Una buona annata, l'oro verde siciliano rinasce: ma pesano dazi e rincari, il punto
Con un mercato in espansione sono stati diversi gli imprenditori che hanno cominciato a destinare le loro terre agli uliveti. Gli ultimi dati sull'eccellenza nell'isola. Che succede

Olio in Sicilia
La Sicilia è la terza regione italiana per la produzione di olio, dopo la Puglia e la Calabria, e per quanto sia afflitta dagli effetti del cambiamento climatico sta vivendo una sorta di rinascita della produzione agricola, almeno per quanto riguarda gli uliveti.
Con un mercato in espansione, dovuto alla crescita della richiesta di olio siciliano da parte di alcuni paesi esteri, sono stati diversi gli imprenditori che hanno cominciato a destinare le loro terre agli uliveti.
A Palermo si è svolta la 15ª edizione de L’isola del Tesolio, manifestazione che ogni anno cerca di definire lo stato di salute del mercato e della produzione dell’olio siciliano. L’appuntamento, promosso dal Consorzio Filiera Olivicola (Cofiol) - formato da 300 produttori, 70 frantoiani e un indotto di oltre 5.000 piccoli coltivatori - con il supporto dell’assessorato regionale alle Attività produttive, si è svolto davanti ad alcuni dei principali produttori di olio della nostra isola, a Mondello.
Diversi sono stati gli interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata. Nella mattina sono stati presenti Edy Tamajo, assessore regionale alle Attività produttive, Salvatore Barbagallo, assessore all’Agricoltura, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e Alessandro Albanese, presidente della Camera di Commercio Palermo-Enna, oltre che Salvatore Malandrino, regional manager di Unicredit, Dario Caltabellotta e Manfredi Barbera, imprenditore oleario.
Nel pomeriggio si è svolto invece il tavolo tecnico sul tema “Quale tecnologia per un prodotto sicuro, buono e sostenibile”, con la partecipazione dei professori Maurizio Servili dell’Università di Perugia, Tiziano Caruso dell’Università di Palermo e dell’amministratore delegato della Pieralisi, Aldino Zeppelli.
Significativo è stato poi l’intervento di Paolo Inglese, docente e direttore dell’Orto Botanico, che ha messo in guardia i politici siciliani e diverse aziende agricole dal trascurare gli uliveti storici della nostra regione, portando il paese ad esportare olio non italiano.
Durante il convegno gli esperti lì presenti hanno affermato che a differenza degli scorsi due anni, dove le quantità di olio prodotto erano scarse, per colpa soprattutto della siccità che aveva colpito vari settori della nostra isola, quest’anno la campagna oleicola sembra promettente, sebbene sussistano delle incognite che impensieriscono i produttori. Fra queste incognite quelle più preoccupanti provengono dai dazi introdotti dal presidente statunitense Donald Trump.
Secondo Manfredi Barbera – gestore di una delle più famose aziende olearie siciliane - i dazi americani rischiano di portare rincari del 30-35%, per via della combinazione co i tassi di cambio euro dollaro.
«Il Consorzio – continua Barbera - è lo strumento che dà voce ai frantoiani e agli olivicoltori siciliani. L’obiettivo principale è quello di creare un modello siciliano vincente di filiera olivicola garantendo da un lato la crescita della capacità produttiva dei singoli olivicoltori e dall’altro la massima qualità grazie alle nuove tecnologie applicabili.
Senza dimenticare l’importanza delle certificazioni, il Cofiol è stato tra i principali promotori dell’IGP Sicilia per l’extra vergine siciliano, perfetto ambasciatore del Made in Sicily nel mondo». Secondo i produttori di olio presenti alla manifestazione, attualmente la capacità produttiva della nostra regione ha raggiunto invece il 60-70%, anche grazie alle recenti piogge di inizio settembre, che hanno permesso agli ulivi di aumentare il volume delle proprie olive.
Il che equivale a dire che sebbene la prossima stagione non andrà incontro a una produzione record di olio, consentirà alle aziende di superare le difficoltà giunte con le precedenti campagne olearie, che si erano concluse con scarsi risultati.
Con un mercato in espansione, dovuto alla crescita della richiesta di olio siciliano da parte di alcuni paesi esteri, sono stati diversi gli imprenditori che hanno cominciato a destinare le loro terre agli uliveti.
A Palermo si è svolta la 15ª edizione de L’isola del Tesolio, manifestazione che ogni anno cerca di definire lo stato di salute del mercato e della produzione dell’olio siciliano. L’appuntamento, promosso dal Consorzio Filiera Olivicola (Cofiol) - formato da 300 produttori, 70 frantoiani e un indotto di oltre 5.000 piccoli coltivatori - con il supporto dell’assessorato regionale alle Attività produttive, si è svolto davanti ad alcuni dei principali produttori di olio della nostra isola, a Mondello.
Diversi sono stati gli interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata. Nella mattina sono stati presenti Edy Tamajo, assessore regionale alle Attività produttive, Salvatore Barbagallo, assessore all’Agricoltura, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e Alessandro Albanese, presidente della Camera di Commercio Palermo-Enna, oltre che Salvatore Malandrino, regional manager di Unicredit, Dario Caltabellotta e Manfredi Barbera, imprenditore oleario.
Nel pomeriggio si è svolto invece il tavolo tecnico sul tema “Quale tecnologia per un prodotto sicuro, buono e sostenibile”, con la partecipazione dei professori Maurizio Servili dell’Università di Perugia, Tiziano Caruso dell’Università di Palermo e dell’amministratore delegato della Pieralisi, Aldino Zeppelli.
Significativo è stato poi l’intervento di Paolo Inglese, docente e direttore dell’Orto Botanico, che ha messo in guardia i politici siciliani e diverse aziende agricole dal trascurare gli uliveti storici della nostra regione, portando il paese ad esportare olio non italiano.
Durante il convegno gli esperti lì presenti hanno affermato che a differenza degli scorsi due anni, dove le quantità di olio prodotto erano scarse, per colpa soprattutto della siccità che aveva colpito vari settori della nostra isola, quest’anno la campagna oleicola sembra promettente, sebbene sussistano delle incognite che impensieriscono i produttori. Fra queste incognite quelle più preoccupanti provengono dai dazi introdotti dal presidente statunitense Donald Trump.
Secondo Manfredi Barbera – gestore di una delle più famose aziende olearie siciliane - i dazi americani rischiano di portare rincari del 30-35%, per via della combinazione co i tassi di cambio euro dollaro.
«Il Consorzio – continua Barbera - è lo strumento che dà voce ai frantoiani e agli olivicoltori siciliani. L’obiettivo principale è quello di creare un modello siciliano vincente di filiera olivicola garantendo da un lato la crescita della capacità produttiva dei singoli olivicoltori e dall’altro la massima qualità grazie alle nuove tecnologie applicabili.
Senza dimenticare l’importanza delle certificazioni, il Cofiol è stato tra i principali promotori dell’IGP Sicilia per l’extra vergine siciliano, perfetto ambasciatore del Made in Sicily nel mondo». Secondo i produttori di olio presenti alla manifestazione, attualmente la capacità produttiva della nostra regione ha raggiunto invece il 60-70%, anche grazie alle recenti piogge di inizio settembre, che hanno permesso agli ulivi di aumentare il volume delle proprie olive.
Il che equivale a dire che sebbene la prossima stagione non andrà incontro a una produzione record di olio, consentirà alle aziende di superare le difficoltà giunte con le precedenti campagne olearie, che si erano concluse con scarsi risultati.
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