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All'Albergheria si costruiva "la mosica!": quel Ponticello, crocevia di artigiani e bottegai

Nel periodo compreso tra il '500 ed il '600 le botteghe dei "violari", "ligutari" o "citarrari" palermitani erano numerose e fabbricavano liuti, viole, chitarre, violini e mandolini

  • 28 febbraio 2021

Il dipinto "Gruppo di musicisti" (Group of musicians) di Jan van Bijlert or Bylert

Ma lo sapevate che a Palermo, la via del Ponticello all'Albergheria, nei tempi passati era una crocevia di artigiani e pullulava di botteghe ricche di manufatti quali mobili, porte e strumenti musicali?

In effetti la Via del Ponticello la immagino, quasi sognando, come una piccola porzione di Venezia, dove il ponte che attraversava il Kemonia doveva fungere quasi da palcoscenico per ispirazioni artistiche e, perché no, anche da stimolo per incontri amorosi (magari qualche serenata, non di tipo neomelodico almeno credo e spero!).

Dell’aspetto dello sviluppo artigianale delle botteghe di liutai e/o costruttori di strumenti musicali ce ne parla il professore Giovanni Paolo Di Stefano in un suo articolo pubblicato sul "PER Salvare Palermo" n. 26 nell’anno 2010 (pagina 4-5).

Premettendo che faccio riferimento all’articolo sopra detto, vorrei inserire, delle mie considerazioni legate soprattutto alla presenza della famiglia La Valle e della Chiesa di Santa Maria Maggiore (credo di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari), fondata per l’appunto dalla famiglia La Valle, giacente abbandonata di fronte la Chiesa di San Nicolò all’Albergheria (con accanto lavori di restauro, anzi, di ricostruzione).
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Ma ritorniamo alle botteghe, è interessante l’aspetto che l’autore fa notar nell’articolo sulla presenza, sin dal ‘400, nel territorio preso in considerazione, di una commistione interessante che intreccia due religioni attigue ma diverse, il Cristianesimo e l’Ebraismo.

La zona del Ponticello ricade, infatti, nel quartiere ebraico della città (prima di arrivare alla Via dei Calderai e della porta del "Ferro") e le realtà artigianali che gravitavano in zona hanno come fulcro principale la “Maestranza dei Falegnami” collegata, ovviamente, alla Confraternita di San Giuseppe e che aveva sede nella antica Chiesa di Sant’Elia di Porta Giudaica.

Tutti noi sappiamo della cessione della Chiesa di Sant’Elia da parte della Maestranza dei falegnami all’Ordine dei Teatini per permettere la costruzione della magnifica Chiesa barocca che, giustamente, fu dedicata a San Giuseppe, come conosciamo anche la successiva costruzione del primo Oratorio dei Falegnami (giacente sul portico di entrata dell’Università) e della realizzazione dell’attuale Oratorio.

E quest'area - cioè dalle spalle della Chiesa dei Teatini sino a Casa Professa - bisogna immaginarla piena di botteghe di maestri artigiani (in prevalenze falegnami) che si riunivano nel consolato principale della Maestranza che a sua volta conteneva altri piccoli consolati, ognuno con un proprio console, confraternita, congregazione e/o compagnia, la quale regolava la vita degli associati e decideva sia sull’aspetto tecnico (nomine dei maestri, garzoni, controllo dei prodotti, ecc.) che sull’aspetto finanziario (prezzi di mercato, ecc.).

Le specializzazioni all’interno della maestranza principale, come specifica l'autore, erano: "caseggiatori di noce e intaglio" (mobilieri, intagliatori, ma anche organari), i "maestri d'opera bianca" (produttori di semilavorati), i "carrozzieri", i "maestri di mare" (costruttori di imbarcazioni) e i "tornari, violari e formari" un unico consolato che comprendeva tutti gli artigiani, inclusi i liutai, che lavoravano al tornio".

Nel periodo compreso tra il '500 ed il '600 le botteghe dei "violari", "ligutari" o "citarrari" palermitani erano numerose e fabbricavano soprattutto liuti, viole da gamba, chitarre e successivamente violini e mandolini; tale produzione continuò sino agli inizi del ‘900 con la presenza dei liutai Camillo e Domenico Di Leo, Antonio Sgarbi, Alfonso, Enrico e Alfredo Averna.

Sempre nella zona del Ponticello vi erano anche i costruttori di organi e clavicembali tra cui i celebri La Valle di cui ho accennato prima; i La Valle erano una delle famiglie di organari più importanti tra il ‘500 ed il ‘600 molto legata all’ordine dei Carmelitani (La Chiesa del Carmine in primis).

Il maggiore dei fratelli, Raffaele, oltre ad essere un valente costruttore di organi doveva anche essere un musicista di grandi qualità, visto il contratto annuale che stipulò con la Chiesa di Santa Maria degli Angeli di Caccamo (1576) con l’impegno a suonare l’organo realizzato nelle principali feste della chiesa (archivio di Stato di Palermo, Notai, I, vol. 10628); Raffaele La Valle, per inciso, fu invitato da Papa Paolo V per costruire un organo (ma vista l'avanzata età e la salute precaria dell'artigiano non si poté realizzare l’affare).

La ricchezza dei La Valle si manifesta quando lo stesso Raffaele, nel 1621, fece costruire a proprie spese (cosa che potevano permettersi solamente i nobili) l'Oratorio di Santa Maria Maggiore all'Albergheria dove, ovviamente, trovò sepoltura l'8 aprile 1621, come aveva espressamente richiesto nel proprio testamento redatto il 25 marzo 1621 (e ci mancassi!).

Dalla metà del ‘700, invece, gli organari si trasformarono in costruttori di pianoforte, attività che ebbe un enorme fortuna economica soprattutto nell’800 grazie a delle leggi protezionistiche tese, come scrive l’autore, “ad incentivare le attività produttive del Regno delle Due Sicilie ed ostacolare, per mezzo di ingenti dazi, l’importazione di prodotti stranieri, inclusi gli strumenti musicali” e tra gli artigiani palermitani di quell’epoca vi furono Salvatore Bruilotta, Salvatore La Grassa, Antonino Ragonese e Francesco Stancampiano, (con varie botteghe tra il Ponticello e in via Rua Formaggi).

Concludendo, amaramente rimane un ricordo sbiadito di un quartiere interessante che diede un forte impulso artistico sia sotto il profilo musicale che artigiano, quindi, miei cari lettori, passando da Via del Ponticello ricordatevi che qui si “costruiva” materialmente la mosica (alla Totò).
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