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Uno scrigno settecentesco rinasce nel segno del contemporaneo: Museo Palazzo Biscari

Due mostre di opere della collezione Sandretto Re Rebaudengo invadono i saloni di palazzo Biscari a Catania: abbiamo visto per voi "WeltenLinie" e "La Stanza analoga"

  • 30 luglio 2019

Riapre per il secondo anno consecutivo, con un nuovo progetto espositivo d’arte contemporanea, il principesco Palazzo Biscari di Catania. Il progetto, a cura di Ludovico Pratesi e Pietro Scammacca viene suddiviso su due aree del Palazzo, una nel Salone delle Feste e l’altra negli appartamenti dell’Ala di Levante (aperti al pubblico per la prima volta), dove al loro interno saranno ospitate una selezione di opere provenienti dalla collezione Sandretto Re Rebaudengo.

Questa iniziativa, in linea con l’attività svolta lo scorso anno all’interno del Palazzo, conferma la volontà di valorizzare e promuovere l’arte contemporanea e di trasformare questo settecentesco scrigno in un polo attrattivo per l’intera isola. Dalle sinergie di privati è stato possibile poggiare le basi di una nuova e si spera duratura collaborazione.

Dall’amore di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo per la città di Catania e per Palazzo Biscari, la forza e la risposta da parte di numerosi privati: dalla stessa Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, all’Associazione UNFOLD, dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele alla collaborazione di aziende e partenr importanti del territorio come: Poema S.p.A., Fondazione Sicilia, azienda Dusty, della Big Broker Insurance Group, azienda di vini e spumanti Murgo, della Fondazione OELLE e della Fondazione Radice Pura, nel creare un progetto valido e di grande respiro internazionale.
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Il progetto espositivo, come già accennato, si sviluppa con due momenti: il primo nel Salone delle Feste, che vede come unico protagonista una grande installazione ambientale dell’artista Alicja Kwade, opera particolarmente evocativa e dal forte impatto scenografico, dal titolo "WeltenLinie" (2017), letteralmente dal tedesco “linea del mondo”.

È subito evidente come l’opera della Kwade riesca a far rivivere, con rinnovato spirito, la naturale inclinazione del Palazzo alla scienza. Quello che l’artista compie è allo stesso tempo in linea con la ricerca scientifica che in passato conduceva lo stesso Principe Ignazio Paternò Castello, appassionato studioso dei fenomeni fisici e persino fautore di numerosi oggetti di indagine scientifica.

È evidente come la Kwade miri a slegarsi da una visione empirica della realtà producendone di molteplici ed illusorie, ma al contempo conducendo la percezione del visitatore dinanzi all’opera a un’ambientazione surreale e metafisica. Inoltrandosi all’interno di questo labirinto, i sensi dello spettatore vengono espansi e alterati.

Le cornici in acciaio e i pannelli specchianti interagiscono sia con gli oggetti trovati in natura e riprodotti artificialmente sia con gli oggetti e le decorazioni dello stesso Salone, creando molteplici realtà e dimensioni creando un senso di spaesamento nell’osservatore e allo stesso tempo un senso di sublimità all’infinita bellezza.

Il secondo momento espositivo, innalza la ricerca condotta dai due curatori sublimandola ad un livello di percezione vicina alla sfera immaginifica. Dal titolo "La Stanza analoga", questa seconda operazione si articola come una mostra-esperimento, dove i lavori di venti artisti europei e americani, che vanno dagli anni Ottanta ai giorni nostri - sempre provenienti dalla collezione della Fondazione Sandretto – sono stati scelti per raccontare un altrove invisibile, proponendo delle opere che hanno fatto del linguaggio postmoderno una strategia personale.

L’ispirazione nasce da un ricordo d’infanzia di uno dei curatori, il giovane Pietre Scammacca, il quale ricorda il tempo passato nella stanza del Don Chisciotte, chiamata così per dei dipinti sulle pareti che raccontavano alcune scene del noto romanzo di Miguel de Cervantes.

La stanza dei ricordi familiari, interdetta al pubblico, crea un corto circuito espositivo, in quanto i visitatori sono invitati a immaginare un altrove non visibile e inviolabile, creando un tempo alternativo che non sia più lineare e alienandone la fruizione, realizzando così uno spazio astratto e ideale tra la presenza e l’assenza, tra la finzione e la realtà.

Gli artisti selezionati per l’occasione, provenienti da diverse generazioni, hanno messo in atto con le proprie ricerche una critica della rappresentazione attraverso linguaggi e medium diversi, percorrendo le espressioni indagate dal Postmoderno, come: la critica dell’autorevolezza e il concetto di autenticità.

Le opere in mostra esplorano diverse strutture di significato, mettendo in dubbio la legittimità del sapere e della verità. Proprio come Don Chisciotte, gli artisti come: Ludovica Carbotta, James Casebere, Roberto Cuoghi, Flavio Favelli, Katharina Fritsch, Anna Gaskell, Dominique Gonzalez-Foerster, Douglas Gordon, Pierre Huyghe, Louise Lawler, Renato Leotta, Sherrie Levine, Katya Novitskova, Tony Oursler, Philippe Parreno, Nicolas Party, Paul Pfeiffer, Laure Prouvost, Magali Reus, David Shrigley, si muovono lungo la linea sottile che separa la realtà dalla finzione.

Quello che è possibile visitare all’interno di Palazzo Biscari, non è il progetto di contaminazione ed esposizione di una collezione di arte contemporanea, ma il progetto più ampio di far rivivere il Palazzo come Museo, in quanto nella sua storia ha ospitato a partire dal Diciottesimo Secolo il museo di reperti archeologici, strumenti fisici e rarità naturali appartenenti alla collezione di Ignazio Paternò Castello, V principe di Biscari, che fino allo scorso secolo occupavano gli ambienti del Palazzo Museo Biscari.
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