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Un nuovo e grande Museo in Sicilia: sarà sul mare, nel trecentesco Castello di Schisò

Fino a oggi di proprietà della famiglia Paladino, il castello è un edificio di oltre tremila metri quadrati circondato da un grande giardino che si affaccia sul mare

Balarm
La redazione
  • 22 novembre 2018

Il Castello di Schisò

Un obiettivo di grande significato e non solo culturale: la Regione ha comprato il Castello di Schisò ai piedi di Taormina e trasformandolo in museo ne esalterà il valore, tutelandolo.

A sottoscrivere queste parole è lo stesso presidente Nello Musumeci che ha portato a termine l'acquisizione da 3 milioni e 400mila euro.

Sarà un museo archeologico: un'idea di cui si parla da decenni e in cui non credeva più nessuno. Ma secondo l’assessore regionale ai Beni culturali Sebastiano Tusa è importante che ci sia «Un grande Museo archeologico nella città che fu la prima colonia greca di Sicilia».

Il castello è dei primi anni del Quattordicesimo secolo ed è un edificio di oltre tremila metri quadrati incastonato in un grande giardino che si affaccia sulla baia di Naxos, in riva a uno dei tratti di mare più famosi.

Dai primi del Novecento e fino a oggi di proprietà della famiglia Paladino, il castello è stato negli ultimi anni al centro di vicende che non avevano consentito l’acquisizione al patrimonio regionale.
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Nel corso dei decenni passati, la Regione aveva tentato più volte di acquistare il Castello, stanziando 12 miliardi delle vecchie lire, ma le varie procedure di esproprio erano state bloccate dai proprietari che si sono sempre opposti in sede giudiziale.

Oggi il problema è stato risolto e sono in fase di progettazione gli interventi per la valorizzazione del prestigioso immobile.

Si affaccia sulla baia di Giardini Naxos, è stato costruito a cavallo del XIII e XIV secolo: edificato nella forma attuale su uno sperone roccioso formato da una colata lavica di età preistorica, il nome Schisò deriva dalla parola araba Al Qusus che significa "seno" o "torace" e identifica le due formazioni vulcaniche sulle quali poggiano le fondamenta, formazioni visibili sul prospetto anteriore.

Fu ricostruito nel Sedicesimo secolo con una torre di avvistamento idonea a sorvegliare Capo Schisò, la baia compresa fino a Capotaormina a nord e il golfo di Riposto a sud, a difesa delle incursioni dei pirati guidati da corsaro turco Khayr al-Din Barbarossa.

Sul lungomare si affaccia la parte nobile e residenziale del complesso, all'interno del castello era installata l'attrezzatura per la raffinazione e distillazione dei prodotti della canna da zucchero, la produzione di questa coltura era un'attività lucrativa sorta intorno al XVI secolo estesa dagli spagnoli, praticata in epoca normanna e introdotta dagli arabi in Sicilia.

Rinnovato nel tardo Diciannovesimo secolo con l'aggiunta di balconi sulla facciata, delle primitive torri cilindriche d'avvistamento ne restano due e delimitano la corte interna della costruzione.

La regione Siciliana aveva già inserito il Castello di Schisò nel complesso del parco archeologico comprendente il Museo e l'area archeologica di Giardini Naxos.
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