STORIA E TRADIZIONI

HomeNewsCulturaStoria e tradizioni

Un gioiello nascosto nella vecchia Palermo: il trionfo degli stucchi nell'Oratorio del Sabato

L'Oratorio del Sabato custodito nel Complesso di Casa Professa è un'opera sublime nel cuore del centro storico di Palermo, probabilmente tra le meno conosciute del Serpotta

  • 10 marzo 2020

L'affresco dell'Oratorio del Sabato a Palermo (foto Davide Barsameli)

Quando a Palermo si parla di oratori la mente corre subito a quei gioielli d'arte barocca, realizzati per buona parte del 1700, grazie al decisivo contributo di una nutrita schiera di scultori e plasticatori palermitani. In particolare uno tra loro, per bravura e ingegno, raggiunge nelle sue opere vette di altissima eccellenza tanto da essere riconosciuto come un'artista di livello europeo. Tale genio risponde al nome di Giacomo Isidoro Nicolò Serpotta.

Giacomo nacque nel 1656 nel cuore del quartiere della Kalsa a Palermo e decise di proseguire quello che era il lavoro della famiglia da generazioni: l'attività di scultori e marmorari. Un grande critico della storia dell'arte, Giulio Carlo Argan, riconosce all'artista un ruolo di primissimo piano e nel suo famoso saggio dal titolo "Il teatro plastico di Giacomo Serpotta", non a caso, lo annovera tra quelli che sono i migliori scultori europei del Settecento.

È bene ricordare che quella dello stucco è un'arte molto antica, ritenuta per lungo tempo un'attività di minor rilievo rispetto ad altre o addirittura considerata semplice artigianato. In realtà è proprio grazie all'opera di modellatori come i Serpotta che tale arte raggiungerà per qualità, stile e raffinatezza dei livelli mai raggiunti fino ad allora.
Adv
La tecnica dello stucco necessita, oggi come allora, di particolari doti da parte dell'esecutore tra le quali l'abilità e la rapidità nell'esecuzione del lavoro, fondamentali poichè il breve tempo nel quale si asciuga l'impasto rende impossibile annullare ogni margine di errore. In estrema sintesi il procedimento prevede di applicare un impasto composto da una miscela di gesso e grassello di calce su un'armatura di legno e fili di metallo, vengono utilizzati segatura e scarti della lavorazione del legno per realizzare i volumi come ad esempio nel caso di panneggi e nuvole.

È però del Serpotta una tecnica fino ad allora sconosciuta, la cosiddetta allustratura, che rendeva i suoi lavori in stucco unici ed anche per questo particolarmente apprezzati dalla committenza. Questo procedimento rappresentava la parte finale del lavoro e consisteva nell’applicare sulla superficie dell’impasto ormai modellato uno strato di grassello, cera e polvere di marmo e levigare la scultura con panni di lino e spatole calde per ottenere forme lucide e candide così da rendere l'opera verosimile al marmo stesso.

Il genio di Giacomo Serpotta in quest'arte resterà ineguagliabile, tuttavia la sua tecnica non andrà perduta anche grazie al talento del figlio Procopio nato nel 1679.

L’attività nella bottega di famiglia, infatti, permise al giovane Procopio di ottenere eccellenti risultati che lo portarono a realizzare nel corso della sua vita numerosi lavori in stucco. Un'opera sublime, ma che ad oggi probabilmente rimane la meno conosciuta, si trova nel cuore del centro storico di Palermo, proprio a ridosso di uno dei mercati più popolari della città, quello di Ballarò: si tratta dell'Oratorio del Sabato.

Custodito all'interno del Complesso di Casa Professa, l'oratorio deve la sua fondazione alla congregazione degli Artisti (o Artefici), fondata nel 1587 sotto il titolo della Purificazione della Vergine, che vi si trasferisce nel 1686. Sempre nello stesso anno, l'oratorio passerà alla Congregazione dei Gentiluomini o Corteggiani fondata nel 1646 da un gesuita, il venerabile padre Luigi La Nuza, con il nome di "Venerabile Congregazione di San Francesco Borgia" sotto il titolo di Nostra Signora della Concezione.

Nel luglio del 1693, sono proprio i Gentiluomini a commissionare le decorazioni in stucco dell'oratorio a "Magister Procopius Serpotta" ed è proprio a quell'anno che è riconducibile il primo pagamento tracciabile ricevuto da Procopio da parte della Congregazione, quando il figlio di Giacomo aveva appena compiuto 14 anni.

Puo' destare stupore il fatto che un lavoro così importante ed impegnativo venisse commissionato ad un ragazzo di così giovane età, ma è doveroso ribadire che Procopio cresce praticamente nella bottega del padre e dello zio Giuseppe, osservando il loro lavoro e apprendendo rapidamente quest'arte ne divenne un abile esecutore, tanto che spesso veniva esplicitamente richiesta la sua presenza per collaborare con il padre e realizzare lavori di particolare pregio.

