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Tutti lo chiamano "U zi Totò": la storia (curiosa) del ciaramiddaru di Caltanissetta

Nella città nissena, zampognari fino a tre anni fa non ce n'erano. Per le feste di Natale giungevano da fuori finché a 76 anni non è "arrivato" il signor Averna

  • 12 dicembre 2021

U zi Totò Averna, zampognaro di Caltanissetta (foto di Felice Stuppia)

«Io glielo dico subito in sincerità, con la ciaramedda c'a a nasciri e io invece ho imparato da anziano». Mi accoglie così il signor Averna, da tutti conosciuto come U zi Totò, che vuole subito essere chiaro e soprattutto sincero.

Ha quasi 78 anni ed è u ciarammiddaru (lo zampognaro) di Caltanissetta da tre anni. Già, chi lo avrebbe detto.

Ma nella cittadina nissena, nessuno sembrava interessato a riportare la tradizione della zampogna e allora ci ha pensato lui, quando ha capito che sarebbe scomparsa quando l'amico signor Pettineo un giorno avesse smesso di suonarla. Il signor Pettineo era "un signore davvero", "gran persona per bene" dice. Ed era un gran musicista che a Natale veniva a suonare per le strade e i vicoli della città.

Veniva, perché qualche anno fa è venuto a mancare. Fu lui il suo maestro, quello che gli insegnato i trucchi e gli ha indicato la strada. «Prima abbisogna che si impara a gunfiarla, la zampogna – mi dice il signor Averna – poi impari a suonare. Non è uno strumento facile, per suonare la ciaramedda ci vuole fiato, e polmoni buoni».
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Più o meno quello che si fa, giusto per cercare di spiegarlo in modo elementare, è gonfiare questo "pallone", la ciaramedda, ma poi non si lascia sgonfiare, è un continuo continuare a gonfiarla, quindi è necessario davvero "avere polmoni e fiato".

Ogni anno, dal 16 al 24 dicembre, il suono della zampogna allieta Caltanissetta, una tradizione che accomune ancora diverse zone della Sicilia e che è diffusa in diverse regioni d'Italia, assumendo nomi (e unità di misura) diverse proprio in base alla località. In Sicilia, come si legge in alcuni libri sulla tradizione sicula, abbiamo la Zampogna a chiave di Monreale (Palermo) e la Zampogna a paro siciliana.

Generalmente i ciarammiddari suonano in due e infatti la "coppia" di zampognari è anche una presenza fissa dei presepi, molti magari li hanno sempre visti senza spiegarsi il perché. Non è inusuale comunque trovare anche al nord gli zampognari del sud, già, parliamo di uomini che migrarono portandosi dietro le loro tradizioni che continuano a mantenere viva (da non confonderli quindi con i "nordici” suonatori di piva o di baghèt!)

Ma torniamo al signor Averna; la gente a Caltanissetta lo ama perché ha ridato gioia al perido natalizio ma anche in occasione della altre festività della città. Gli zampognari prima arrivavano dalle altre località, vedi Licata, Palma di Montechiaro o Riesi, ora queste persone non ci sono più. Come il signor Pettineo. Lui, ci racconta zi Totò, veniva da una famiglia di pecorai e loro imparavano da piccoli a suonare.

La zampogna è infatti "lo strumento della pastorizia". I pastori, durante le Transumanze (l'abbiamo studiata a scuola, ricordate? "È la migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli situati in zone collinari o montane verso quelli delle pianure o viceversa percorrendo le vie naturali dei tratturi"), portavano con loro questi strumenti che venivanoi realizzati con pelle di capra e nei momenti di pausa suonavano allietando il cammino.

Così, se nascevi in una famiglia di pastori, crescevi molto spesso con quest'arte nelle mani e, mi spiega, prima ancora i bambini suonavano i fischietti. Ed ecco che un fischio, appunto, interrompe la conversazione, «lo ha sentito signora? - mi dice zi Totò - si è sentito bene?».

Ho sentito benissimo!

«Io lo farò sempre a Caltanissetta, finchè potrò. Il 13 dicembre a Santa Lucia sarà un bel momento, suoniamo e vengono tutti a seguire la ciaramedda». Ogni tanto i suoi ricordi si confondono, anzi, direi che si mischiano, così mi racconta che da ragazzo giocava a pallone e che da più grande ha avuto anche una fortissima squadra di calcio, «era il Sant'Antonio di Caltanissetta, abbiamo vointo tanti campionati, quando giocavamo non ce n'era per nessuno, io li portavo in montagna ad allenarsi».

Poi torna sulla ciaramedda e ribadisce che «c'a a nasciri chi suona la zampogna, io lo so, ma sono contento». Quasi a scusarsi per aver imparato solo da grande, ma lui non lo sa che questo in realtà lo rende speciale due volte. Quello che fa lo fa con il cuore, "per amore di Dio" mi dice.

Gli chiedo cosa lo abbia portato a imparera, a quasi ottant'anni, a suonare la ciaramedda e mi dice che lo ha spinto la tradizione «mi è sempre piaciuta e vorrei lasciare questa tradizione poi ai miei nipoti. La mia ciaramedda ha due secoli, me l'ha regalata una persona cui avevo fatto un favore. Quella di adesso non so buone, la mia antica tiene la tonalità.

Ai ragazzi suonare la ciaramedda sembra una vergogna, alcuni ci sono ma pochi. Non lo so perchè, pensano ad altro. È un peccato. Io sono analfabeta, non so leggere e nemmeno scrivere, avevo 14 fratelli, ora siamo 8, il mio braccio destro è andato via da poco, viveva in Belgio...»

«Sa, le canne della zampogna le faccio io, ho imparato sempre da Pettineo, mi sono trovato bene con le mie e quindi ora provvedo da solo».

Poi un momento di silenzio ed ecco di nuovo un suono, è quello della zampogna questa volta. Poi una musica e sento persino battere i piedi «Ha sentito signora? Questo è il suono? Le piace?», urla contento.

Sì, zi Totò, mi piace assai.
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