L'utopia di poter sfuggire agli "Spettri" del passato: al Biondo va in scena il capolavoro di Ibsen
Micaela Esdra e Massimo Venturiello in "Spettri"
«Pretendere di vivere e di giungere a una piena formazione umana è una megalomania»: così scriveva Henrik Ibsen durante la stesura di "Spettri", in scena nella Sala Grande del Teatro Biondo di Palermo dal 22 febbraio al 3 marzo.
Lo spettacolo, che si inquadra all'interno della stagione "[De]generazioni" (leggi l'articolo di approfondimento) ed è prodotto dal Teatro Libero, si basa sulla traduzione dell'opera di Franco Perrelli ed è diretto da Walter Pagliaro. In scena gli attori Micaela Esdra e Massimo Venturiello con Roberta Azzarone, Matteo Baronchelli e Riccardo Zini. Assistente alla regia è Antonio Silvia mentre le scene sono di Michele Ciacciofera, i costumi di Annalisa Di Pier, le musiche di Germano Mazzocchetti e le luci di Nino Annaloro.
C’è un’intuizione in Ibsen che anticipa sorprendentemente il pensiero del Novecento: l’idea che ci sia una simbiosi autolesionista fra potere e schiavitù. Tutti i grandi personaggi ibseniani sono, al tempo stesso, despoti e schiavi, carnefici e vittime.
In questo nuovo allestimento di "Spettri" il passato trova forma in quella serra che circonda la casa degli Alving: la natura si insinua progressivamente nel salotto borghese dove si svolge uno scontro mortale fra madre e figlio.
Col suo strutturale rigore, i suoi morti più potenti dei vivi, con le sue fatali e quasi geometriche simmetrie e corrispondenze, lo humour nero e gli incendi simbolici, "Spettri" fa sì che il racconto dello sfaldarsi di una casa perturbata ci proietti sul versante pre-espressionistico del “dramma da camera” sviluppato da Strindberg nei primi anni del Novecento.
Lo spettacolo, che si inquadra all'interno della stagione "[De]generazioni" (leggi l'articolo di approfondimento) ed è prodotto dal Teatro Libero, si basa sulla traduzione dell'opera di Franco Perrelli ed è diretto da Walter Pagliaro. In scena gli attori Micaela Esdra e Massimo Venturiello con Roberta Azzarone, Matteo Baronchelli e Riccardo Zini. Assistente alla regia è Antonio Silvia mentre le scene sono di Michele Ciacciofera, i costumi di Annalisa Di Pier, le musiche di Germano Mazzocchetti e le luci di Nino Annaloro.
C’è un’intuizione in Ibsen che anticipa sorprendentemente il pensiero del Novecento: l’idea che ci sia una simbiosi autolesionista fra potere e schiavitù. Tutti i grandi personaggi ibseniani sono, al tempo stesso, despoti e schiavi, carnefici e vittime.
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A questa condanna non si sottrae la protagonista: Helene Alving è una donna coraggiosa, intelligente, anche emancipata, tuttavia non riesce a liberarsi dai fantasmi di una società oppressiva che si è illusa di poter controllare. L’utopia di decidere e organizzare, per il figlio Osvald, un’esistenza libera e felice, avulsa dalle ombre e dai compromessi familiari, si rivela per la signora Alving una catastrofe, una megalomania distruttiva. Il passato riemerge e la stringe nelle sue spire, la vita rimossa stritola ogni possibilità di vita vera.In questo nuovo allestimento di "Spettri" il passato trova forma in quella serra che circonda la casa degli Alving: la natura si insinua progressivamente nel salotto borghese dove si svolge uno scontro mortale fra madre e figlio.
Col suo strutturale rigore, i suoi morti più potenti dei vivi, con le sue fatali e quasi geometriche simmetrie e corrispondenze, lo humour nero e gli incendi simbolici, "Spettri" fa sì che il racconto dello sfaldarsi di una casa perturbata ci proietti sul versante pre-espressionistico del “dramma da camera” sviluppato da Strindberg nei primi anni del Novecento.
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