Nel 1676, quando i gesuiti vennero espulsi dal Regno delle Due Sicilie e i loro beni espropriati, l'oratorio venne concesso alla Deputazione della Biblioteca del Senato che in seguito preferì restituirlo alla Compagnia di Gesù in cambio di altri due oratori: quello dei Sacerdoti e quello Secreto che si trovavano sempre in loco e di cui purtroppo non rimane alcuna traccia; è proprio grazie a questo passaggio che l'oratorio si è salvato dalla rovinosa fine toccata invece agli altri due.

Agli inizi del 1800, quando i gesuiti fecero ritorno, l'oratorio venne affidato alla congregazione della Croce e Martorio di Cristo e fu denominato del Sabato, dal giorno della settimana in cui i congregati si riunivano per la lettura del Vangelo, appellativo che ha mantenuto sino ad oggi.

L'ingresso dell’oratorio è preceduto da un piccolo vestibolo, un ambiente nel quale sono esposti alcuni pannelli a quadroni: si tratta di brani della pavimentazione originaria composta da maioliche a figure zoo-fitomorfe che nella composizione rimandano ad una sorta di paradiso terrestre e per questo decorate con piante, fiori, volatili ed animali. Presumibilmente siamo di fronte ad un prodotto di fabbrica palermitana databile la prima metà del XVIII secolo.

L'impianto dell'oratorio è a pianta rettangonale, ad aula unica, e vi si accede dall'antioratorio attraverso due porte che sono sormontate da cartigli con versetti tratti dalla Bibbia e che glorificano la Vergine.

Lungo le pareti, nella parte superiore, sono disposte delle statue in stucco riproducenti figure femminili, allegorie modellate magistralmente da Procopio e che rappresentano alcune virtù in prefigurazione di quelle mariane.

A sinistra la prima virtù modellata è la Sagacia, a seguire la Fortezza ed infine la Prudenza. Sul pilastro dell'arco che incornicia l'abside sì trovano la Carità e la Misericordia; proseguendo con lo sguardo in senso orario, sulla parete destra, sono disposte la Pudicizia, l'Innocenza e la Purezza.

Tra una statua e l'altra vi sono degli alloggi vacanti e certamente questo rivela che un tempo vi fossero collocate delle tele di cui non rimane traccia, come per altro è avvenuto con diversi alloggi ovali sparsi nell'aula. Tuttavia, dai cartigli posti nella parte superiore, si può risalire ai soggetti raffigurati, una serie di personaggi femminili delle Sacre Scritture: si tratta proprio di eroine bibliche che attraverso le loro storie interagivano con le allegorie poste accanto. Probabilmente queste opere erano il risultato del talento di Rosalia Novelli, figlia dell'omonimo pittore, che aveva realizzato altre opere presenti all'interno della Chiesa del Gesù.

Tornando all'oratorio, volgendo lo sguardo alla volta, è possibile ammirare un grande affresco centrale attribuibile al pittore settecentesco Filippo Randazzo (o forse ad Antonio Grano) che vede come protagonista la Vergine Maria e ne rappresenta l'Incoronazione; lateralmente all'affresco sono presenti una serie di pitture raffiguranti santi, profeti e personaggi biblici.

Al centro dell'arco trionfale uno scudo sorretto da due angeli riporta ad un verso biblico. Accedendo al presbiterio troviamo un'immagine della Vergine e, tra due angeli in stucco, un Crocifisso ligneo intagliato ad arte e collocato su un dossale in legno dipinto a fondo oro del XVIII secolo.

Con molta probabilità al posto del Crocifisso vi era una tela ad opera di Pietro Novelli dipinta attorno al 1647 che oggi si trova nella chiesa di San Matteo, il soggetto è "La presentazione di Gesù al Tempio" ed è plausibile che la tela venne spostata nella nuova sede dopo il 1828, cioè successivamente alla spoliazione degli arredi dell'oratorio.

Volgendo lo sguardo alla controfacciata, infine, si può ammirare una bella serliana, retta da colonne, che caratterizza la cantoria ed ospita ancora oggi il piccolo organo, e sulla parete, tre le due porte d'accesso, una piccola tela risalente al XVIII secolo, di autore ignoto e raffigurante "Sant'Anna con la Madonna bambina che legge".

La visione d'insieme dell'oratorio ci regala un candido universo popolato da singolari personaggi, silenziosi attori perennemente in scena a dare vita ad un sofisticato teatro, raffinato nei concetti ed elegante nelle forme, testimonianza unica ed irripetibile di una Palermo barocca che a distanza di secoli riesce ancora a stupire e creare meraviglia.

Oggi l'oratorio fa parte del percorso museale della ineguagliabile Casa Professa e vi si accede dalla chiesa stessa.

È visitabile tutti i giorni, così come l’intero complesso che comprende altresì una splendida sacrestia lignea, una cripta e molteplici sale espositive con opere di rara bellezza e indiscutibile pregio.
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.
...e condividi questo articolo sui tuoi social:

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI