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“La terza nascita" va in scena al Montevergini

In scena al Nuovo Montevergini una pièce su Diritti Umani negati e sulla mancanza di Democrazia in molti Paesi del Mondo: "La terza nascita"

Balarm
La redazione
  • 5 ottobre 2009

La storia di un uomo, le difficoltà di un viaggio durissimo verso la libertà, sono il soggetto dell’opera prima di Nasser Ayazpour. L’autore, regista e protagonista de “La terza nascita", rifugiato politico in Italia dal 2000, sceglie di raccontare la propria storia attraverso le figure di dodici donne. Il racconto di una vicenda personale ed umana, sviluppata sul filo della memoria storica e politica di una Nazione, coincide con quella sentimentale di un giovane commerciante e della sua famiglia. Circa trent’anni dopo l’accadimento di fatti precisi, in un Paese, che ancora oggi prova a riprendere in mano il proprio destino e la propria identità dalla caduta dello Scià Mohammad Reza Pahlavi, e nel quale sono costantemente mancate Libertà e Democrazia. La pièce, scritta e diretta, da Nasser Ayazpour, ha contato sulla supervisione di Giuseppe Scuderi, che ha curato l’adattamento del testo. La prima dello spettacolo in scena lunedì 5 ottobre ed in replica martedì 6, alle 21.30 al Nuovo Teatro Montevergini di Palermo (piazza Montevergini 8). I biglietti sono disponibili presso il botteghino del teatro, a partire dalle 19, al costo di 7 euro e fino ad esaurimento posti.
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Sulla scena 17 attori, tutti non professionisti, si muovono dando forma nelle parole della voce narrante e nei movimenti accompagnati dalle note di un violino, alla disperazione di non potere vivere ed essere secondo ciò che si è scelto di fare nella propria vita. Una denuncia personale e corale allo stesso tempo, di condizioni al limite della dignità, calpestata ogni giorno con ogni mezzo e sotto ogni forma dal mancato rispetto di Diritti Umani e Pari Opportunità. «La scelta di volere narrare la mia storia attraverso dodici monologhi al femminile - spiega l’autore, fuggito da Teheran - oltre ad essere una denuncia generale sul totalitarismo di certi governi, è soprattutto un’attestazione di stima per le donne in generale e soprattutto per quelle che hanno contato nella mia vita. Su tutte mia madre. Ma vuole anche sotttolineare quanto più difficile sia per una donna, vivere, in luoghi dove l’assenza di Democrazia e Pari Opportunità, oltre alla violazione dei Diritti Umani, siano prima di tutto una continua discriminante sessuale». La fuga, scelta dolorosa e definitiva, diventa una riflessione amara e lucida sull’Immigrazione, diretta conseguenza della ricerca di Libertà e Democrazia, come unica possibile speranza di futuro.
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