Sulle tracce del fiume sotterraneo: i luoghi segreti per vedere l'Amenano a Catania
Tra questi anche un palazzo ottocentesco che lo ha inglobato all'interno della sua Osteria: l'Amenano è associato alla divinità dal volto umano e il corpo di toro
Il fiume Amenano, Catania
Quanto ammiriamo tra le strade di Catania, per tutto l'anno meravigliosamente allegre e calde, è soltanto una piccola percentuale delle bellezze davvero contenute dalla Città dell'Elefante.
Il magnifico barocco, le ampie piazze, la pietra lavica lavorata e tanto altro riflettono sulla superficie alcuni magnifici esempi di ciò che non ci è permesso osservare sotto i nostri piedi.
Di Catania, per essere chiari (e non archeologicamente e urbanisticamente precisi), esistono due città. La prima è quella visibile a tutti, disposta alle estreme pendici dell'Etna e dirimpetto il magnifico litorale ionico.
Essa è sorta a partire dal 1669, anno in cui una devastante eruzione la seppellì sotto metri di lava mutandone la morfologia.
Nel corso di quasi quattro secoli, questa Catania si è trasformata in perla dell'architettura moderna e importante metropoli del Mediterraneo.
La seconda città, invece, giace sotto il magma ormai cristallizzato, insieme allo spirito delle più importanti epoche dell'umanità: greca, romana, medievale, rinascimentale...
Lo stesso destino ebbe il fiume Amenano, associato a una divinità: il dio Amenanos, dalla forma di toro e dal volto umano, che in alcune monete del secondo secolo avanti Cristo appare nelle sembianze di un bellissimo fanciullo.
Oggi l'Amenano è per gran parte sotterraneo. E alcuni studiosi sostengono che esso correva verso il mare da Ovest, lungo l'attuale viale Mario Rapisardi, raggiungendo Piazza Santa Maria di Gesù, luogo in cui vi era il Lago di Nicito e, attraversando il Monastero dei Benedettini, si diramava in tre bracci: uno diretto alla Pescheria, uno al Teatro Romano e uno al Monastero di San Giuliano.
I posti in cui poter osservare l'Amenano a Catania si trovano sotto la fontana omonima di piazza Duomo, costruita nel 1867 da Tito Angelini, imponente con il perenne scrosciare dell'acqua che cade a linzolu, cioè a lenzuolo.
Poi sotto gli archi della Marina, al giardino Pacini, detto dei varagghi, dei sbadigli, perché frequentato da anziani.
Infine all'interno del palazzo ottocentesco dell'Ostello Agorà, di fronte le Terme dell'Indirizzo, in un ambiente suggestivo creato da un sapiente gioco di luci.
Il magnifico barocco, le ampie piazze, la pietra lavica lavorata e tanto altro riflettono sulla superficie alcuni magnifici esempi di ciò che non ci è permesso osservare sotto i nostri piedi.
Di Catania, per essere chiari (e non archeologicamente e urbanisticamente precisi), esistono due città. La prima è quella visibile a tutti, disposta alle estreme pendici dell'Etna e dirimpetto il magnifico litorale ionico.
Essa è sorta a partire dal 1669, anno in cui una devastante eruzione la seppellì sotto metri di lava mutandone la morfologia.
Nel corso di quasi quattro secoli, questa Catania si è trasformata in perla dell'architettura moderna e importante metropoli del Mediterraneo.
La seconda città, invece, giace sotto il magma ormai cristallizzato, insieme allo spirito delle più importanti epoche dell'umanità: greca, romana, medievale, rinascimentale...
Lo stesso destino ebbe il fiume Amenano, associato a una divinità: il dio Amenanos, dalla forma di toro e dal volto umano, che in alcune monete del secondo secolo avanti Cristo appare nelle sembianze di un bellissimo fanciullo.
Oggi l'Amenano è per gran parte sotterraneo. E alcuni studiosi sostengono che esso correva verso il mare da Ovest, lungo l'attuale viale Mario Rapisardi, raggiungendo Piazza Santa Maria di Gesù, luogo in cui vi era il Lago di Nicito e, attraversando il Monastero dei Benedettini, si diramava in tre bracci: uno diretto alla Pescheria, uno al Teatro Romano e uno al Monastero di San Giuliano.
I posti in cui poter osservare l'Amenano a Catania si trovano sotto la fontana omonima di piazza Duomo, costruita nel 1867 da Tito Angelini, imponente con il perenne scrosciare dell'acqua che cade a linzolu, cioè a lenzuolo.
Poi sotto gli archi della Marina, al giardino Pacini, detto dei varagghi, dei sbadigli, perché frequentato da anziani.
Infine all'interno del palazzo ottocentesco dell'Ostello Agorà, di fronte le Terme dell'Indirizzo, in un ambiente suggestivo creato da un sapiente gioco di luci.
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