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Un'opera di Basile Jr nel Giardino Inglese: è il (solitario) monumento ai caduti Medaglie d'oro

Sul marmo sono incisi i nomi degli otto ufficiali caduti in guerra. Il 9 maggio 1943 le bombe dei Liberator americani, scheggiarono la stele che ancora oggi ne conserva le ferite

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 3 maggio 2021

Il monumento dedicato ai caduti medaglie d'oro della Prima Guerra Mondiale nel Giardino Inglese di Palermo

Bisogna superare l'accesso centrale sulla via Libertà e volgere lo sguardo a destra in direzione del piccolo parco giochi del Giardino Inglese (oggi Parco Piersanti Mattarella) di Palermo che anticipa l'uscita su piazza Crispi ed eccolo lì, minimale e solitario, è il monumento dedicato ai caduti medaglie d'oro morti sul campo nella prima guerra mondiale, circoscritto da una siepe a pianta circolare.

Tipologicamente è una stele suddivisa in tre sezioni, in cui base e fusto a sezione ottagona, anticipano l'elemento di coronamento scultoreo fiammeggiante appoggiano su di un capitello a volute finemente decorato con motivi floreali.

Lo progetta realizzandolo nel 1930 Giovan Battista Filippo junior Basile, figlio di Ernesto, all'interno del Giardino Inglese progettato in pieno Romanticismo proprio dal nonno omonimo.

Il valore universale del culto della memoria affidato al racconto dell'architettura di pietra, una composizione classicista intrisa di “picchi floreali” nei momenti di congiunzione nodale tra fusto e coronamento, pietra bianca, marmo inciso con gli otto nomi degli ufficiali di cui il monumento onora simbolicamente il ricordo: D'Angelo Emilio, Madonia Vincenzo, Mancino Giuseppe, Cangialosi Giuseppe, De Maria Eugenio, Turba Euclide, Scianna Ciro, Giannettino Luigi.
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Come accadde per i tanti monumenti voluti e realizzati dal regime fascista nell’arco temporale tra le due guerre in tutto il territorio nazionale, anche la Sicilia partecipò alacremente al sorgere di una costellazione di piccoli monumenti, gruppi scultorei, targhe, steli commemorative funzionali alla costruzione del consenso attraverso la puntuale massimizzazione della presenza di opere strategicamente collocate nei maggiori luoghi pubblici.

La stele del Giardino Inglese risente delle ovvie contaminazioni formali che il giovane progettista contribuiva a creare nello studio paterno nella vicina Villa Ida tanto da poter esser tranquillamente esser scambiata a prima vista per autografa opera del padre.

Identica cifra monumentale e respiro classicista, analogo riferimento al repertorio di soluzioni formali consolidate, persino identica adozione dell'uso di chiodi metallici a supporto delle lastre di marmo con identico design.

Ancora poco indagata ma assolutamente rispondente alla normale prassi degli studi/botteghe di primo Novecento (grande ricchezza di formazione immateriale tramontata con lo scoppio dell'ultima guerra), la presenza dei figli G.B.F. jr e Roberto all'interno della tarda produzione dello studio Basile non è affatto collaterale ma in molti casi comprimaria sin dai tempi del cantiere di Montecitorio.

Tutti e tre, partecipano da ufficiali alla Grande Guerra, tornando a casa al termine del conflitto.

La prematura tragica scomparsa di Massimo alla fine degli anni Venti, il più giovane dei tre figli di Ernesto e Ida, lascia nelle mani dei due figli più grandi le sorti dello studio Basile che proseguirà nel solco degli insegnamenti paterni anche dopo la sua scomparsa.

Il maestro della Scuola di Palermo ne viene affiancato già nel progetto di restyling di Palazzo Gangi-Valguarnera, nel villino Gregorietti a Mondello, nell’emiciclo a conclusione del monumento ai caduti di piazza Brigata Verona, nei due Palazzi di edilizia popolare di via Cappuccini e Volta, infine nella Chiesa di Santa Rosalia soprastante lo stesso Giardino Inglese.

Una sorta di “chiusura del cerchio” ammanta la storia familiare e artistica di tre generazioni di progettisti palermitani che, sotto il nome dei "Basile", costruirono frammenti importanti della nostra grande bellezza per oltre un secolo, intrecciando la propria dimensione privata alle sorti della città sotto l'egida dell'armonia costruita.

Le loro architetture rappresentano ancora oggi e malgrado la scarsa attenzione delle istituzioni e dei mancati restauri, pagine importanti all'interno dei manuali di storia dell'arte italiana. Meriterebbero maggiore attenzione, meriterebbero quel piano Marshall di recupero e valorizzazione che la politica sembra proprio non riuscire a comprendere e approntare.

Il 9 maggio 1943 le bombe dei Liberator americani, scheggiarono la stele che ancora oggi ne conserva le ferite.

Esse sembrano di gran lunga la metafora che al meglio rappresenta il nostro straordinario patrimonio monumentale: ferito e spesso abbandonato, resiste malgrado tutto in attesa che quella diffusa sensibilità crescente tra i cittadini divenga pungolo strategico si valorizzazione e sviluppo sostenibile.
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