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Atrio, aula magna, affreschi del '600: rinasce a Palermo il complesso di Sant'Antonino

È stato completato il terzo stralcio di restauro del complesso di Sant'Antonino a Palermo. Restaurati anche degli affreschi del '600 rimasti nascosti per 150 anni

Balarm
La redazione
  • 17 luglio 2019

Gli affreschi ritrovati a Sant'Antonino

È stato completato il terzo stralcio di restauro della chiesa di Sant'Antonino, che si trova nei dintorni della Stazione centrale di Palermo, proprio all'imbocco di corso Tukory. Uno spazio che fa parte del complesso museale dell'Università, che però sarà aperto a tutti. Sarà restituito alla città un atrio, adesso completamente sgombro, che sarà utilizzato dagli studenti dell'Università ma anche per eventi culturali.

Un ampio spazio, una sala, al primo piano sarà messa a disposizione degli studenti del Dipartimento di Scienze Umanistiche e, anche alcuni affreschi di straordinario valore artistico, storico e culturale nel chiostro del Convento, in corrispondenza dell'entrata limitrofa alla Chiesa di S. Antonio da Padova. Il ciclo di affreschi (XVII-XVIII sec) era rimasto nascosto per circa 150 anni sotto uno strato di intonaco ottocentesco. Sembra probabile che gli autori appartenessero all’Ordine degli Osservanti Riformati di San Francesco.
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«Sempre di più l'Università di Palermo vuole aprirsi alla città e interagire con le istituzioni presenti - ha detto Fabrizio Micari, rettore dell'università di Palermo. - Anche questo spazio sarà subito messo a disposizione della città con gli eventi della stagione estiva del Teatro Biondo pensata da Pamela Villoresi. Sempre di più vogliamo che sia un polo dell'accoglienza, c'è già ItaStra, la scuola di lingua italiana per stranieri».

Il Convento di Sant'Antonino fu il primo, in Sicilia, ad essere edificato ex-novo dai Frati dell'Ordine degli Osservanti Riformati di San Francesco. Nato come avamposto in città del Convento di Santa Maria di Gesù, ben presto divenne una delle comunità monastiche più numerose ed economicamente potente della Sicilia.

Il primo gennaio 1630 durante il Capitolo in Santa Maria di Gesù ne fu decisa l'edificazione, che venne ufficialmente iniziata il 13 giugno dello stesso anno «gittata la prima pietra da Padre Sigismondo da Palermo, custode della Provincia, e da Marcantonio Paganetto procuratore dei frati».

La corona di Spagna fu sempre molto devota all'Ordine dei frati minori; ricordiamo che il Beato Matteo d'Agrigento (1376-1450), fondatore dell'Ordine in Sicilia, fu legato da profonda e duratura amicizia con il re e la regina d'Aragona, i quali divennero concreti e appassionati sostenitori della riforma.

Il forte legame della corte spagnola con l'Ordine dei Frati minori perdurerà lungo i secoli e legherà i viceré di Sicilia alla storia del Convento di Sant'Antonino.

I lavori di edificazione furono affidati alla direzione di Fra Ludovico da Castrogiovanni che in appena cinque anni portò a termine «questo sontuoso convento alzato con magnificenza di fabbriche con più corridori e con gran numero di celle sufficienti per una cospicua famiglia [al cui interno] v'ha un cortile quadro sostenuto da colonne di marmo bigio con archi che sostengono i corridori e nello spazio di mezzo un giardinetto con fonte nel centro» (Mongitore, 1739).

Il Convento venne ulteriormente ampliato tra il 1688 e il 1719. Nel 1866, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, il Convento fu affidato ai militari che lo occuparono stravolgendone la fabbrica originale. Furono chiusi i portici del chiostro per ricavare nuovi locali e occultate le pitture presenti.

Durante l'intervento di restauro dell'ex Convento di S. Antonino, condotto dall'Area Tecnica dell’Università di Palermo nel 2018, sono stati ritrovati alcuni affreschi di straordinario valore artistico, storico e culturale nel chiostro del Convento, in corrispondenza dell'entrata limitrofa alla Chiesa di S. Antonio da Padova. Il ciclo di affreschi nascosto per circa 150 anni sembra probabile che gli autori appartenessero all’Ordine degli Osservanti Riformati di San Francesco.

L'intervento di restauro è stato caratterizzato, nella prima fase, della rimozione degli spessi strati di scialbature che occultavano l'intero ciclo pittorico. La superficie pittorica si presentava coperta da uno strato più o meno polveroso residuale delle pitture a calce/gesso di colore giallognolo, non rimovibile con acqua. Le operazioni di descialbo si sono svolte a secco con l'ausilio di bisturi e palette metalliche laddove parte degli strati più superficiali fossero rigonfiati e non adesi.

Preliminarmente alla fase di pulitura si è eseguito un preconsolidamento degli intonaci constatando una certa disgregazione degli stessi al quale, post-pulitura, è seguito il consolidamento.
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