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Un bagno in Sicilia nel laghetto fresco: tra la cascata e un coccodrillo (di pietra)

Con l’arrivo dei primi caldi per darsi una bella rinfrescata si può fare pure un bagnetto nelle acque fresche e cristalline di alcuni torrenti. Ecco dove

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 6 giugno 2025

La cascatella del torrente Agrò

Con l’arrivo dei primi caldi in Sicilia non c’è solo il mare per darsi una bella rinfrescata, ma si può fare pure un bagnetto nelle acque fresche e cristalline di alcuni torrenti. Da non perdersi quello d’Agrò. Ma racconto tutto per intero.

Sabato 31 maggio con il gruppo Camminare i Peloritani siamo andati a Casalvecchio Siculo comune collinare messinese del versante ionico famoso per la sua bellissima Abbazia normanna, un gioiello situato in zona agreste. Ma questa escursione era indirizzata a fini naturalistici, pertanto abbiamo ammirato solo da lontano come un’apparizione fiabesca la meraviglia di quella costruzione policroma.

Arrivati su uno slargo di una sterrata che costeggia il torrente Agrò dove ci sta pure la chiesetta di S.Filippo d’Agira, parcheggiate le automobili, abbiamo iniziato il nostro percorso pedonale attraversando un campo di alte graminacee in perfetto silenzio perché di proprietà privata, tuttavia dei cani che stavano alla nostra sinistra dove c’era qualche abitazione hanno avanzato un po’ e ci hanno abbaiato tutti impettiti come a dire : “Da qui non si passa!”.

Ma noi dovevamo proseguire diritti, fino a quando più avanti abbiamo attraversato un frutteto con alberi di limoni, gelsi e ciliegie ma non abbiamo avuto l’ardire di allungare un braccio.

Lasciato il campo e scesi per un breve pendio siamo arrivati direttamente nell’alveo fluviale interamente invaso dall’acqua senza che ci fosse qualche riva percorribile. Ma questo scorreva quasi in piano e l’acqua era alta non più di una diecina di centimetri, così vi abbiamo camminato dentro: un rinfresco per i piedi.

L’acqua era così verde per il riflesso dei salici e delle tamerici da sembrare un fiume d’erba, “un erbal fiume silente” avrebbe detto il poeta. Ma vicino alla riva poteva anche assumere colori azzurrini, blu marini, ciò era dovuto ai tanti sassolini di diaspro blu, così belli e lucenti da prenderli in mano e esaminarli.

Ma non abbiamo potuto proseguire a lungo per questo agevole percorso perché più avanti la pendenza si è fatta più ripida, il fiume aveva scavato dei canaloni di acque profonde, per cui volendo inoltrarsi bisognava abbandonare l’alveo e arrampicarsi sulle sue alte rive costituite di grandi massi sovrapposti in modo disordinato che bisognava scavalcare.

Compito arduo se non impossibile se non fosse stato per gli oleandri che crescevano nelle loro fessure che ci hanno fornito un valido appiglio. Inoltre gli escursionisti più abili hanno aiutato quelli più in difficoltà.

Comunque l’arrampicata ha risvegliato lo spirito fanciullesco che senz’altro affiora in noi escursionisti. Proprio come ne parlava Giovanni Pascoli nella sua poetica del “fanciullino” che rimane piccolo anche quando noi cresciamo e arrugginiamo la voce e che guarda tutte le cose con stupore.

Uno stato d’animo ben vivo in noi che pervenuti in passaggi più agevoli indagavamo il paesaggio e vedevamo l’alveo fluviale che andava a restringersi serrato fra delle alte pareti rocciose perfettamente verticali. In basso esse erano spoglie, ma più in alto il canyon ospitava fitte piante di erica.

Incredibilmente proprio con sotto il dirupo a strapiombo, su un lato si affacciava una casa ormai abbandonata. Spingendo invece lo sguardo più in là verso la continuazione della vallata si scorgeva invece la scura sagoma di un masso inclinato che poteva assomigliare ad un ponte levatoio alzato a metà.

Comunque aggirando dei biancheggianti massi che splendevano sotto il sole siamo arrivati in vista della cascata che si gettava a precipizio da un’alta parete di almeno una ventina di metri che come una invalicabile barriera ostruiva completamente la vallata impedendo qualsiasi prosecuzione. La cascata scende da un’incurvatura centrale del suo vasto fronte, copiosa e spumeggiante.

Sotto si forma un laghetto ove si può fare un bagnetto rigenerante nelle sue fin troppo fresche acque. Al di là di questo c’era pure una piccola rapida dove farsi trasportare: uno spasso con brividi.

Dopo la pausa bagno abbiamo intrapreso la via del ritorno con la solita manovra di aggiramento grandi massi fra cui quelli calcarei metamorficati perciò più scuri ma con venature simili a nastri colorati. Sopra di noi abbiamo visto librarsi in volo merli acquatici con gli occhietti vispi e il piumaggio blu brillante.

Fra le sabbie abbiamo osservato pure il ramarro maggiore un lucertolone lungo una trentina di centimetri somigliante a un mini coccodrillo. Dopo non ci siamo voluti perdere un’altra cascata posta più a valle, per cui scendendo ma quasi scivolando da un ripido sentiero sotto un ponte stradale siamo giunti alla sua vista.

Essa era poco alta ma si riversava da un fronte amplissimo che comprendeva tutto l’alveo fluviale ed era come un gigantesco pettine. Laggiù la vegetazione del fiume era diversa, c’erano piante a foglia larga e soprattutto fitte distese di equiseti, code di cavallo che conferivano alle rive un colore verde intenso.

Ma non ci si poteva distrarsi troppo perché acquattato, appena sollevato su una zampa, in posizione di attesa, ci stava un grosso coccodrillo. Per fortuna non era dotato di un balzo temibile essendo interamente di pietra.
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