Erice nacque un fanciullo con piedi e mani di papera e visse alcuni mesi. Una donna dopo aver partorito un bambino, diede alla luce anche un coniglio, che morì dopo pochi minuti. Ad Aci una donna partorì un rospo e altra un mostro metà uomo e metà leone. Nel 1723 nacque una bambina con genitali di mulo che le pendevano sulla fronte.

Nel 1557 sempre ad Erice nacque una bambina con due corna sul capo, della grandezza di un dito; il Vicerè volle vederla e le regalò una moneta. Il 4 Luglio 1741 una gentildonna palermitana partorì una figlia, la cui metà superiore era di donna e la metà inferiore di simia (scimmia)!!

Termina qui il lungo elenco di casi annotati dal Mongitore; brevi testimonianze che nel lettore moderno suscitano varie impressioni: soprattutto incredulità. In qualche modo il canonico anticipava - seppur in modo ingenuo - forme di investigazione di tipo scientifico, facendo riferimenti alle cause delle malformazioni dei nascituri, come ad esempio i condizionamenti derivati da ciò che la madre aveva visto o desiderava.

Nel volume “Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili” in ogni caso le nascite presentate come “mostruose” non fanno paura: sono percepite piuttosto quali fatti senza dubbio straordinari, mirabili, nell’ottica di suscitare l’attenzione dei lettori.
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