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Vorrebbe dare conforto ma fa "scantare": il fantasma di "santu Baddàru" e le sue scarpe

Era il rettore della Chiesa di sant'Orsola di Termini Imerese e dopo la sua morte, sembra che durante la notte, si incammini tra le strette vie per dare conforto agli afflitti

Roberto Tedesco
Architetto, giornalista e altro
  • 19 ottobre 2021

Santu Baddaru mummificato all'interno della chiesa di Sant'Orsola

Nel centro storico di Termini Imerese a pochi passi tra l’antica Cattedrale di San Giacomo e la straordinaria chiesa dell’Annunziata, facilmente riconoscibile dalla sua caratteristica cupola in maiolica azzurra, è situata la chiesa di Sant’Orsola. Si tratta di un edificio religioso, già esistente nel XV secolo, che venne realizzato inglobando una torre civica di epoca romana, anche se, per alcuni studiosi, non è da escludere che fosse di epoca successiva, forse medievale.

Questa chiesa, dal 1569, fu la sede dell’“Orazione della morte” detta anche “Compagnia dei Neri”. L’attività principale, dell’organizzazione religiosa, era la raccolta delle elemosine da destinare alle messe in suffragio dei confrati defunti, nonché per sostenere le spese del loro funerale.

Tra le personalità di spicco della Compagnia vi è sicuramente Vincenzo Gaetano Impallaria, rettore della chiesa di Sant’Orsola, che visse tra il XVII e XVIII secolo. Secondo la tradizione egli morì in “odor di santità” l’8 febbraio del 1699 e venne sepolto proprio nelle catacombe della Chiesa di Sant’Orsola. La memoria del suo straordinario apostolato si è tramandato sino ad oggi, in particolare tra il popolo termitano, che nell’invocarlo lo chiama comunemente: “santu Baddàru”.
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Su di lui c’è una leggenda, molto conosciuta in città, dopo la morte, sembra che durante la notte, egli si incammini tra le strette vie del centro storico per dare conforto agli afflitti. A causa di questa intensa attività caritatevole, egli consuma le suole delle scarpe. Per tale ragione i devoti donano, al fine che egli continui in questa opera pia ogni 8 febbraio il giorno della sua dipartita, un paio di scarpe nuove da sostituire a quelle consumate, che vengono depositate presso il suo loculo dove a tutt’oggi è custodito il suo corpo.

Si racconta che un tale, a causa della sua indigenza, sottrasse un paio di scarpe destinate a “santu Baddàru”, quest’ultimo venuto in sogno al ladro, lo rimproverò bonariamente convincendolo di rimettere al posto la refurtiva. Durante il sogno “santu Baddàru” gli suggerì di rivolgersi al canonico della chiesa di Sant’Orsola il quale avrebbe provveduto a regalargliene un paio nuove.

Abbiamo approfondito l’argomento chiedendo al professore Salvatore Mantia, autore di una pubblicazione sulla chiesa di Sant’Orsola, chi fosse realmente “santu Baddàru”.

Baddàru è la forma dialettale del cognome ligure Impallària; padre Vincenzo Gaetano è per tutti “santu Baddàru”: la maggior parte dei termitani ignora, infatti, quale fossero il suo nome e il vero cognome.

Sappiamo che nacque nel 1654, fu il rettore della chiesa di sant’Orsola; per tradizione è considerato un sacerdote, dotato del carisma della carità, dedito con zelo alla cura pastorale dei fedeli. Rivestì importanti incarichi, essendo stato commissario del Santo Uffizio, protonotaro apostolico e governatore della Cappella del Sacramento nella maggior chiesa di Termini Imerese.

Nel popolare quartiere delle Rocchecelle la tradizionale deposizione delle scarpe a “santu Baddaru” ha influito parecchio.
«La cerimonia di deposizione delle scarpe, un tempo era molto sentita dalla popolazione - dice Salvatore Mantia -. Col passar del tempo la tradizione si era persa e le nuove generazioni ne ignoravano l’esistenza. A santu Baddàru fu quindi intitolato un premio, istituito dall’associazione Lions Club Termini Imerese Host.

Tale riconoscimento viene dato annualmente a uomini o donne che si distinguono per opere volontariato o iniziative a favore dei poveri e degli ultimi. Durante la cerimonia di premiazione, alla quale assistono molti fedeli, provenienti da tutta la città nonché gli abitanti del quartiere viene simbolicamente deposto un paio di scarpe nuove ai piedi di “santu Baddàru”.

I più anziani, in città, ricordano che durante la loro fanciullezza erano soliti giocare coprendosi il capo con una stoffa nera e, dopo essersi nascosti, improvvisamente apparire ai coetanei, spaventandoli, gridando “Sugnu santu Baddàru”. Qualcuno afferma di avere visto in tempi moderni il fantasma di santu Baddàru aggirarsi per le vie del quartiere Rocchecelle. Ovviamente ognuno nel proprio immaginario è libero di fantasticare come vuole.»

Così come per “santu Baddàru”, qualcuno giura, anche, di aver visto di notte uscire in processione dalle catacombe della chiesa, i confrati della Compagnia dei Neri. Anche in questo caso l’immaginario porta i fedeli a vedere quello che si vuol vedere. Addirittura gli stessi confrati sarebbero usciti dalle loro tombe ed aggirarsi processionalmente per le vie della cittadina bassa.

Questo fatto ci fa presumere che questa istituzione religiosa era ed è fortemente ancora radicata nel tessuto sociale della città. Storicamente la Compagnia dei Neri o dell’Orazione della Morte fondata nel 1569, quasi contemporaneamente alla stessa esistente a Palermo che aveva la sua sede nella chiesa dei SS.mi Quaranta martiri al Casalotto.

Di particolare pregio sono le opere custodite all’interno della Chiesa di Sant’Orsola. Gli studiosi Antonio Contino e Salvatore Mantia, in passato hanno cercato di analizzare le opere d’arte conservate nell’edificio religioso. Alcune sono di autore ignoto; di altre si conosce la paternità. Un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario è opera del pittore palermitano Tommaso Pollàci: è del 1782; dello stesso periodo sono un quadro raffigurante dell’Immacolata, ed una Santa Cecilia, opere del pittore palermitano Rosario Vesco.

lessio Geraci, allievo del noto Vito D’Anna, dipinse nella parete di fondo del presbiterio le allegorie della Religione e della Carità. Dello stesso Geraci è l’affresco della Madonna della Lettera. Ma il quadro più importante è il San Benedetto che resuscita un confratello, opera attribuita a Mattia Preti.

Oggi la volta della chiesa non è visibile poiché coperta da una struttura lignea: essa raffigura la Gloria della Croce, ed è una copia dell’omonimo soggetto presente a Palermo nella chiesa di San Matteo al Cassaro, opera di Vito D’Anna. Di particolare interesse artistico e storico è una statua raffigurante San Tarcisio protomartire sita sotto l’altare maggiore. E’ opera del maestro cartapestaio Raffaele caretta da Lecce.

Per un maggiore approfondimento sull’argomento vi suggeriamo la lettura del libro “La Chiesa di Sant’Orsola e le Rocchecelle in Termini Imerese” di Antonio Contino e Salvatore Mantia edito da GSM nel 2001.
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