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La violenza del Sacco di Palermo è in mostra: tra foto e documenti "La città ferita" fa ancora male

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte

L'articolo dedicato a villa Deliella del critico Bruno Zevi

Il 23 marzo ha inaugurato nella sala delle Missioni della Biblioteca centrale della Regione siciliana la mostra "La città ferita. Le ville Liberty e il Sacco di Palermo" (visitabile fino al 12 aprile) è una sorta di viaggio immaginario tra le ville Liberty nell'asse viario Notarbartolo - Libertà, che durante il Sacco furono demolite.

L'hanno pensata e realizzata i fantastici ragazzi del liceo classico Vittorio Emanuele II insieme ai loro docenti nel progetto di Alternanza scuola-lavoro, coadiuvati dall'ottimo staff della Biblioteca dedicata al grande soprintendente Alberto Bombace.

Ho avuto il piacere di intravederla nei giorni scorsi e posso dire di non conoscere nessuno degli studenti ma di esser profondamente orgoglioso di ognuno di loro e del loro lavoro, attento, mirato, evidentemente curioso di ciò che quella stagione di barbarie gratuita ha divorato cancellando quella parte di nostra identità artistica di respiro europeo bella come la bellezza.
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Spiccano le interessanti immagini fotografiche legate alla tragedia relativa a villa Lanza-Deliella, uno scorcio  sul perduto palazzo dei principi di Paternò bombardato nel 1943 e decine di immagini relative alle tantissime, troppe architetture Eclettiche, Floreali, Neogotiche distrutte dal connubio politica-borghesia-malaffare che nel mettere le mani sulla città, mise le mani sul nostro futuro.

Per demolire i Budda di Bamyan ai talebani servirono i cannoni, ai barbari di "casa nostra" bastò la loro profonda ignoranza subordinata agli infami appetiti di miopi connivenze e imbarazzanti, troppi silenzi.

All'alba della demolizione della villa basiliana a piazza Crispi, Bruno Zevi tuonando senza alcuna paura contro don vito ciancimino  (e lo scrivo volutamente  minuscolamente) parlò di assalto a villa Deliella e questa potenza dirompente traghettata da 60 anni di oblio apparente, questi ragazzi fantastici l'hanno sentita e metabolizzata costruendo un percorso espositivo sintetico e ragionato che merita la nostra visita e che ci ricorda che ricordare ci serve per saper stare meglio al mondo, preparati e consapevoli a evitare che nuovi barbari possano tornare a creare nuove macerie travolgendo la nostra bellezza residua.

Basile continua a mietere straordinarie adesioni culturali e questo spiraglio di consapevolezza strutturata all'interno dell'istituzione scolastica, nell'anno della istituzione di Ernesto Basile Icona Urbana della città di Palermo, dona nuova speranza (leggi "Palermo come Barcellona e Basile come Gaudì").

La mostra merita il premio di una affluenza incessante e l'impegno delle istituzioni a proseguire sulla strada tracciata da questi Indiana Jones millennials costruttori di ponti culturali nel presente tra un recente passato travagliato e ferito ed un futuro da incidere ancora su pagine bianche.

Il percorso ha diverse fonti: da quelle topografiche a quelle fotografiche, che testimoniano la bellezza di un passato che non c’è più  e fondamentale è stata la consultazione dell’archivio del giornale L’Ora (custodito dalla Biblioteca centrale), da cui sono stati estratti articoli e foto coevi al periodo trattato, e il contributo della fototeca del CRICD (Centro Regionale per l'Inventario, la Catalogazione e la Documentazione grafica, fotografica, aerofotogrammetrica, audiovisiva).

Arricchiscono l'itinerario quattro video interviste al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, allo storico dell'arte Sergio Troisi, al giornalista Franco Nicastro e a Massimo Piazza, uno degli eredi di villa Pottino (sopravvissuta alla demolizione, leggi).  
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